BENVENUTI, CHIUNQUE VOI SIATE

Se siete fautori del "politcally correct", se siete convinti che il mondo è davvero quello che vi hanno raccontato, se pensate di avere tutta la verità in tasca, se siete soliti riempirvi la bocca di concetti e categorie "democraticizzanti", sappiate che questo non è luogo adatto a Voi.

Se, invece, siete giunti alla conclusione che questo mondo infame vi prende in giro giorno dopo giorno, se avete finalmente capito che vi hanno riempito la testa di menzogne sin dalla più tenera età, se avete realizzato che il mondo, così come è, è destinato ad un lungo e triste declino, se siete convinti che è giunta l'ora di girare radicalmente pagina , allora siete nel posto giusto.
Troverete documenti,scritti, filmati, foto e quant'altro possa sostenervi in questa santa lotta contro tutti e tutto. Avrete anche la possibilità di scrivere i Vostri commenti, le Vostre impressioni, le Vostre Paure e le Vostre speranze.

Svegliamoci dal torpore perché possa venire una nuova alba, una nuova era!


sabato 30 aprile 2011

CAMBIAMO IL CALENDARIO: VIA 25 APRILE E 1 MAGGIO!



Un Paese serio, specie se vuole essere considerato anche Nazione, dovrebbe riconoscersi subito, di primo acchito; a mio avviso, già guardando semplicemente il calendario.  Già, perché basta sfogliarlo per avere un’idea di come è strutturato uno Stato, dei valori in cui si riconosce, delle date che commemora e così via.
Così mi sono chiesto:  se un cittadino di Anadyr ,(estremo oriente russo), o di Mbuji-Mayi, (Repubblica Democratica del Congo), o di Sinop, (situata nel mezzo dell’America latina), così lontano da noi, guardasse al nostro calendario e si informasse sulle nostre ricorrenze, cosa penserebbe?

Sicuramente che siamo un Paese profondamente cattolico, dato che troverebbe evidenziate in rosso tutte le domeniche, nonché i giorni in cui cadono il Natale e la Pasqua.  
Poi magari capirà che, sebbene sembriamo dimenticarlo, noi italiani conserviamo qualche retaggio della storia romana, testimoniato dalla giornata del 15 agosto, la giornata di Ferragosto, vale a dire le “feriae Augusti”. Questa festività fu istituita dall’imperatore Ottaviano Augusto nel 18 a.C. , sia per ragioni politiche, sia per concedere ai sudditi un periodo di meritato riposo dopo le fatiche dei giorni precedenti, (in cui si era impegnati prevalentemente in attività agricole).

Fin qui nulla quaestio.
Temo, però, che le sue certezze finirebbero qui . In particolare, credo che gli risulterebbe assai arduo comprendere la ragion d’essere di due date: 25 aprile e 1 maggio, così ravvicinate, (con un danno anche per l’erario).  Del resto, faccio quasi fatica io a capirle, se non fosse che conosco a menadito le sottese ragioni brutalmente politiche; figuriamoci lui!

Del 25 aprile ho già ampiamente scritto; rimando pertanto agli articoli sottostanti. Vale la pena ripetere soltanto che è palese come in questa giornata si celebri una tremenda sconfitta, la schiavitù dell’ideologia, la sottoposizione alla giurisdizione straniera e l’eterna discordia tra gli italiani. Altro che “liberazione”!

Diverso, (ma non del tutto), il discorso per il 1 maggio. Nata come festa internazionale per la celebrazione delle conquiste dei lavoratori, in Italia è divenuta il piccolo feudo dei sindacati, CIGL e CISL in particolare, con qualche sporadica comparsa di UIL .I sindacati italiani: la quinta colonna dei poteri forti di questo Stato dimenticato da Dio, formalmente dalle parte del raggirato lavoratore, ma di fatto al soldo del “padrone”, salvo qualche lotta meramente politica, (vedi Fiom-Fiat). Un’altra sceneggiata, che offre il meglio di sé, (si fa per dire!), a piazza San Giovanni, dove viene annualmente organizzato il “Concerto del Primo Maggio”, con un tripudio di bandiere rosse e maglie di Che Guevara, che accolgono, (va detto), ospiti stranieri anche illustri. Quest’anno poi si è toccato il fondo con la polemica, tutta da ridere, innescata dai sindacati, contro quei sindaci che,  anche per andare incontro alla situazione di contingenza economica, vogliono dare la POSSIBILITA’,( non imporre l’obbligo, si noti bene!), di tenere aperti gli esercizi commerciali. Semplicemente ridicoli!

Di fronte a tutto ciò, credo che anche il nostro  forestiero amico si interrogherebbe, come del resto faccio io: possibile che un grande Paese come l’Italia non abbia nulla di meglio da ricordare?
Possibile che anche le ricorrenze nazionali debbano indietreggiare davanti alla ragion politica?
E’ tollerabile che esistano feste nazionali monopolizzate da “qualcuno” e che, di conseguenza, anziché unire, dividono?

La risposta, signori miei, è NO. Potete fare tutti i giri di parole che volete, ma la realtà resta sempre quella: in Italia si travestono giornate di qualcuno,(per non dire di partito), per spacciarle come giornate di tutti. Ebbene sì, l’autocelebrazione di una parte politica precisa è diventata un affare di Stato. Dio solo sa come si faccia ad avere un olfatto così resistente al puzzo dell’ipocrisia, della mendacità e della muffa ideologica. Io non riesco a capacitarmene!

Ecco, dunque, che dico: smettiamola con queste buffonate; cresciamo e diventiamo finalmente un Paese degno di tal nome. Facciamo del 25 aprile e del 1 maggio due giornate qualunque, perché tali sono se vengono depurate dei rimasugli ideologici che le animano.

Propongo anche una valida alternativa: sostituiamo il 25 aprile con il 4 novembre,  giorno dell’armistizio di Villa Giusti, in cui l’Italia ha vinto l’ultima delle sue epiche battaglie, che non è più festa nazionale a seguito della L. 54/1977 e che, quest’anno, non godrà di alcuna celebrazione, essendo stato soppiantato dalla ricorrenza del 150° anniversario dell’Unità d’Italia.
Riproponiamo poi  il 21 aprile che, dal 1924 al 1945, fu festa nazionale dalla doppia valenza. In quel giorno si rinverdivano i fasti dell’antica Roma, posto che il mito narra che il 21 aprile del 753 a.C.  Romolo fondò l’Urbe, inaugurando un’epoca di gloria eterna per l’Italia, divenuta  poi “caput mundi”;  allo stesso tempo, si era soliti tributare il giusto riconoscimento alle fatiche dei lavoratori. Insomma, “otium e negotium” come nella miglior tradizione romana.

Sono queste, a mio avviso, le sole festività che possono farci sentire davvero italiani, giacché riposano sulle nostre comuni radici e sulla nostra lontana Tradizione; solo esse rappresentano degnamente  la “bandiera” e la “speme”  che, secondo Mameli, deve “unirci”. “ L’ora di fonderci insieme”, invece, è già suonata da un bel pezzo; purtroppo non tutti l’abbiamo sentita. Alcuni, infatti, erano distratti dalle fanfare straniere del 25 aprile e dal chiasso del Concerto del Primo Maggio!

Roberto Marzola.

mercoledì 27 aprile 2011

29 APRILE '45: UNA VERGOGNA CHIAMATA PIAZZALE LORETO

Ho già trattato l’argomento legato agli ultimi giorni di Benito Mussolini o, almeno, ho cercato di farlo, riportando gli sviluppi dei recenti studi condotti da un esperto, di indubbio pregio ed autorità, quale il francese P. Milza.  Checché se ne dica, la storia di quei giorni è tutta da scrivere e la verità è ben lungi dall’essere raggiunta; un traguardo forse impossibile per l’Italia, affetta dal morbo alimentato dal falso mito della resistenza.
Tuttavia, non è mia intenzione dire altro sui cd. “Fatti di Dongo”; far chiarezza su di essi è compito arduo, che compete a veri e propri storici, (privi di paraocchi ideologici ovviamente), piuttosto  che a semplici amanti della storia come il sottoscritto. Il mio intento è un altro: offrire una semplice visione d’insieme per cercare di stimolare una riflessione, di qualsiasi tipo essa sia, sui giorni che seguirono al 25 aprile. Quei giorni, tanto per intenderci, sui quali si vuole poggiare l’odierna repubblica, in particolare su “Piazzale Loreto”.
29 aprile 1945: catturato mentre si dirigeva in Valtellina, luogo del cd. “Ridotto alpino repubblicano”, (ove i fascisti della Repubblica Sociale Italiana, coi tedeschi ormai in fuga, si preparavano a compiere un’ultima, disperata resistenza, anelanti di ricevere almeno una morte onorevole,.ALTRO CHE “FUGA IN SVIZZERA”, come la storiografia moderna vorrebbe far credere!), Benito Mussolini viene ucciso da un gruppo di partigiani. Conoscerà la morte di lì a poche ore, insieme alla sua compagna Claretta Petacci, la quale chiese di vivere gli ultimi giorni assieme al suo uomo, o almeno così si dice. Prima di loro, trovarono la morte i collaboratori più stretti del Duce, giustiziati subito dopo la cattura. Più che uomini d’armi, come sarebbe stato lecito aspettarsi, erano presenti,perlopiù, gli ormai ex ministri della Repubblica di Salò: Liverani,Romano, Zerbino, Gatti ma, soprattutto, Mezzasoma, proprio colui che disse: “sono un ministro di Mussolini; voglio morire con Mussolini”.
Con quale autorità i partigiani italiani, privi di qualunque potere di fronte ai comandi inglesi o americani, abbiano assassinato Mussolini, la sua compagna ed i suoi uomini, senza neanche lo straccio di un processo,pur sommario, non è dato sapere. Di certo c’è solo che il colonnello Valerio, colui che si è fregiato negli anni di aver ucciso con le sue mani il Duce, ha cambiato versione almeno quattro volte. Altrettanto certe restano le parole dello stesso Mussolini, il quale nel suo testamento, redatto poco prima di essere catturato dai partigiani, scrisse: “Non ho nessuna illusione sul mio destino. Non mi processeranno, perché sanno che da accusato diverrei pubblico accusatore. Probabilmente mi uccideranno e poi diranno che mi sono suicidato, vinto dai rimorsi. Chi teme la morte non è mai vissuto, ed io sono vissuto anche troppo. La vita non è che un tratto di congiunzione tra due eternità: il passato ed il futuro. Finché la mia stella brillò, io bastavo per tutti; ora che si spegne, tutti non basterebbero per me. Io andrò dove il destino mi vorrà, perché ho fatto quello che il destino mi dettò”. A voi, sparuti lettori, il compito di stabilire chi riuscì a predire, anche con una certa precisione, il proprio imminente destino, e chi, invece, non riesce neanche a ricordare il proprio passato. E dire che la storiografia che va per la maggiore presta più cura a quest’ultimo  che non al primo!
Ad ogni modo, Mussolini e le persone a lui vicine furono uccise e portate, tra mille traversie, a Milano, dove i loro corpi senza vita furono esposti, a testa in giù,al pubblico vilipendio. Diciotto salme, (che gettano più di un’ombra sulla pretestuosa “giustificazione”, se così si può definire, che ai fatti di Piazzale Loreto si dà solitamente, ossia quella dell’ “occhio per occhio, dente per dente”: 15 partigiani uccisi il 10 giugno ’44, sempre a Piazzale Loreto, 15 fascisti morti), cui si aggiunse quella di un ignaro Nicola Bombacci, un ex comunista, poi avvicinatosi al Fascismo, già in pieno rigor mortis, pendevano da un rifornimento di benzina. Scene terribili, di macabro orrore, ampiamente tollerate, se non addirittura fomentate, da chi poi si erigerà a paladino della libertà, dell’etica e della morale. Una rivolta che forse non fu neanche quel moto di popolo che vogliono farci credere, come scrive Silvio Bertoldi nel suo libro"Piazzale Loreto",( Rizzoli, pagine 276,2001, di cui mi sono già messo alla ricerca). Così si ebbero sputi contro i cadaveri,lancio di frutta e verdura, colpi di arma da fuoco e, pare, addirittura violenze sessuali ai danni del cadavere della Petacci, cui pose fine solo l’intercessione di membri della Chiesa, (don Pollarolo prima e, forse, il cardinale di Milano in persona). 
Si dice che Winston Churchill, quando seppe dell’accaduto, esclamò: «Non credevo che gli italiani arrivassero a tanta ferocia.[…] La storia del resto la scrivono sempre i vincitori».  Ferruccio Parri, presidente del consiglio del CLN, dal canto suo disse: «Piazzale Loreto fu un episodio di atroce macelleria messicana», per sottolinearne la crudeltà e lo scempio.
Solo verso l’una i corpi furono sottratti a quell’orgia inumana e feroce. La salma di Mussolini, trafugata da membri del Partito Democratico Fascista, fu restituita alla famiglia, ma solo grazie all’intercessione di De Gasperi e del Papa Pio XII.

Di quel giorno non ho voluto mettere né foto, né video. Lascio ad altri questo patetico e vigliacco modo di suscitare emozioni nei lettori, forse dovuto alla pochezza di idee.

Ciò che mi preme sottolineare è che qui si tratta di essere innanzitutto uomini, prima che fascisti, non fascisti, comunisti, non comunisti, guelfi o ghibellini. Episodi come questo dovrebbero far solo rabbrividire e imporre cautela e moderazione nei giudizi; invece, parte degli italiani continua imperterrita a magnificare la Resistenza, ben al di là dei propri meriti, giudicando come “normali” i fatti in oggetto. Francamente non mi risulta che in altre parti d’Europa sia avvenuto niente di neanche lontanamente paragonabile. Forse solo la ferocia con cui furono trattati i gerarchi nazisti “processati” a Norimberga è in qualche modo rapportabile. Certo è che non si videro esecuzioni di piazza con una regia tanto spietata quanto ostentata. A tal proposito, mi disgusta, in particolar modo, il fatto che ancora oggi c’è chi si ostina a parlare di “azioni non controllabili” da parte della Resistenza, (al che si potrebbe legittimamente chiedere: ma se non era affatto organizzata, nemmeno da poter controllare le sue forze, come avrebbe potuto contribuire in maniera fattiva alla “liberazione”?); chi si lancia in lunghe apologie e dice che, in fondo, a Piazzale Loreto non è successo poi niente di così macabro o rivoltante; chi,poi, inventa di sana pianta teorie “giustificazioniste” e retributive, in base alle quali Mussolini è stato semplicemente ripagato con la sua stessa moneta,( non voglio neanche sapere cosa abbia in testa certa gente!); chi, infine, arriva a riproporre un bis di Piazzale Loreto, stavolta per colpire un uomo ben più basso ma con più capelli di Mussolini, dall’accento milanese e non romagnolo e, forse, con lo stesso amore per le belle donne. Affermazioni fuori dalla storia e persino da ogni logica, che servono solo a chiudere i conti con la storia stessa, in maniera del tutto sbrigativa, a tutto giovamento di una sola parte del popolo italiano, non certo di tutto.

Lascio a Voi ogni altro commento e mi limito a dire che, se questi sono i “valori della Resistenza”, io inizio davvero ad aver voglia di cambiar Paese: magari vado davvero a vivere nello Swaziland!

A ripensarci bene, però, farei solo un gran favore ai soliti chiacchieroni antifascisti di tutta Italia, che non perdono mai occasione di riempire le piazze, la politica,i giornali, la tv e la rete con le loro bugie. Ecco,quindi, che mi vedo subito costretto a rimeditare il mio istintivo proposito di fuga, scegliendo di restare qui ad oppormi a questa gentaglia, perché finalmente l’Italia possa guardare al suo passato e, di conseguenza, al suo futuro, senza dubbi né paure.

Roberto Marzola.



P.S. Anche stavolta ho selezionato riferimenti storiografici che fossero accessibili a tutti, per dimostrare che la verità, o una buona parte di essa, è proprio dietro l’angolo. Basta cercarla!







domenica 24 aprile 2011

25 APRILE: E SE LA PIANTASSIMO?

Mi approprio, spero non indebitamente, del titolo di un articolo sul 25 aprile del dr. Paolo Deotto, libero ricercatore , fondatore della Rivista storica on-line “Storia in Network”, collaboratore del sito di “Storia Libera” e dell’ “Istituto Storico per l’Insorgenza e l’Identità Nazionale”, nonché delle riviste “Nova Historica” e “Radici Cristiane”. Vi propongo questo articolo tratto dal suo blog, (http://detto.blogspot.com), non prima di aver fatto, però, alcune riflessioni personali su questa giornata, indebitamente spacciata per “festa nazionale”.
Il 25 aprile si chiude la triste ed ingloriosa parabola chiamata “guerra di liberazione” o “resistenza”, durante la quale l’Italia si è conquistata lo stigma perpetuo della viltà, del servilismo e del più becero opportunismo. Evito, per ora, di parlare della vergogna del 28 aprile.
Sia ben inteso che questi non sono giudizi personali, ma niente altro che la traduzione e la sintesi dei pensieri dei protagonisti di quei giorni. Non mi riferisco agli uomini e ai ragazzi di Salò; se mi riferissi a loro, verrei accusato di inattendibilità e di faziosità. Così mi limito a riportare ciò che dissero di quel periodo quelli che, almeno in teoria, erano i nostri alleati: americani, inglesi, australiani,francesi, marocchini e russi.
Ad esempio, il Generale Eisenhower, comandante delle forze Alleate in Europa, scriveva nelle pagine del suo diario che “il tradimento dell'Italia è stato un brutto affare e una delle pagine più buie della storia di questa guerra, solo il sacrificio dei militi della RSI ha permesso di mantenere all'Italia un briciolo d'onore”. Di lì a poco ribadì il concetto, scrivendo che “la resa dell'Italia fu uno sporco affare. Tutte la nazioni elencano nella loro storia guerre vinte e guerre perse, ma l'Italia é la sola ad aver perduto questa guerra con disonore, salvato solo in parte dal sacrificio dei combattenti della RSI”.
Il giudizio non muta se si volge l’attenzione agli inglesi. Così il Generale Alexander Harold, comandante in capo delle forze inglesi in Italia, ebbe a dire: “il fatto é che il Governo italiano decise di capitolare non perché si vide incapace di offrire ulteriore resistenza ma perché era venuto, come in passato, il momento di saltare dalla parte del vincitore”, (tratto da “Le armate alleate in Italia”, di Alexander Harold). Gli fece eco il celebre Maresciallo Montgomery che fu lapidario nel dire: “il voltafaccia italiano dell’8 settembre fu il più grande tradimento della storia”.
I russi, dal canto loro, non qualificarono diversamente l’infame gesto: “l'Italia fu fedele al suo carattere di sciacallo internazionale, sempre in cerca di compenso per i suoi tradimenti”, ( da “"Storia della diplomazia" di Potemkin, ambasciatore sovietico a Roma”).
Giova ricordare, poi, come furono gli stessi Alleati a coniare il verbo “to badogliate”, che indica un’azione maldestra, furbesca, infestata dal tradimento.

Le summenzionate parole pesano come marmo sull’operato della resistenza in Italia e sul conseguente giudizio storico che di essa si dovrà dare, prima o poi, quando cioè la sbornia antifascista sarà svanita e le fandonie che porta con sé si scioglieranno come neve al sole, vinte dai colpi inferti dalla verità storica. Qui siamo di fronte ad alti gradi dell’esercito alleato che provavano più simpatie per chi sparava loro addosso, gli arruolati nella Repubblica Sociale Italiana,i quali sin dal 10 giugno 1940 aveva dichiarato loro guerra, piuttosto che nei riguardi di chi combatteva al loro fianco che, anzi, veniva guardato con sospetto:  il cd. esercito di “Liberazione nazionale”.

Come dar loro torto, sebbene dar ragione ad un forestiero bruci come una ferita profonda nel mio spirito nazionalista?
In fondo, l’Italia, scesa al fianco della Germania, aveva cambiato indegnamente bandiera, quando le cose iniziavano a prendere una brutta piega; anzi, solo una sua parte, perché ben altra parte rimase fedele all’alleato teutonico fino all’ultimo giorno, scegliendo di combattere non per la vittoria, ma per l’onore, proprio e dell’Italia.
Il senso dell’onore, questo semi-sconosciuto in casa nostra, ma che per tanti uomini e ragazzi fu più forte della paura della morte e che, invece, getterà eterna infamia addosso al maresciallo Badoglio e al re Vittorio Emanuele III, in fuga per l’alto mare, seguito dal codazzo dei suoi uomini, ognuno dei quali implorava vigliaccamente di poter darsela a gambe. Costoro abbandonarono l’Italia al suo tragico destino, lasciarono l’esercito italiano incerto sul da farsi ma, ciò che peggio, consentirono alle formazioni partigiane di scendere dai monti, sui quali si erano rifugiate, per compiere alcuni dei più atroci atti di tutta la guerra, poi spacciati indegnamente per “liberazione”: le stragi di Oderzo e della cartiera di Mignagola, gli eccidi dei conti Manzoni, di Codevigo, di Argelato, di Schio,dell’ospedale psichiatrico di Vercelli e tanti altri episodi cruenti e efferati, poi riesumati da un giornalista di sinistra, evidentemente schifato dall’assurdità della nostra storia, che ancora vengono snobbati dagli idioti che si riempiono la bocca dell’anti-fascismo. Costoro ignorano o fingono di ignorare anche che la guerra partigiana fu addirittura fratricida, giacché non solo condotta contro fascisti e nazisti, ma anche contro le stesse formazioni partigiane. Lo testimoniano numerosi episodi, come ad esempio la strage della Missione Strassera e l’eccidio di Porzus, dove fu fatto scempio dei partigiani di ispirazione cattolica e socialista. Un’ombra pesante che rende quanto meno plausibile la teoria che, in realtà, buona parte delle forze partigiane lavorava per la consegna del Paese alla “Grande Madre Russia”.

E così, ignara di ciò che dice la Storia, l’Italia si avvierà per l’ennesima volta a commemorare festosa quel giorno, che la stessa Storia marchia come riprovevole, spacciandolo per “liberazione”.

Ma liberazione da chi o da cosa? Siamo stati invasi, tanto da nord, (a causa del tradimento, mica per caso!), quanto da sud; solo che nel settentrione,checché se ne dica, vi era un legittimo governo plenipotenziario; al centro-sud, invece, gli Alleati imponevano persino la moneta ed esautoravano dei poteri più significativi il cd. “Regno del Sud” prima e  poi il “Regno d’Italia 1944-46”, targato Umberto II, il “Re di maggio”, che dovevano acquisire il placet degli stessi Alleati per diverse tipologie di provvedimenti.
Come si può vedere siamo schiavi sin da allora, purtroppo. Men che meno siamo “liberi” o “liberati” oggi, vittime come siamo di istituzioni tanto inutili quanto ingombranti, del consumismo capitalista, delle oscillazioni del mercato finanziario, del petrolio e di tutti gli altri bubboni del sistema attuale. Come sono lontani i tempi in cui l’Italia è stata veramente sovrana e “fabbro del suo destino”, qualunque esso fosse!

E’ per questo che dico, sin dai primi scritti di questo blog, che è giunta l’ora di riappropriarci del nostro passato e di riappacificarci con esso, perché farlo significa riprendere in mano il nostro futuro. Per riuscirvi occorre liberare la mente e la memoria storica da quelle nefandezze ideologiche che ci hanno portato a giudicare come “nemico” ciò che fu pienamente italiano, anche per stessa ammissione dei nostri avversari, poi divenuti sospettosi alleati. Cancellare una giornata vergognosa come il 25 aprile, abbandonare l’assurda definizione di “male assoluto”  e cominciare a tributare il giusto merito a chi ha pagato con la vita per tenere alto l’onore d’Italia, sarebbero di sicuro degli ottimi primi passi verso una nuova coscienza nazionale, questa sì realmente “libera e liberata”.

W l’Italia.

Roberto Marzola.
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Paolo DEOTTO
25 aprile: e se la piantassimo?
tratto da: http://deotto.blogspot.com, 20.4.2009.

Scrivo queste righe la sera di lunedì 20 aprile 2009. Fra pochi giorni assisteremo alla consueta orgia celebrativa, e quest’anno si aggiunge una nota in più molto interessante. Silvio Berlusconi, che è il Capo del Governo, carica alla quale è arrivato con regolari elezioni e con una maggioranza indiscutibile, ha espresso la volontà di partecipare alle manifestazioni che si terranno a Milano. Il 25 aprile, si badi bene, è festa nazionale italiana. Berlusconi guida il Governo italiano. Orbene, è stato addirittura “diffidato”, dai soliti comunisti in s.p.e., a partecipare ad alcunché. Questo dovrebbe farci riflettere anzitutto su un paio di cosette: se ci sono italiani che vogliono impedire al Capo del Governi italiano di partecipare a una festa nazionale italiana, vuol dire che c’è già qualcosina che non quadra. In secundis dovrebbe farci riflettere sulla sostanziale cretineria di questo atteggiamento intimidatorio da mafiosi (ANPI e altre frattaglie comuniste) perché Berlusconi, per ragioni anagrafiche, difficilmente può aver avuto parte attiva nel regime fascista.

Ma torniamo a noi. Cosa si festeggia il 25 aprile? La “Liberazione”. Ora, che l’Italia è stata liberata dai tedeschi è verissimo, e allora se si volesse festeggiare questo sarebbe doveroso invitare rappresentanze di quelle nazioni, dagli Stati Uniti alla Polonia, dal Marocco, all’Inghilterra, all’Australia, che lasciarono sul nostro suolo, per la nostra libertà, migliaia e migliaia di caduti. Ma purtroppo non si festeggia solo questo, e oltretutto di quanti diedero la loro vita per il nostro Paese, ce ne freghiamo. Si festeggia anche la fine di una guerra civile, una spietata macelleria fra italiani, che peraltro non finì affatto il 25 aprile, perché ebbe, lo vedremo tra poco, lunghi strascichi.
In questo siamo davvero un Paese unico, ma non certo in senso positivo. Si vuole scordare una banale realtà. Dalla seconda guerra mondiale l’Italia uscì sconfitta, e duramente. Purtroppo i governanti dell’epoca, il Maresciallo Badoglio e la sua corte, non ebbero neanche la dignità di comportarsi da sconfitti. Dopo aver tradito l’alleato tedesco (piaccia o meno, così fu; non per questo giustifichiamo ciò che combinò la Germania nell’ultimo conflitto), vollero servilmente buttare altre vite nel carnaio, con quella qualifica bislacca di “cobelligeranti” con gli Alleati ex-nemici, che servì soprattutto ai politici riemergenti per farsi una verginità antifascista.
Ma se già questa vergogna sarebbe più che sufficiente per farci tacere per decenni, in più l’Italia fu anche teatro di una crudelissima guerra civile, con italiani che si ammazzarono tra di loro. La parte più importante della Resistenza fu costituita dai primi nuclei di militari, sbandati dopo l’8 settembre e riorganizzati da ufficiali che si consideravano ancora vincolati dal giuramento al Re. Ma di questi si parla poco o nulla. La Resistenza nella “vulgata” divenne presto monopolio della parte più sanguinaria, che non esitò ad ammazzare non solo tedeschi, non solo fascisti, ma anche gli antifascisti anticomunisti. Il partito comunista giocò le sue carte, condusse la sua propria guerra che era, peraltro dichiaratamente, una guerra per realizzare la folle utopia marxista, per asservire l’Italia al giogo di Mosca. 

Il 25 aprile entrò a Milano un animoso comandante partigiano, l’avvocato Sandro Pertini, alla testa di una colonna di valorosi. Venivano a liberare Milano, ma da uomini saggi avevano giustamente atteso che Milano fosse liberata dagli americani, che il Duce fosse scappato, che i tedeschi, ancora asserragliati all’Hotel Regina, avessero fatto con gli americani patti ben precisi per tornarsene a casa loro. E quindi divenne facile poi fare gli eroi contro i fascisti sbandati.
Bande di sconfitti, animati solo dal loro odio fazioso, sfogavano livori antichi e potevano ammazzare senza più correr rischi. I comunisti, che già nel periodo bellico, con il terrorismo dei GAP avevano provocato infinite sofferenze alla popolazione (bersaglio delle inevitabili rappresaglie tedesche, inevitabili anche perché i vigliacchi “gappisti” si tenevano ben nascosti…) furono lesti nell’organizzare “Tribunali del Popolo”, che in poco più di un mese fucilarono, dopo processi farsa, senza difesa e senza appello, un enorme numero di fascisti, o anche di semplici avversari. Si parla di cifre che oscillano tra i cinquemila e i quindicimila morti. Piazza Loreto a Milano ebbe l’osceno spettacolo del Duce appeso a testa in giù, insieme ad altri gerarchi e alla sua amante, Claretta Petacci, tutti ammazzati dopo la loro cattura a Dongo. 
Per inciso: motivi per ammazzare Mussolini, ce n’erano tanti. Uno dei principali senza dubbio era costituito dal fatto che nella colonna di fascisti in fuga si trovava anche il tesoro della Repubblica Sociale. I morti non parlano, così come non parlarono un’altra decina di persone che sul c.d. “oro di Dongo” la sapevano lunga. Il PCI poté acquistarsi il palazzo di via Botteghe Oscure a Roma.
Ma la furia omicida dei comunisti non si era esaurita il 25 aprile. Sicuri ormai dell’impunità, i comunisti andarono avanti per anni a regolar conti con gli oppositori che consideravano più pericolosi. Chi non ricorda la strage di Schio? Chi non ricorda la famigerata Volante Rossa? Chi non ricorda la strage di preti, andata avanti fino al1951?

Ora gli ultimi sopravvissuti di questa parte delinquenziale della Resistenza hanno ancora la spudoratezza di volersi ergere a monopolisti della conquista della libertà. Sono ormai vecchie cariatidi, seguiti da gruppetti di giovani stupidi e ignoranti, pronti a gridare il loro “no al fascismo” senza probabilmente aver mai studiato cosa fu il fascismo, come finì (per mano fascista, il 25 luglio del 1943), ma allevati all’odio da queste cariatidi, che di odio sono vissute e sull’odio hanno costruito le proprie fortune politiche ed economiche. Non scordiamoci che il terrorismo degli anni 70 si ispirava esplicitamente ai gloriosi gappisti, ai gloriosi partigiani comunisti, e così via. Sangue, odio, cieco fanatismo. Davvero un bel bagaglio per costruire un Paese nuovo e libero.

E allora, per amor di Patria, non potremmo piantarla di festeggiare questa sconfitta? Ripeto: sconfitta. Perché l’Italia perse la guerra, e perché una guerra civile è sempre e solo una sconfitta per tutte le parti in conflitto, perché scava solchi di odio tra quanti dovrebbero essere invece affratellati dall’amor di Patria. Se le vecchie cariatidi vogliono riunirsi, fasciarsi di bandiere rosse e gridare “no al fascismo” (sempre che non gli caschi la dentiera), lasciamoli fare. Che male fanno? Ma perché un grande Paese come l’Italia deve, una volta l’anno, assistere a queste manifestazioni che stanno tra il tragico e il grottesco, con selve di bandiere rosse, da sempre simbolo di morte e di sangue? Perché ogni anno dobbiamo fare “festa nazionale” quando questa viene monopolizzata dai rappresentanti della più grande associazione per delinquere che abbia mai afflitto il mondo, il partito comunista?

Piantiamola, per favore, cerchiamo di essere seri e finalmente, realmente, uniti almeno dall'amore comune per il nostro Paese. Il giudizio sul fascismo lo ha dato e lo darà la Storia, il giudizio sull’odio può essere sempre e solo negativo.

E Lei, presidente Berlusconi, perché deve venire a Milano? Per farsi fischiare da quattro scalzacani? Sono morti in piedi, ormai, e il Paese è, nella sua grandissima maggioranza, con Lei. Ma piantiamola con la “festa nazionale”. Abolire il 25 aprile come giorno di festa potrebbe essere finalmente il primo serio passo verso una vera concordia nazionale.



PS: un interessante memoria storica. In periodo fascista fu reintrodotta la pena di morte, prevista per alcuni reati, tra cui l’attentato alle persone del Re o del Capo del Governo. Per applicare queste leggi eccezionali fu costituito un organo “ad hoc”, il Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, che non era costituito da magistrati, bensì da ufficiali dell’Esercito e della Milizia. Tale tribunale pronunciò, nei suoi diciassette anni di attività, 42 condanne a morte, di cui 31 vennero eseguite. Dopo la caduta del fascismo (25 luglio 1943) la pena di morte fu abolita, e poi reintrodotta, dopo la Liberazione, con il DL 10.5.45 num. 234, che istituiva anche le Corti d’Assise straordinarie. La pena di morte era prevista per i più gravi reati, alo scopo di arginare la criminalità del dopoguerra, nonché per il reato di collaborazionismo. In ventidue mesi di intensa attività (fino al 5 marzo 1947) questo Corti straordinarie mandarono al muro 88 persone, quasi tutte per il reato di collaborazionismo. Insomma, furono molto più efficienti del Tribunale fascista…


PPS: provate a chiedere a qualche cariatide rossa che biascica di "resistenza" chi fu Alfredo Pizzoni. Fatemi sapere. Ricchi premi a chi sa rispondere

giovedì 21 aprile 2011

IL PESO INSOSTENIBILE DELLA CULTURA "FASCISTA"

Vorrei iniziare questa riflessione muovendo da un quesito: la cultura ha colore politico o ideologico? E’ una domanda che per certi versi ha già fatto capolino negli scritti che popolano questo blog.  La risposta che diedi allora era un secco no: la letteratura, la pittura, la scultura, la musica e tutte le altre espressioni culturali restano sempre tali.  La cultura può risentire del periodo e del clima in cui nasce e si sviluppa, ma resta sempre cultura e va valutata per ciò che è, per il suo contenuto e non per il contenitore.
Oggi, intendo confermare questo mio punto di vista. Mi impone di farlo la grottesca situazione che si sta verificando in Italia. A leggere certe notizie di cronaca, infatti, sembra di essere davvero tornati ai roghi, all’incendio dei libri e dei musei, ai processi,alle abiure e alle condanne. Sembra, insomma, di vedere il popolo buttar giù le statue dei dittatori come a Baghdad.
Mi riferisco a quanto sta avvenendo a Bolzano da un po’ di tempo a questa parte, nonché a quanto è avvenuto a Firenze.  Purtroppo, sono solo due episodi,particolarmente noti, di una lunga e triste serie di eventi.


Ad ogni modo, nel capoluogo alto-atesino si vorrebbe censurare l’opera dello scultore Hans Piffrader  -formatosi ad inizio ‘900 nella Vienna degli Schiele e dei Torak- presso l’allora “Casa del Fascio”, oggi “Palazzo degli Uffici finanziari”, (ironia della sorte). La scultura, di indubbio pregio artistico, ritrae varie immagini di regime a scopo propagandistico; in particolare, immortala un Benito Mussolini in sella al suo destriero, mentre regge una pergamena nella mano sinistra e saluta romanamente con il braccio destro. Attorno al Duce si trovano altre figure, tutte chiaramente ispirate all’arte romana classica. L’opera di Piffrader si inquadra nel più ampio fenomeno dell’Art Déco, una delle anime, insieme al Futurismo e al Razionalismo, dell’arte e dell’architettura fasciste. In Italia, però, l’Art Déco assume forme originalissime ed innovative rispetto alla compagine europea, giacché essa viene a fondersi con la Tradizione nazionale e con il senso estetico tipicamente italiano, segno quanto mai evidente della libertà concessa ai creatori, nonché dell’intenzione di fondere insieme passato e futuro. Il concetto è ben sintetizzato dalla “Guide Gallimard Rome”,(pag. 92), in cui si legge:  «Il fascismo ha saputo amalgamare le tendenze più moderne dell’ epoca al suo gusto per il passato glorioso della Romanità». A questi stilemi non sfugge certo l’opera del Piffrader, che oggi si vorrebbe censurare. Motivo? Può essere “pericolosa” e deve essere accessibile solo ad una persona “consapevole”. Questo è quanto dice la commissione creata ad hoc, che sta vagliando almeno cinque proposte per oscurarla. Direi che il progetto è di un’assurdità, di un’ignoranza e di una schiavitù ideologica che rischiano di sconfinare nell’assurdo.  Difatti, come si fa a vedere un qualcosa di apologetico in quell’opera? Cosa c’è di offensivo o di pericoloso? Uno si immaginerebbe, se non l’ha mai vista, la presenza di chissà quali macabre scene, o di quali volgarità o di quali altre possibili minacce al pudore e all’etica pubblica. Di tutto questo non vi è traccia. Stiamo parlando di un uomo, assassinato in uno dei modi più feroci e biechi che la storia d’Italia ricordi, ritratto a cavallo; ma tanto basta agli anti-fascisti di casa nostra per gridare allo scandalo e per far scattare il campanello d’allarme. Se la minaccia non c’è, chi se ne frega; l’importante è che si tratti di Mussolini.

Firenze, dal canto suo, non è da meno. Infatti, il 18 aprile 2011, il consiglio comunale, (che non ritengo degno di lettera maiuscola in questo caso), ha bocciato la proposta, firmata dal consigliere PdL Toselli, di intitolare una via o quanto meno una lapide a Giovanni Gentile, intellettuale e filosofo vicino al Fascismo, vigliaccamente ucciso in un agguato dei Gap partigiani il 15 aprile 1944, essendo stato accusato, in maniera del tutto assurda, dei cd. “Fatti di Vicchio”, (ovvero dell’esecuzione di giovani renitenti alla leva che, di fatto, si erano intrufolati tra le file partigiane presenti nella cittadina toscana, conquistata dai partigiani stessi nel 6 marzo 1944 e teatro, prima del rastrellamento operato dalla R.S.I., dell’ingiustificata uccisione di diversi fascisti). Preme ricordare l’opera e lo spessore culturale di Giovanni Gentile, pur brevemente, dato che la levatura del personaggio è tale da richiedere anni e anni di studi e ben altri spazi rispetto a quelli, piuttosto angusti, di questo blog.
Ad ogni modo, Giovanni Gentile fu filosofo e storico della filosofia. In questo panorama fu un protagonista assoluto del tempo insieme a Benedetto Croce, uno dei maggiori esponenti del neo-idealismo. Più in generale, fu uno degli attori di spicco nell’intera scena culturale italiana finché fu in vita e, di sicuro, avrebbe continuato ad esserlo, se non fosse stato così codardamente ucciso. Fu sempre vicino a Mussolini e al Fascismo, di cui fui voce importante ma spesso critica. Firmò il “Manifesto degli intellettuali fascisti” e il “Manifesto della razza” , del quale però si disse per niente convinto in un carteggio con Benvenuto Donati. Aderì in maniera assolutamente convinta, invece, alla Repubblica Sociale Italiana. Fu anche un pedagogo di assoluto pregio. Ciò che in particolare lo contraddistinse, però, fu la riforma della scuola che porta il suo nome, attuata nel 1923. Credo si possa parlare di vera e propria rivoluzione: la formazione scolastica veniva intesa come il percorso di uno spirito in divenire, il quale poteva realizzare attraverso gli studi la propria autonomia, (e dire che certi signori si permettono di parlare di “indottrinamento”!). Obbligo scolastico innalzato fino al XIV anno di età, scuole speciali per i portatori di handicap, istituzione della scuola elementare da 6 a 10 anni, logica meritocratica : questi ed altri furono i tratti salienti della Riforma Gentile, rimasta in vigore praticamente fino alla Riforma Gelmini del 2010. Il paragone è impietoso ed ovviamente a favore della prima. Ben 87 anni di onorato servizio, per quella che Mussolini chiamò la “più fascista delle riforme”, anche presso la “repubblica nata dai valori dell’antifascismo”, (circostanza che, più che una sottile ironia della sorte, sottolinea la portata innovatrice dall’opera gentiliana e, più in generale, di tantissime riforme fasciste).
Tuttavia, né lo spessore culturale di Giovanni Gentile, né la sua tragica e barbara morte, sono bastati a convincere la giunta fiorentina. L’antifascismo è un’eresia ancor oggi dominante: offusca la vista, distorce la percezione della realtà e annebbia le menti. Ciò è confermato dalle parole dell’assessore Mattei, il quale giustifica la decisione affermando che “Firenze è una città di profonda natura antifascista e di libertà. Mettere una lapide o intitolare una via a chi, comunque, con il suo supporto e i suoi scritti, stava in un partito che limitava la libertà, è qualcosa che ancora andrebbe ad offendere la memoria di tanti fiorentini”. Di fronte ad un’affermazione del genere, forse, devo correggere il tiro: più che di eresia qui si deve parlare di vero e proprio deficit culturale, se non di autentica e profonda, ignoranza.

Ciò che più avvilisce e disgusta, al di là,ripeto, dell’ignoranza e dall’arretratezza culturale di questi soggetti,  è il presunto clima “liberale” che tanto declamano, in cui “l’arte e la cultura sono libere e libero ne è l’insegnamento”.  Affermazioni tanto solenni quanto false, giacché puntualmente smentite dai fatti. Fa rabbrividire l’incoerenza di chi rimprovera al Fascismo la vocazione severa, la censura, la negazione della libertà e altre mezze verità, (che meriterebbero ben altro approfondimento e non i soliti luoghi comuni dettati dai pregiudizi ideologici), ma che poi si dice pronto a bruciare libri, ad occultare monumenti ormai secolari e l’arte in generale. Dove è lo stato e dove sono le istituzioni? Non è forse loro compito tutelare il patrimonio culturale e artistico? Perché non lo fanno? Perché non si indignano e non prendono provvedimenti di fronte alla barbarie e all’analfabetismo di chi vorrebbe fare a pezzi i segni del nostro passato, qualunque esso sia? Possibile che sia solo Casa Pound ad impegnarsi attivamente a tutela dei nostri monumenti e non lo stato, torno a dirlo?
Temo che la risposta sia semplice: bisogna assecondare gli antifascisti e i loro deliri, proprio come si fa coi matti. Così, se un intellettuale della prima metà del ‘900 è stato vicino al Fascismo, la sua opera va condannata e censurata, se non eliminata.
A questa gente vorrei chiedere: ma Piffrader cosa avrebbe dovuto ritrarre, il volto di Pertini, all’epoca uno sconclusionato attaccabrighe? E Gentile,invece, di cosa avrebbe dovuto occuparsi? Magari doveva mettersi alla testa di un’organizzazione malavitosa, dedita all’assassinio di fascisti, come fece probabilmente Matteotti? O,forse, entrambi dovevano giocare il ruolo dei “sobillatori” e “incitare all’odio” di classe come Gramsci?
Gentile e Piffrader furono intellettuali che si misero a disposizione di Mussolini e del suo governo, perché ammaliati dalla forza innovatrice, dalla capacità di conquistare folle oceaniche e di realizzare opere e riforme fino ad allora impensabili. Come loro furono in tanti a lasciarsi sedurre, pur tra alti e bassi: Pirandello, D’Annunzio, Grandi, Julius Evola, Berto Ricci, Curzio Malaparte, Marinetti, Niccolò Giani e Ungaretti, solo per nominarne alcuni. Ma vi furono anche gli insospettabili Dino Risi, Enzo Biagi, Giorgio Bocca e tantissimi altri; per non parlare poi di quelli come Albertazzi, Buzzati, Dario Fo e altri che addirittura aderirono volontariamente alla R.S.I.  
Per essere coerenti e applicare la stessa logica ed i medesimi principi, allora bisognerà oscurare le opere di tutti i personaggi appena elencati. In fondo, anche loro erano vicini ad “un partito che negava la libertà”. Poi dopo bisognerà radere al suolo l’Eur, Latina,Sabaudia, Aprilia, Tirrenia e tantissime altre città di fondazione fascista, magari facendosi dare una mano dai nuovi amici francesi, ultimamente in sintonia con gli antifascisti dopo le bombe contro Gheddafi. Ovviamente le zone della Maremma, dell’Agro Pontino, del Polesine e tutte quelle interessate dalle bonifiche fasciste dovranno essere restituite alle acque, stagnanti e putride. Quelle, si sa, sono antifasciste, (e assomigliano pure ad una buona parte di questi ultimi!). Bruceremo poi il codice civile, seppelliremo l’INPS e, per farla breve,(potrei continuare per ore), continueremo a distruggere ed incendiare fino a che di fascista non resterà più nulla. Il problema è proprio questo: non resterà più nulla o, comunque, resterà ben poco.
Direi che la situazione si commenta da sola. Il problema è che questa gente non capisce che il Ventennio, volenti o nolenti, fa parte della nostra storia. L’Italia ha festeggiato quest’anno il 150° anniversario, non il 130°, della sua unità. Tutto ciò che appartiene al Fascismo fa parte della nostra cultura e va tutelato, giacché rientra a pieno titolo nel patrimonio artistico italiano. La cultura e l’arte, infatti, non hanno colore politico, come ho già avuto modo di dire più volte. Possono risentire del periodo storico con il quale entrano in contatto ma, sostanzialmente, brillano di luce propria, tant’è che sono perfettamente in grado di sopravvivere al momento e, anzi, finiscono con l’essere tramandate nei secoli.
Ad un popolo normale non resterebbe altro che conservarle, valorizzarle e, appunto, tramandarle: ma noi italiani dobbiamo distinguerci, sempre e comunque. Dopo quasi 70 anni abbiamo ancora bisogno di eliminazioni e censure. Che altro dire se non “i soliti idioti”?

Roberto Marzola.

lunedì 18 aprile 2011

TUTTE LE ATTIVITA' DI ARIES O.N.P.

Metto il mio blog a disposizione dell'associazione "Aries ONP", da tempo attiva sul territorio con tutta una serie di iniziative altamente meritorie.

Buona lettura.

ARIES ONP: PASSATO,PRESENTE E FUTURO.

Aries è una associazione di promozione sociale, progetto presentato dall'associazione culturale “III via”, attiva a Fermo e nel fermano dal 2004 .
“III via” ha proposto alla cittadinanza diverse iniziative nel corso del tempo: ludiche, aggregative,culturali e metapolitiche.
Ricorderanno tutti “La corrida”, un divertente show nazional-popolare in cui i concorrenti si sfidano in improbabili esibizioni. Questa attività fu concepita per rianimare la piazza di Fermo e rivederla come un tempo: ancora piena di gente!
Preme sottolineare che ogni iniziativa dell'associazione è stata sempre a titolo gratuito e senza nessun compenso da parte dell'amministrazione comunale. 
Oltre alla divertentissima corrida, iniziativa squisitamente ludico-aggregativa, si possono ricordare decine e decine di conferenze come i “Papi e la massoneria”,con don Ugo Garantino; “Incontro sulle Foibe”, da noi organizzato prima ancora che fosse stabilita per legge la “Giornata del ricordo”. “III via” si è occupata anche di alcuni problemi di carattere sociale di notevole importanza come la sanità, entrando con i suoi militanti nel comitato spontaneo per la sanità e discutendo insieme a persone di ogni credo politico le proposte e le soluzioni da poter proporre.
Un altro tema caro ai ragazzi di “III Via” era ed è quello della lotta alla droga. In 5 anni di vita dell'associazione sono stati moltissimi i professionisti del settore, (medici, psicologi,dirigenti e consulenti dei servizi sociali ecc.), ad essere coinvolti in dibattiti pubblici e conferenze di prevenzione all'uso di sostanze stupefacenti. Alle conferenze ha fatto seguito l'idea di organizzare un torneo di calcio a 5 contro la droga, torneo che ancora è in funzione e raccoglie ogni anno decine e decine di giovani che, prima di affrontarsi sul campo di gioco, ascoltano le spiegazioni degli esperti del settore.
Dopo queste attività, i ragazzi di “III Via” hanno sottoscritto, tutti di comune accordo, un progetto più grande che, per essere attuato, avrebbe avuto bisogno di uno spazio dignitoso e vitale.A tal fine hanno presentato formale richiesta all'Amministrazione Comunale, la quale ci ha concesso uno stabile, sito nella frazione Molini Girola, ove, precedentemente, si trovava una ex comunità per tossico dipendenti, (“Comunità incontro”). Gli edifici, abbandonati da tempo, si trovavano in pessime condizioni igenico-sanitarie: erano divenuti un locale aperto a chiunque, sudicio e fatiscente. Basti pensare che era divenuto rifugio abituale di zingari, barboni e tossicodipendenti, i quali, oltre a danneggiare gravemente le pareti, gli infissi, le pertinenze e le fognature, (completamente ostruite), hanno lasciato di tutto sul posto: deiezioni umane, siringhe e materassi infestati di pulci...
Il Sindaco, che aveva ben compreso le nostre serissime intenzioni, ha accettato la proposta, permettendo così alla struttura di rivivere e di essere sistemata a NOSTRE spese. La giunta ha deciso di metterci a disposizione la sede sulla base di un contratto di comodato d'uso gratuito. Abbiamo sistemato un solo edificio dei due presenti,dato che l'altro, il casolare, è ben più vecchio e, soprattutto, è inagibile.
Dopo circa 7 mesi di duro lavoro, in cui i ragazzi di “III via” hanno rinunciato ad ogni istante di tempo libero per risistemare la struttura,finalmente il 16 novembre 2008 nasce “Aries officina Nazional Popolare”. Dalle 5 stanze del locale assegnatoci, abbiamo ricavato una sala prove, ad uso gratuito, per agevolare tutti i ragazzi che vogliono provare le loro canzoni. Attualmente sono circa 15 i gruppi che liberamente suonano ogni genere di musica nella nostra sala prove,rigorosamente fatta a mano e autofinanziata. Oltre a questa, abbiamo ricavato una palestra che, all'occorrenza, si trasforma in sala conferenze e una sala giochi. Le due stanze rimanenti sono state adibite a dormitorio, per accogliere relatori e ospiti, ma anche per coprire eventuali situazioni di emergenza sociale.
Venendo alle iniziative promosse da Aries, il 21 dicembre 2008 si è tenuta presentazione del libro “Noi e Loro: storie di uomini e di bestie”, alla presenza dell'autore Rutilio Sermonti. Nello stesso giorno, un altro gruppo di militanti di Aries si adoperava per la raccolta fondi a favore dell' A.S.M.M.E, (Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie), facendo un banchetto in piazza del Popolo a Fermo.
Gennaio 2009: bombardamenti sulla striscia di Gaza; Aries si è dunque impegnata in un fitto volantinaggio e nell'affissione di striscioni in ogni angolo della città,per un intera settimana, al fine di sostenere il popolo palestinese e informare la popolazione Fermana di quanto stava accadendo in medio oriente.
23 gennaio 2009: torneo di Risiko nella sala giochi, con premio offerto da Aries, dedicato ai ragazzi più giovani.
Febbraio 2009 : Aries e i suoi militanti commemorano i connazionali uccisi dall'odio titino durante la “Giornata del Ricordo” con una deposizione di fiori presso largo Vittime delle Foibe. A ciò si è aggiunta la conferenza- dibattito “Storia e Memoria”, con il presidente del comitato di Fermo “Ass. Naz. Venezia Giulia e Dalmazia”, Orazio Zanetti Monterubbianesi, nonché dell'antropologo forense, di caratura internazionale, Matteo Borrini.
Contemporaneamente, Aries gira per le Marche con un banchetto contro l'aborto.
Sabato 21 marzo 2009: conferenza- dibattito “IRELAND AND THE STRUGGLE AGAINST IMPERIALISM". Intervengono Massimiliano Vitalli, contatto del “Repubblican Sinn Fèin” e Des Dalton vice presidente “Republican Sinn Fèin”.
31 Ottobre 2009: Cena, intitolata “A Lo Vì”, per contestare l'invadente moda di Halloween e per promuovere l'enogastronomia Italiana.
Novembre 2009: Aries commemora il decennale della caduta del muro di Berlino con un volantino distribuito nelle scuole e in tutta la città. “1989-2009 : Per i martiri Europei,Per l'Europa dei Popoli,Contro l'odio Comunista e la Logica Capitalista, Contro Ogni Muro
Gennaio 2010: presentazione del libro “L'antro della Sibilla e le sue sette Sorelle”. Un'interessante esposizione dei miti e delle tradizioni legate ai nostri monti, illustrati dal dr. Stefano Arcella, docente di storia dell'esoterismo occidentale presso la fondazione "Humaniter di Napoli", e dall'autrice Giuliana Poli.
Aprile 2010: la terra trema all'Aquila e i militanti di Aries rispondono e con i pochi mezzi a disposizione, organizzando nella propria sede il centro di raccolta di beni di prima necessità più grande della provincia e coinvolgendo la popolazione con volantinaggi e manifesti. Due mesi durissimi per tutti i ragazzi, impegnati fino a tarda notte a stoccare e catalogare tutti i beni, poi prontamente consegnati alla protezione civile,e quindi agli aquilani più bisognosi.
29 maggio 2010: Conferenza sul tema “Mario e Antonio Gramsci- Benito Mussolini. Riflessioni e Analisi”, alla presenza del relatore Dott.Bruno Rassu, ricercatore storico.
18- 19 luglio 2010 : Aries presenta la prima rassegna per gruppi rock emergenti “La Collina Rock”, evento che ha visto oltre 16 gruppi locali esibirsi nella nostra sede.
Giugno 2010 : altra edizione di “Diamo un calcio alla droga”, torneo di calcio a 5 e relativa conferenza presentata dal Capitano dei Carabinieri di Fermo, Zacheo e con la partecipazione del dr. Enrico Amurri , consulente psicologo, nonché di Maria Antonietta Di Felice, assessore alle politiche sociali.
24 luglio 2010: presentazione del libro “Portami con te”, con l'autore Dott.Enrico Amurri e l'assessore alle politiche sociali del comune di Fermo Maria Antonietta Di Felice.
Agosto 2010: Concerto Metal “Aries open Air”,con la partecipazioni dei migliori gruppi del panorama metal nazionale.
16 Ottobre 2010: conferenza sulla “Repubblica Sociale Italiana: una battaglia iniziata nel 1943 e non ancora conclusa”, alla presenza di Rutilio Sermonti, (autore del libro “Stato Organico”), e Celsio Ascenzi.
6 Novembre 2010 : “Cui Prodest”, presentazione del libro sulla strategia della tensione,e i delitti del mostro di Firenze. Relatore Alessandro Bartolomeoli autore del Libro.
12 Novembre 2010: conferenza- dibattito sulla musica alternativa con Cristina Di Giorgi, (autrice de “Il nostro canto libero”), Fabrizio Marzi e Roberto Scocco, cantautori storici, con anni di militanza alle spalle e concerti ai Campi Hobbit.
26 gennaio 2011: “Il Ritorno di D'Annunzio”. Riflessione sull'opera e sul controverso personaggio del Vate, alla presenza di uno dei massimi esperti nazionali, vale a dire il prof. Gianni Oliva, ordinario di letteratura italiana presso l'Università “G. D'Annunzio” di Chieti-Pescara.
10 febbraio 2011: deposizione di fiori presso largo Vittime delle Foibe per commemorare la pulizia etnica operata dai comunisti slavi ai danni degli istro-veneti che da secoli vivevano in quelle terre. E' intervenuto ancora Orazio Zanetti Monterubbianesi.

Questo è quanto abbiamo consegnato agli annali fino ad oggi. Non intendiamo ancora fermarci. Abbiamo già diverse iniziative in calendario. Due in particolare ci preme indicarne: una collaborazione con l'associazione “Prossimo Futuro” di Porto Sant'Elpidio, da tempo impegnata nell'assistenza e nel recupero di soggetti con handicap fisico, con la quale stiamo cercando di mettere in piedi un centro per la pet-terapy, (con gli asinelli), e altre attività curative. Allo stesso tempo, stiamo per promuovere una campagna di informazione sul signoraggio bancario e sulle problematiche che ruotano intorno a questo argomento. Verrà riproposto l'ormai consueto torneo di calcio a 5, per ribadire ulteriormente il nostro no a qualsiasi forma di droga.

Infine, da qualche settimana stiamo sostenendo un blog di profonda rottura e informazione socio-culturale, chiamato “Ritorno Alla Tradizione”, (ritornoallatradizione.blogspot.com), rivolto ad un pubblico soprattutto giovane, per contrastare le bugie storiche e la disinformazione di massa e per promuovere riflessioni anticonformiste.

Avanti tutta!

Aries Officina Nazional-Popolare

domenica 17 aprile 2011

QUANDO I DEMOCRATICI SOGNANO IL COLPO DI STATO

Che spettacolo la sinistra italiana di questi giorni! Quella sinistra elitaria, piazzista, forcaiola, capeggiata non da un leader politico, ma da un manipolo di sedicenti intellettuali, (divenuti tali solo perché di sinistra, non certo perché uomini di spessore culturale), conduttori televisivi alla Santoro, magistrati eversivi e corrotti e compagnia bella, che da decenni  vogliono dare a tutti la lezioncina sulla democrazia e sui suoi principi fondamentali.  Tralasciamo il fatto che, a ben guardare, per la sinistra post-comunista di casa nostra la democrazia è solo un ripiego, un’alternativa di comodo alla tanto agognata «dittatura del proletariato», un mezzo, (non un fine), per conquistare il potere nella società, sebbene questa semplice considerazione la priverebbe di qualsiasi titolo idoneo anche solo per nominare il concetto di democrazia. Andiamo oltre e guardiamo cosa sta accadendo in questi giorni.
Guidata da Luciano Canfora, Umberto Galimberti e, soprattutto, dal palindromo umano Asor Rosa, (rispettivamente: un accademico candidato alle europee nelle file dei comunisti italiani, un filosofo entrato all’università nonostante avesse copiato clamorosamente i suoi lavori da altri,vedere per credere, e un  critico letterario comunista impenitente), la sinistra italiana si è resa protagonista dell’ennesima infelice uscita, collezionando l’ennesima figuraccia. Così, Canfora vorrebbe spiegarci l’ «iniquità del principio maggioritario», non sulla base di argomentazioni politiche e tecnico-giuridiche, bensì affidandosi all’ “Aiace” di Sofocle, per dire che gli Achei si resero protagonisti di una profonda ingiustizia, allorché diedero le armi di Achille ad Ulisse.  Evito, per non infierire sull’avversario, di sottolineare il fatto che, se così non fosse stato, gli Achei avrebbero perso probabilmente la guerra, giacché in quanto a forza i Troiani erano probabilmente superiori.  Galimberti ovviamente gli fa  “Eco”, (permettetemi il gioco di parole, utilizzato per scomodare un altro presunto intellettuale di sinistra, Umberto Eco, che, tempo fa, sperava in«qualche morte illustre»tra i suoi avversari) . Ma il meglio di sé l’ha dato Alberto Asor Rosa dalle pagine de “il Manifesto”.  Consiglio la lettura di quel delirante articolo sulla pagina internet del giornale comunista. Vi posso anticipare che il messaggio in soldoni è questo: siccome chi comanda ora non è di sinistra, questa non è una democrazia e il metodo migliore per restaurarla, (cioè di imporre un governo di sinistra, perché questo significa democrazia per certa gente), è organizzare un colpo di stato, avvalendosi dell’esercito. Praticamente per riportare la democrazia, (ripeto: quella che piace a lui, non certo un modello perfetto!), bisogna cedere al suo contrario. Una sorta di cura omeopatica, prescritta da un medico improvvisato che fa l’esatto contrario di ciò che predica agli altri da decenni. Insomma, per farla breve,i  lor signori  vogliono sovvertire l'ordine che essi stessi reclamano di aver imposto. Roba da matti!
Direi che queste parole danno bene il senso dell’abisso in cui sprofonda la sinistra e, in generale, questo paese, (minuscola voluta). Si spendono fiumi di parole per tessere le lodi del sistema democratico, attaccando duramente chi lo critica con solide argomentazioni; poi però si è disposti a darlo in pasto alle fiamme del più bieco totalitarismo stalinista.
Ma c’è di più: malgrado le difese a spada tratta della costituzione, nonostante i sermoni spesi in favore della democrazia, unica forma di stato possibile, e a dispetto delle dichiarazioni che incitano a tagliare i ponti col passato, la sinistra italiana dimostra di essere ancora una convinta sostenitrice delle teorie marxiste. Il centro-destra non si combatte alle urne, non si contrasta proponendo un’opposizione seria che, per essere tale, deve spazzar via gli scarti del comunismo italiano; no, gli sconfitti del pensiero devono essere portati per forza alla ribalta,magari rispolverando il fazzoletto rosso ed il fucile paracadutato dagli alleati, proprio perché ultimi custodi del fuoco sacro della verità rivelata dal pensatore di Treviri. Ecco chi sono i veri nostalgici in Italia: proprio coloro che usano questa parola per fare un’accusa di razzismo, negazionismo e altre amenità simili all’avversario politico il quale, magari, si batte semplicemente per riportare alla luce una verità storica.
Il traballante edificio post-comunista, descritto sino ad ora, rischia definitivamente di crollare se si considera che quello ora in discussione, è il pensiero che dovrebbe costituire la pietra miliare della sinistra italiana. Ci rendiamo conto?
Ancora: i nuovi “kompagni”, che da tempo hanno preso ad atteggiarsi a soli ed unici paladini della legge, si rendono conto della rilevanza penale delle parole del loro dante causa Asor Rosa? Fino a prova contraria, infatti, ciò che è uscito dalla penna del sedicente intellettuale costituisce una forma di istigazione all’associazione sovversiva e all’eversione dell’ordine democratico: artt. 270 e 270-bis del codice penale. Ironia della sorte: un comunista che finisce sotto la scure che ha spesso usato contro i fascisti, vecchi e nuovi.  Altro che legge del contrappasso!
Un ultimo aspetto è molto preoccupante e, paradossalmente, (ma tutta la situazione evocata dalle pagine de “il Manifesto” è paradossale), sembra dare ragione proprio al vituperato Berlusconi: la sinistra strizza l’occhio alla magistratura, la quale sembra cedere di buon grado alle sue lusinghe. La riprova di questo teorema sta nel fatto che Asor Rosa invoca proprio i pieni poteri in capo ai giudici, altro ingranaggio fondamentale del suo piano per la “sovietizzazione” del Paese, proprio come nella Russia comunista. C’è da dire che la lezione marxista, anzi stalinista, l’ha imparata proprio bene, complimenti!
Insomma, come ho già avuto modo di dire, la situazione è a dir poco tragicomica. Continua ciò che ho definito il “tragico carnevale”, il triste e rozzo “teatro dell’assurdo”, ovvero questo disgustoso gioco a parti invertite, in cui la contraddizione e il trasformismo sono la regola, e la coerenza, l’onore e la fedeltà merce in via di estinzione; un gioco in cui la democrazia è solo il paravento di gente che di giorno se ne proclama convinta sostenitrice e di notte lavora a piani sovversivi nei suoi eleganti salotti, frequentati dalla crema della società ,(anche se mi verrebbe da nominare un’altra sostanza dalla consistenza simile, sebbene di colore e,soprattutto, aroma ben diverso); un gioco pagato con i soldi, con il sangue e con l’onore degli italiani onesti che il sig. Asor Rosa,in maniera neanche tanto implicita, considera idioti e lobotomizzati, dato che li esclude dal suo piano.
Come si faccia a tollerare ancora certi soggetti e a permettergli di aprir bocca, Dio solo lo sa. Mi stupisco sempre più della pazienza degli italiani e mi chiedo fino a quando saranno disposti a voler prendere lezioni da chi non ha né il titolo né i mezzi per farlo. A questo punto, dato che hanno fatto ampiamente intendere di voler riportare l’orologio all’ora di Mosca, ritorno per ritorno, propongo di girare le lancette del nostro orologio indietro, per cambiare giorno, mese e anno, fino ad arrivare a quegli anni ’20, ove questi sobillatori e cospiratori venivano trattatati come meritavano: col manganello e con l’olio di ricino. Data la loro ignoranza e sudditanza ideologica,infatti,  è il solo linguaggio che possono comprendere e l’unico confronto di cui sono degni.
Infine, per onestà intellettuale e per coerenza, debbo ammettere che su una cosa mi posso trovar d’accordo: che l’architettura istituzionale, così come disegnata in costituzione, è  giunta ormai al collasso. Era solo questione di tempo, visto e considerato come è nata. L’antifascismo è una base fragile e deve sostenere l’enorme peso di istituzioni inutili e privilegiate, (ad esempio il presidente della repubblica e il parlamento). Non poteva davvero essere altrimenti.
Ecco quindi che concordo sul fatto che l’intero edificio debba essere abbattuto, giacché una semplice restaurazione è impossibile, per essere ricostruito dalle fondamenta, le quali non possono essere però rappresentate dai residui del comunismo: quest’ultimo si è già sgretolato negli anni, pur avendo vinto la guerra. E quali sono le fondamenta che propongo lo sapete già: lo scrivo praticamente in ogni singolo intervento su questo blog.

Roberto Marzola.

venerdì 15 aprile 2011

I LIBRI DI TESTO IN ITALIA

Traggo da "il Giornale", (http://www.ilgiornale.it/cultura/ecco_cosa_si_studia_generazioni_nostro_novecento/15-04-2011/articolo-id=517445-page=0-comments=1), un breve ma assai significativo articolo sulla situazione dei libri di testo nelle scuole italiane. Dalla proposta, avanzata dalla Carlucci, (PDL), di istituire una commissione parlamentare per contrastare la politicizzazione dei libri adottati nelle scuole, è nato il solito vespaio di polemiche.  Finalmente si sono accorti che la scuola italiana opera un sistematico lavaggio del cervello; allora, chi da decenni di questo indottrinamento ha fatto la sua principale fortuna politica, alza le barricate e grida allo scandalo. Solito giochetto di una sinistra che, pur avendo fallito dovunque era possibile fallire, si ostina a reclamare un ruolo da protagonista. Tornerò ad occuparmi dell'argomento.

Buona lettura.


Ecco cosa si studia da generazioni sul nostro Novecento

GLI STATISTI COMUNISTI
...E QUELLI CATTOLICI
Nel manuale La storia di Della Peruta-Chittolini-Capra (Le Monnier), ancora oggi si descrivono così tre personaggi storici: Palmiro Togliatti, «un uomo politico intelligente, duttile e capace di ampie visioni generali»; Enrico Berlinguer, «un uomo di profonda onestà morale e intellettuale, misurato e alieno alla retorica»; Alcide De Gasperi «uno statista formatosi nel clima della tradizione politica cattolica».

I GULAG? UN EFFETTO COLLATERALE
DI UN IDEALE SACROSANTO
In Elementi di storia di Camera-Fabietti (Zanichelli) si continua a leggere «l’ignominia dei gulag sovietici non è dipesa da questo sacrosanto ideale (il comunismo), ma dal tentativo utopico di tradurlo immediatamente in atto o peggio dalla conversione di Stalin al tradizionale imperialismo».

LE FOIBE? CONSEGUENZA
DI UNO SFOGO D’IRA POPOLARE
Lo stesso manuale Camera-Fabietti, ancora nella IV edizione, a proposito delle foibe porta scritto: «L’8 settembre 1943, nel vuoto di potere determinato dallo sfacelo dello Stato Italiano, furono uccise, soprattutto in Istria 500/700 persone. Per quanto gravi, quei fatti non corrispondevano però a un disegno politico preordinato: essi furono piuttosto la conseguenza di uno sfogo dell’ira popolare sloveno-croata contro gli italo-fascisti, paragonabile alla strage di fascisti perpetrata nel Nord Italia dopo il 25 aprile, nella quale certo non intervennero motivazioni etniche di nessun genere».

STALIN HA PERSEGUITATO SOLO ETNIE
MINORITARIE E ISOLATE
Dal Manuale di storia, “L’età contemporanea” (vol. 3) di Giardina, Sabbatucci e Vidotto: «La politica staliniana in tema di nazionalità non fu solo di carattere repressivo. Bisogna tener conto che, nella lista dei popoli perseguitati dal regime compaiono solo etnie nettamente minoritarie, spesso isolate nella loro zona di insediamento».

LE BR NON ERANO COMUNISTE,
SOLO SI «PROCLAMAVANO» TALI
Sul manuale Popoli e civiltà 3 di Antonio Brancati, in una nuova edizione per La Nuova Italia ancora di recente si spiegava che: «Una lunga serie di attentati, di stragi e di violenze compiute dai terroristi delle organizzazioni neofasciste e neonaziste (Avanguardia Nazionale, Ordine Nuovo, Ordine Nero) avrebbe insanguinato le città italiane, intrecciandosi a manovre preparatorie golpiste. Nel corso degli anni settanta l’attacco allo Stato fu però sferrato anche da un estremismo di segno opposto. Al terrorismo nero, già operante, si aggiunse il terrorismo praticato da organizzazioni clandestine che si proclamavano “comuniste” Nuclei Armati Proletari, Prima Linea e soprattutto Brigate Rosse)».

giovedì 14 aprile 2011

ATTENTI AI DEMOCRATICI: ECCO QUANTI NE HANNO AMMAZZATI I PROGRESSISTI

Un soldato americano,alla fine della II Guerra Mondiale, usa il
DDT su una ragazza francese.
Oggi voglio dare un consiglio di lettura. Il libro è uscito un paio di mesi fa. Sto aspettando di vedere se esce in italiano; altrimenti mi toccherà tentare l'impresa magna di leggerlo in lingua originale, (inglese).
Ad ogni modo, da quanto ho potuto leggere mi pare una riflessione critica, molto critica, sul mondo in cui viviamo. Un mondo che miete migliaia di vittime, fisiologicamente, nel suo continuo ripetersi della quotidianità, senza nemmeno essere in guerra. Viene prospettato il lato oscuro della democrazia e del progresso: una faccia della medaglia su cui mai ci siamo interrogati; né lo faremmo mai, probabilmente, se non fosse per opere come questa.
Un libro che è una conferma per chi è da sempre convinto della necessità che l'umanità volti radicalmente pagina; una vera e propria sfida, invece, per chi si ostina a  spacciare questo mondo come l'unico ed il migliore possibile...

Vi lascio con l'intervista all'autore fatta da Marco Respinti. L'originale lo travate su :

http://marcorespinti.wordpress.com/2011/01/22/attenti-ai-buoni/

ATTENTI AI BUONI. ECCO QUANTI NE HANNO FATTI FUORI I PROGRESSISTI


Aborto, eutanasia, pauperismo, ecologismo esasperato: lo storico militare R.J. Dunn ha compilato il “libro nero” delle politiche liberal. Che hanno provocato milioni di morti. Il testo completo e originale della mia recensione comparsa oggi , (22/01/2011, ndr) su Libero quotidiano con il medesimo titolo.



Il progressismo uccide. Milioni di persone. Lo dice R.J. Dunn, storico militare, romanziere e saggista, in Death by Liberalism: The Fatal Outcome of Well-Meaning Liberal Policies. Ovvero 320 pagine di pugni tirati nello stomaco delle anime belle, che HarperCollins manda in libreria oggi. Ma quando per disincantare da facili illusioni ci vuole, ci vuole.
Dunn, già autore di tre romanzi (This Side of Judgment, 1995, Days of Cain, 1997, e Full Tide of Night, 1998), co-curatore, dal 1992, di The International Military Encyclopedia(Academic International Press, Gulf Breeze, Florida) e opinionista del periodico conservatore online American Thinker, non ha dubbi. Possibile, Mr. Dunn? «Possibile sì. Nell’ultimo cinquantennio le vittime dei liberal sono state mezzo milione solo negli Stati Uniti, ma milioni nel resto del mondo. Le cause sono molte, il filo rosso unico è il fallimento delle politiche stataliste. Dal 1990 più di 150 americani sono stati ammazzati nelle aree del Paese dove dal 1991 lo Stato vieta ai cittadini il libero porto delle armi. 96mila uomini sono morti di cancro alla prostata prima che la Food and Drug Administration desse il via libera al Provenge, farmaco portentoso. Poi ci sono gli azzannati, bimbi ejogger, da lupi, coyote, puma e orsi reintrodotti da noi in grande quantità in nome dell’“ecologicamente corretto”. E uccide pure il criterio di consumo di carburante imposto a livello federale ad autoveicoli e autotrasporti leggeri in base al Corporate Average Fuel Economy (CAFE).
Come, come?… Varato nel 1975 dal Congresso per fronteggiare al crisi petrolifera, il CAFE stabilisce che auto e camion debbono rientrare in certi parametri di consumo. Le case produttrici s’impegnano così a garantire che i propri veicoli facciano un tot di miglia per gallone per consumare meno e l’obiettivo viene raggiunto costruendo veicoli leggeri, troppo: si sfasciano infatti facilmente. Agli standard CAFE si debbono ben 124mila morti sulle carreggiabili. Nel 1999 il quotidiano USA Today ha documentato 7.700 morti per ogni miglio per gallone di benzina. Ne muoiono così 1000 l’anno. E il presidente Barack Hussein Obama ha appena autorizzato un ulteriore giro…
I soliti Democratici, insomma… Guardi, la legge che istituì il CAFE fu firmata dal presidente Repubblicano Gerald Ford e qualche anno fa è stata rafforzata da George W. Bush jr. La legge che ha bandito il DDT fu voluta da un burocrate Repubblicano William D. Ruckelshaus. Lo statalismo uccide in modo bipartisan.
Il DDT? Non le pare di esagerare? Anni fa gli ambientalisti riuscirono a far bandire il DDT: risultato, circa 50 milioni di morti per malaria che si sarebbero potuti prevenire eliminando gl’insetti agenti del contagio. Aggiunga gli aborti, più un milione l’anno negli USA, causati dalla “pietra miliare” del progressismo e vedrà se esagero. Pensi che negli ultimi 3 anni 55 bambini sono morti in conseguenza di abusi e incurie subiti mentre erano sotto la diretta responsabilità della contea di Los Angeles. E i liberal, ampiamente finanziati da George Soros, spingono per legalizzare l’eutanasia. Le mie fonti sono le statistiche dei Dipartimenti della Giustizia, degl’Interni e dei Trasporti, quindi la Harvard University School of Health e la Brookings Institution. No, non esagero affatto. C’entrano pure criminali e homeless
Non vorrà dire che i delinquenti sono colpa dei liberal e i “barboni” dei farabutti?… La “rivoluzione proceduristica” del nostro diritto criminale ha fatto sì che i malviventi, in nome di un errato concetto di garantismo, godano di grandi strumenti di difesa rispetto a poliziotti e vittime, e questo si è tradotto in una sorta di cultura dell’impunità che insanguina le strade. 268mila morti, dagli anni 1960 in qua. Quanto al fenomeno oramai enorme degli homeless, è dovuto a tre fattori: il disfacimento delle città americane in nome del “rinnovamento” che dagli anni 1950 ha distrutto centinaia di unità abitative alla portata economica di tutti, l’inflazione delle proprietà immobiliari iniziata negli anni 1970 che ha reso la casa una cosa da “ricchi” e la deospedalizzazione di troppi malati di mente praticata, sempre dagli anni 1950, in nome di un “politicamente corretto” assurdo che affida tutto alla neuroscienza e nulla alla cultura della responsabilità personale. E così, certamente gli homeless sono delle vittime e non dei criminali, ma fra loro, per le strade, si confondono anche sballati pericolosissimi.
Per associazione d’idee, mi viene in mente Jared Laughner… Proprio. Ma mi lasci aggiungere che la reazione liberal alla strage di Tucson è stata una disgrazia. Tutti partiti politici fanno a gara a chi la dice più grossa per attizzare le folle. Ma esistono limiti ben compresi da tutti. Ora i Democratici liberal sono andati oltre. Tucson è solo l’esempio più recente di una strumentalizzazione abietta per scopi politici.
Un tentativo di delegittimare il voto democratico uscito dalle urne il 2 novembre? Certo. Una risposta sgangherata al trionfo dei “Tea Party”. I Democratici liberal stanno perdendo il controllo. La settimana scorsa, Sarah Palin ha ricevuto un numero “incredibile” (cito fonti della sua segreteria) di minacce di morte. Sono molto preoccupato per possibili assalti all’ex governatore dell’Alaska o a qualche altro leader conservatore.
Cose americane. Lo è anche il “democidio” progressista? Nel 2003 l’ondata di caldo anomalo uccise 15mila persone in Francia. Perché? Perché le strutture sanitarie, pure di emergenza, stavano in stand-by per decisione statale. Le morti sono arrivate prima. Il sistema sanitario nazionale di Gran Bretagna, Australia e Canada è paralizzato allo stesso modo da tempo, una catastrofe. In Africa, Paesi come Kenya e Tanzania soffrono di simili mortalità democide e i loro capi politici affermano di avere imparato a rispondere a tutto solo con il centralismo statalistico frequentando le università occidentali negli anni 1940 e 1950.
Ma la Sanità, la Sanità per tutti.. Le 2.400 pagine del Patient Protection and Affordable Care Act, cioè l’“Obamacare”, mirano a un sistema nazionalizzato sul modello britannico. Solo che il nostro Dipartimento della Salute è in crisi da decenni. Crisi economica. Chi paga? Facile dire “Sanità per tutti” (ammesso lo si dica) lasciando ad altri, dopo, la patata bollente dei costi astronomici. Che peraltro inducono tagli, riduzioni, scelte. Ci si rimettono insomma sempre vite. Studi recenti dicono che circa 95mila cittadini britannici muoiono ogni anno per cause accidentali mente li sta curando il sistema sanitario nazionale. In proporzioni americane significherebbe 450mila vittime ogni anno.
Mi spieghi bene, però. Il suo libro s’intitola Death by Lìberalism”, letteralmente “Morte per colpa del liberalismo”. Mi vien in mente un altro libro, che lei conoscerà bene, scritto da un suo “compagno” di conservatorismo, l’opinionista di National Review Jonah J. Goldberg, autore di Liberal Fascim: The Secret History of the American Left, From Mussolini to the Politics of Meaning(Doubleday, New York 2008). C’è un modo tutto americano di dire “liberalismo”… Voglio essere chiaro. La maggior parte dei morti fatti dal progressismo sono dovuti a buone intenzioni finite male. Ciò detto, il liberalism è una “cultura di morte”. Quel che da noi chiamiamo così è il contrario stesso della libertà. È il pensiero di sinistra. Ed è il prodotto della “lunga marcia dentro le istituzioni” con cui la Nuova Sinistra si è infiltrata nel mondo accademico, nella burocrazia e dentro il Partito Democratico fino a prenderne pieno possesso.
Lei però parla di fatto si statalismo, e ricorda d’appresso le tesi di Rudolph J. Rummel, oggi professore emerito di Scienze politiche all’Università delle Hawaii di Honolulu, autore del documentatissimo Stati assassini. La violenza omicida dei governi (trad. it a cura di Stefano Magni, Rubbettino, Soveria Mannelli [Catanzaro] 2005). Perché tirare in ballo il progressismo? Lo statalismo è lo strumento pratico dell’ideologismo progressista. Rummel è delle una fonti maggiori del mio Death by Liberalism. I dati che fornisce sono la notizia maggiore nella Scienza politica degli ultimi anni, spesso però tristemente trascurati. Egli dimostra che la minaccia più grande contro la vita umana nei tempi moderni non sono le malattie, la fame, l’inquinamento o persino la guerra, ma le azioni degli Stati che si fanno canaglia. Per sostanziale mancanza di democrazia vera. È qui che il mio Death by Liberalism entra in gioco, espandendo le valutazioni di Rummel: man mano che perde in democrazia, più il progressismo diventa letale.