BENVENUTI, CHIUNQUE VOI SIATE

Se siete fautori del "politcally correct", se siete convinti che il mondo è davvero quello che vi hanno raccontato, se pensate di avere tutta la verità in tasca, se siete soliti riempirvi la bocca di concetti e categorie "democraticizzanti", sappiate che questo non è luogo adatto a Voi.

Se, invece, siete giunti alla conclusione che questo mondo infame vi prende in giro giorno dopo giorno, se avete finalmente capito che vi hanno riempito la testa di menzogne sin dalla più tenera età, se avete realizzato che il mondo, così come è, è destinato ad un lungo e triste declino, se siete convinti che è giunta l'ora di girare radicalmente pagina , allora siete nel posto giusto.
Troverete documenti,scritti, filmati, foto e quant'altro possa sostenervi in questa santa lotta contro tutti e tutto. Avrete anche la possibilità di scrivere i Vostri commenti, le Vostre impressioni, le Vostre Paure e le Vostre speranze.

Svegliamoci dal torpore perché possa venire una nuova alba, una nuova era!


sabato 24 settembre 2011

QUESTA "RESISTENZA"

Vi propongo un altro articolo dell'ottimo Filippo Giannini che, ancora una volta, cambia i connotati alla Resistenza. Non con i pugni o con le percosse, certo, bensì con la penna; ma la forza è la stessa e l'effetto devastante. Attendo solo il momento in cui queste cose cominceranno ad essere insegnate nelle scuole, quando cioè l'ideologia militante lascerà il posto alla vera storia. Sarebbe davvero un giorno nuovo per questa martoriata Italia.

Roberto Marzola.


ANCHE IN QUESTO CASO, CHI PUO’ MI SMENTISCA
ALLORA, COSA E’ STATA QUESTA RESISTENZA?
di Filippo Giannini
   Nel verbale della Guardia Nazionale Repubblicana (Archivio Centrale dello Stato, Fondo Gnr, c. 36, f.VII, sf.8. si legge: <Oggetto: Attentato terroristico. Milano, lì 8/8/1944. Ore 8,15 di oggi in Viale Abruzzi all’altezza dello stabile segnato con il N° 77 scoppiavano due ordigni applicati ad opera d’ignoti all’autocarro germanico con rimorchio targa W.M. 111092 lì sostante dalle ore 3 di stamane e affidato all’autiere caporal Maggiore Kuhn Heinz, che dormiva nella cabina di guida>.   Nessuno ha rivendicato quell’attentato, nessuno ha indicato l’autore, nessuno ha saputo spiegare le motivazioni. Rimane il fatto condannabile in quanto diretto contro la popolazione civile, persone che erano attorno all’autocarro tedesco carico di bidoni di latte, distribuito gratuitamente. È una storia che merita di essere raccontata. Il fatto è avvenuto a Milano, ma poteva accadere in qualsiasi altra città del Centro-Nord.
Principalmente dopo le sconfitte dell’Asse in Russia e in Africa del nord, i capi Alleati imposero l’ordine indicato come Moral Bomber, accompagnato da questo incitamento di Winston Churchill: <Mi sembra che il momento sia venuto: bombardare le città dell’Asse così da incrementare il terrore, in modo che altre ribellioni possano verificarsi (…)>. Di conseguenza gli aerei alleati, ormai padroni degli spazi aerei, possono sciamare indisturbati, mitragliando qualunque cosi si muova, perfino il singolo ciclista. L’afflusso di viveri dalla campagna si riduce quasi a zero e nelle città si muore letteralmente di fame. E, di conseguenza, la crisi colpisce soprattutto i bambini e, particolarmente i neonati; le loro madri hanno poco latte. Spinto da impulso personale, un anziano sottufficiale della Wehrmacht, quando può, si muove con un piccolo camion fa il giro delle campagne a procurare del latte e, tornato in città, parcheggia il mezzo sempre nella stessa località, a Viale Abruzzi il sottufficiale tedesco provvede alla distribuzione del prezioso alimento. Alle nove una mano misteriosa depone sul sedile dell’automezzo una bomba. Riportiamo quanto ha scritto lo storico Franco Bandini su Il Giornale del 1 settembre 1996: <Nell’esplosione e poche ore dopo muoiono sei bimbi, una donna che non sarà mai identificata e due giovani padri. Tra i 13 feriti gravi altri sei tra  bambini, madri e padri, spireranno il giorno dopo, portando il bilancio finale a 15 morti, sette feriti gravi e qualche decina di leggeri. L’unico che se la cava è il sottufficiale tedesco, per cui la strage rimane “affare italiano”>. “Affare italiano”, ma non tutti sono d’accordo. Questo di Viale Abruzzi non è che uno dei tanti attentati e ciò rende il comando germanico furioso. Uno degli addetti al comando era il capitano Theodor Saevecke che ordina una rappresaglia nella misura di uno per uno. A questa si oppongono il cardinale Schuster, il prefetto Pietro Barini che si dimette. Mussolini invia una protesta all’ambasciatore tedesco presso la Rsi, Rudolf Rahn, accompagnandola con queste parole: <(questi metodi) sono contrari ai sentimenti degli italiani e ne offendono la naturale mitezza>. Niente da fare! Theodor Saevecke pretende la rappresaglia e compilò lui stesso la lista, come testimoniato da Elena Morgante, impiegata nell’ufficio delle SS, cui fu ordinato di battere a macchina i nomi dei 15 ostaggi, imprigionati nelle carceri di Milano. Ecco i nomi: Gian Antonio Bravin (28 febbraio 1908), partigiano del varesotto e capo del III gruppo GAP (Gruppo Azione Partigiana); Giulio Casiraghi (17 ottobre 1899) incaricato ai rifornimenti di armi alle formazioni partigiane; Renzo del Riccio (11 settembre 1923) partigiano delle formazioni Matteotti operante nel comasco; Andrea Esposito (26 ottobre 1898) partigiano della 113° brigata Garibaldi; Domenico Fiorani (24 gennaio 1913) appartenente alle brigate Matteotti; Tullio Galimberti (31 agosto 1922) membro della 3° brigata d’assalto Garibaldi GAP; Emilio Mastrodomenico (30 novembre 1922) capo dei GAP; Angelo Poletti (20 giugno 1912) partigiano in Val d’Ossola, appartenente alla 45° brigata Matteotti; Salvatore Principato (29 aprile 1892) membro della 33° brigata Matteotti; Andrea Ragni (5 ottobre 1921) partigiano formazione Garibaldi, Eraldo Soncini (4 aprile 1901) appartenente alla 107° brigata Garibaldi; Libero Temolo (31 ottobre 1906 partigiano delle SAP: Vitale Vertemati (26 marzo 1918) partigiano della Garibaldi GAP; Umberto Fogagnolo (2 ottobre 1911) rappresentante del Partito d’Azione; Vittorio Gasparini (30 luglio 1913) incaricato della trasmissione radio messaggi clandestini. Come si vede dall’elenco 13 erano partigiani riconosciuti e i due ultimi dell’elenco, anche se coinvolti nella Resistenza, non risultano partigiani. Così il 10 agosto successivo i quindici ostaggi vennero fucilati dai militi della legione Ettore Muti, eseguendo l’ordine di Saevecke il quale, affidando la fucilazione ad una formazione italiana intendeva rimarcare che era un affare italiano, ignorando le proteste di Mussolini, di Schuster e del prefetto italiano. Ma la spirale della pazzia continua con l’ordine dato dal CLNAI alle formazioni partigiane di montagna di procedere, quale rappresaglia alla rappresaglia, alla fucilazione di 30 militi della Rsi e di 15 tedeschi prigionieri, appunto, dei partigiani.
Quale era la figura e la legittimità del partigiano?
Da Diritto Istituzionale, pagg. 583-584: <Sulla base delle Convenzioni dell’Aja del 1899 e del 1907 e in particolare della III Convenzione di Ginevra del 1949, si possono classificare quattro categorie di legittimi combattenti (…). I militari delle Forze armate regolari di uno Stato belligerante, purché 1) indossino una uniforme conosciuta dal nemico; 2) portino apertamente le armi; 3) dipendano da ufficiali responsabili; 4) dimostrino di rispettare le leggi e gli usi di guerra>. È facile dimostrare che il partigiano non rispettava alcuna di queste norme imposte dalle Convenzioni Internazionali del tempo; quindi il partigiano era un illegittimo combattente.
Cosa prevedeva il Diritto Internazionale per l’illegittimo combattente? Pag. 584, art. 4: <Gli “illegittimi combattenti” vengono dovunque perseguiti con pene severissime e sono generalmente sottoposti alla pena capitale. Nella guerra terrestre i franchi tiratori che operano nelle retrovie nemiche, infiltrandosi alla spicciolata sotto mentite spoglie, vengono passati per le armi in caso di cattura; lo stesso dicasi per i sabotatori>.
A convalidare quanto disposto dal Diritto Internazionale, c’è una sentenza del 26/4/1954, quindi ampiamente dopo la fine delle ostilità, emessa dal TRIBUNALE MILITARE, sentenza che mandò in bestia i più alti esponenti dell’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani Italiani), essa attesta: <(…). Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 la sovranità di fatto, o meglio l’autorità del potere fu, nella parte dell’Italia ove risiedeva il Governo legittimo, esercitata dalle Potenze alleate occupanti. Non poteva essere altrimenti, dal momento che, durante il regime di armistizio, permaneva lo stato di guerra e l’occupante era sempre giuridicamente “il nemico” (per chiarezza: per “nemico” si intendono gli “angloamericani”, nda). Basti considerare che tutte le leggi e tutti i decreti ricevevano piena forza ed effetto di legge a seguito di ordini degli Alleati. Pertanto il Governo del Re era un Governo che esercitava il suo potere “sub-condicione”, nei limiti assegnati dal comando degli eserciti nemici (…). Indubbiamente pressoché immutato era rimasto l’ordinamento giuridico esistente nella Repubblica Sociale Italiana; gli stessi codici, le stesse leggi venivano applicati dagli organi del potere esecutivo della Magistratura (…). Tale formale preclusione non esisteva per la Repubblica Sociale Italiana che emanava le sue leggi e i suoi decreti senza l’autorizzazione dell’alleato tedesco>. E cosa prevedeva la suddetta sentenza al riguardo delle forze della Rsi e dei partigiani? Essa attestava: <Si dimentica che anche le Forze Armate alle dipendenze di Mussolini e di Rodolfo Graziani occupavano il territorio suddetto. Che l’Ordinanza Kesserling, in data 11 settembre 1943, che assoggettava il territorio italiano alle leggi tedesche, cessò di avere efficacia proprio con il 23 settembre 1943, quando, se pur non ancora proclamata la Repubblica Sociale Italiana (che nacque il 25 novembre 1943), esisteva già il così detto Stato Fascista Repubblicano>. E di seguito: <Pertanto deve concludersi che i partigiani, equiparati ai militari, ma non assoggettati alla legge penale militare, per lo espresso disposto dell’articolo 1 del decreto legge 6 settembre 1946 n° 93, non possono essere considerati belligeranti, non ricorrendo nei loro confronti le condizioni che le norme del diritto internazionale cumulativamnente richiedono>.
…e le rappresaglie? Sempre dal Diritto Internazionale, pag. 792, art. 2) <(…). La rappresaglia si qualifica innanzitutto come “atto legittimo” (…). La rappresaglia, condotta obiettivamente illecita, diventa, per le particolari circostanze in cui viene attuata, condotta lecita (…)>.
Prima considerazione – che ritengo assolutamente superflua – il partigiano era un illegittimo combattente, ma la sua azione poteva condurre alla rappresaglia, di contro il combattente della Repubblica Sociale Italiana era un legittimo combattente in quanto, al contrario del partigiano, rispondeva, per essere tale, a tutte le condizioni sopra riportate. Ma le situazioni che producevano la lotta clandestina hanno condotto a situazioni ancora più gravi, situazioni che sono molto, ma molto poco note al grande pubblico. Infatti: quali erano le finalità della lotta clandestina o partigiana, comunque la vogliamo chiamare?
Diamo ora uno sguardo come i partigiani (specialmente quelli comunisti che erano la stragrande maggioranza) seppero approfittare e sfruttare l’ignobile diritto della rappresaglia. Il democristiano Zaccagnini lasciò scritto: <La rappresaglia che veniva compiuta era un mezzo per suscitare maggiore spirito di rivolta antinazista e antifascista>. E ancora più specificamente l’ex fascistissimo,  poi super antifascista e capo partigiano Giorgio Bocca, ci spiega il perché degli attentati: <Il terrorismo ribelle non è fatto per prevenire quello dell’occupante, ma per provocarlo, per inasprirlo. Esso è autolesionismo premeditato: cerca le ferite, le punizioni, le rappresaglie per coinvolgere gli incerti, per scavare il fosso dell’odio. È una pedagogia impietosa, una lezione feroce>. Cos’altro c’è da aggiungere? Vi ricordate le lacrimucce che versavano i vari esponenti delle formazioni partigiane quando andavano a commemorare le stragi nazifasciste alle Cave Ardeatine, a Marzabotto, a Piazzale Loreto o ovunque fossero avvenute queste orribili mattanze? Quei martiri (reali) furono uccisi per volontà dei capi del CLN e cito alcuni nomi dei responsabili di queste vigliaccate: Sandro Pertini, Luigi Longo, Palmiro Togliatti e tanti altri. Questi signori cercarono, pretesero e ottennero le rappresaglie così da far dei tanti innocenti assassinati, le finalità per le loro mire politiche. Questo spiega il perché tanti autori di attentati non si presentarono per salvare la vita di innocenti ostaggi: non fu per vigliaccheria, come molti li accusarono, ma semplicemente perché se lo avessero fatto, l’agognata rappresaglia non si sarebbe verificata.
Per completare la conoscenza del partigiano, esaminiamo anche il loro stile di lotta. Dal libro 7° GAP di Mario De Micheli – Edizioni Cultura Sociale, Roma 1954: <I Gap (Gruppi d’Azione Patriottica) dovevano essere gli arditi della guerra di liberazione, soldati senza divisa (…). Essi dovevano combattere in mezzo all’avversario, mescolandosi ad esso, conoscerne le abitudini e colpirlo quando meno se lo aspettava (…). I complici del fascismo e del tedesco non avrebbero più dovuto trascorrere i loro giorni indisturbati in quiete e tranquillità; avrebbero, invece dovuto vivere d’ansia, guardandosi continuamente attorno, trasalendo se qualcuno camminava alle loro spalle. Portare la morte a casa del nemico era insomma la direttiva con cui sorgevano i Gap (…)>. Dopo questo saggio di lealtà, di coraggio e di eroismo, leggiamo uno stralcio di cosa ha scritto Beppe Fenoglio, Il partigiano Johnny: <Alle spalle, beninteso, perché non si deve affrontare il fascista a viso aperto: egli non lo merita, egli deve essere attaccato con le medesime precauzioni con le quali un uomo deve procedere con un animale>.
C’è altro da aggiungere? Allora festeggiamo la Resistenza così come ci è stata tramandata.

P.S. All’inizio ho ricordato la Signora Elena Morgante, segretaria del capitano delle SS Theodor Saevecke, ebbene un amico lettore mi ha pregato di chiedere notizie della suindicata Signora. Se qualche lettore ha avuto modo di conoscerla, è pregato di comunicarmelo così che passerò notizie all’interessato. Grazie.

martedì 20 settembre 2011

STATO PALESTINESE: SI FARA’ ?

Giorni ed ore concitate per lo scacchiere politico internazionale. Si prevedono momenti di grande tensione e dure battaglie, stavolta a colpi di diplomazia. Venerdì, quando da noi sarà l’ora di pranzo, Mahmoud Abbas, meglio conosciuto come Abu Mazen, si recherà all’Assemblea delle Nazioni Unite per chiedere l’agognato riconoscimento dello Stato Palestinese.
Potrebbe essere il punto di svolta di una questione dannatamente risalente: due Stati diversi, due legislazioni diverse, due popoli finalmente separati e padroni ciascuno del proprio destino, giacché non più costretti a coesistere per forza di cose. Basta attentati, basta missili sui civili, basta vittime innocenti. Insomma, basta spargimento di  sangue per le strade. Un duro colpo per Israele, che da quelle parti, grazie al protettorato USA e agli immensi capitali racimolati come tutti ben sappiamo, si è sempre comportato come padre e padrone in quella porzione di mondo, indebitamente occupata; una vera e propria affermazione per il popolo palestinese, di nuovo padrone in casa propria.
Potrebbe essere, però, anche un autentico disastro. Uno Stato non può nascere dall’oggi al domani. Servono soprattutto soldi per progettare, costruire e realizzare le strutture fondamentali di cui uno Stato ha assolutamente bisogno: dai ministeri alle scuole, dagli ospedali al sistema previdenziale e sociale. Soldi che certo non piovono dal cielo come la proverbiale manna, e che non sarebbe facile scucire nelle alte sfere. Bisognerebbe poi pensare all’assetto geopolitico, ovvero a quali territori si estenderebbe la giurisdizione palestinese, nonché a quali potrebbero essere le anime che comporrebbero il nascente Stato, per non ripetere mai più l’errore di creare pericolose alchimie etniche. Queste sono solo due delle macro-problematiche che si porrebbero all’attenzione dei protagonisti della politica mondiale. Ve ne sarebbero tantissime altre, non meno spinose, ma queste sono le più urgenti.

Certo è che le vite e le sofferenze di così tante persone varrebbero almeno la pena di rischiare; meriterebbero anche l’attenzione e l’impegno della comunità internazionale. Infatti, se ci pensiamo bene, per chi da decenni è abituato a vivere sotto il fuoco stellato, (cinque o sei punte, che differenza fa?), cosa vogliamo che importi almeno provare a ricostruire un futuro con le proprie mani? Possiamo davvero pensare che la penuria di liquidità ed infrastrutture sia più forte del desiderio di dare un futuro, (difficile sì, ma pur sempre futuro), ai propri figli e nipoti, per non vederli più morti per strada? Si può davvero ignorare l’aspirazione di un popolo ad affermarsi come Stato in territori che da sempre gli sono appartenuti?
Quanti e quanto grandi interrogativi solleva la questione! Interrogativi che non sfioreranno neppure le coscienze di chi a quella mozione dovrà dare una risposta. Statene pur certi: i signori dell’ONU faranno di tutto pur di stroncarla sul nascere. Il perché lo sappiamo tutti benissimo e ha a che fare con la struttura fondamentale del nuovo mondo che verrà. D’altronde, volete che il “popolo eletto da Dio” non trovi piena affermazione? Volete che un altro popolo, povero,stremato da fame, morte e terrore, possa interferire con i piani di conquista del mondo? Purtroppo non è così scontato che Davide vinca sempre su Golia. Provare, però, è pur sempre azione degna di lode e ammirazione. Magari tutto il mondo, la vecchia Europa in particolare, avesse ancora quello spirito ruggente e ardimentoso: ci sarebbe almeno una speranza. Onore a chi ha ancora voglia di combattere; onore a chi è ancora disposto ad immolarsi per un sogno patriottico. Che la fortuna vi assista!

Roberto Marzola.

sabato 17 settembre 2011

TESTAMENTO SPIRITUALE O PROGRAMMA DI LOTTA? LA PAROLA A RUTILIO SERMONTI

Questo testo è la fedele trascrizione del discorso rivolto da Rutlio Sermonti  ai camerati giunti a Colli del Tronto da tutta Italia per festeggiare il suo 90° compleanno. 

L'hanno chiamato "testamento spirituale". Non è il primo che scrive Sermonti, dato che ne aveva scritto un altro, avente la stessa forza ispiratrice. A mio avviso, riflette piuttosto un programma d'azione preciso, frutto di una mente che, malgrado la veneranda età, ha ben chiaro, oggi più che mai, ciò che vuole e cosa fare per ottenerlo. Un grande contributo ad una causa ormai risalente, ma ancora priva oggi di una visione comune e di unità d'intenti. Speriamo che sempre più persone inizino a comprendere il significato profondo di queste parole e a rimeditare le proprie posizioni, perché sarebbe davvero ora di cominciare a remare tutti verso la stessa direzione.

Roberto Marzola.
Colli del Tronto, 18 agosto 2011

Camerati,
mi è difficile esprimere appieno la gioia che voi mi avete dato con la vostra iniziativa e con la vostra accoglienza . Non tanto solo per il novantesimo compleanno. In fondo io ho fatto un giorno. Domani è un giorno dopo ieri, non è un anno dopo. E' solo una convenzione. Ma per il fatto che per farmi sentire, vedere, respirare il vostro affetto siete venuti da lontano, lui addirittura dall'estero (addita Alberto Mariantoni), e tutto per un povero vecchio combattente, qui, che non ha fatto che il suo dovere è una cosa che veramente mi commuove. Però la mia gioia è soprattutto perché la vostra iniziativa mi permette di esprimere occhi negli occhi alcuni concetti che penso che siano essenziali tanto che li potrei definire il mio testamento spirituale.
Mah! Testamento? Vedo qualcuno che accenna una protesta. Uno deve forse aspettare di essere rimbambito, per fare testamento, e spirituale per giunta ? che testamento sarebbe ? Di quale valore ? Spero proprio di fare a tempo a farlo in pieno possesso di tutte le mie facoltà.
Si tratta di un discorso molto semplice, che io non ho fatto che ripetere continuamente, eppure, sembra incredibile, nonostante la grande attenzione di cui tutti voi, delle più belle formazioni mi avete sempre onorato, nessuno l'ha preso sul serio.
C'è una differenza significativa tra quelli che a me sono più vicini e il sottoscritto, e questa differenza l'ha espressa in modo molto felice Nicola Cospito che nel fare una prefazione ad un mio libro... scrisse: "Rutilio Sermonti è uno che nel 1940, diciannovenne, mise un fiore nel moschetto e partì per la guerra contro le grandi plutodemocrazie, non è ancora tornato.".
Fu una definizione che piacque molto, perché io quella guerra mica l'ho finita. Io non ho chiesto la pace, non ho firmato armistizi. La guerra continua e la Repubblica Sociale Italiana mica è stata sciolta e per me l'unica Repubblica che legittimamente esiste è quella!...Questa qui non mi interessa. La repubblica dell'Alto Volta mi interressa di più di quella italiana di Napolitano & C.
Quindi la situazione è questa:
io sono in guerra, da allora e lo sono sempre stato! E l'unico merito che mi riconosco è di averlo fatto ininterrottamente senza titubanze, senza tante problematiche "ideologiche", facendo semplicemente il mio dovere come facevo da sergentino nel 1940.
Ma qual è la conseguenza? Tutto quello che ho io ho fatto è stato senz'armi e purtroppo armi non ne posso usare più. Posso usare solo, come si diceva una volta la penna, e adesso manco quella: il computer. Ma tutto quello che io ho fatto è stato lo stesso un atto di guerra.
Qual'è la caratteristica di un atto di guerra? Di non essere un'esibizione, un esercizio intellettuale, No! È un'azione compiuta a un determinato scopo, in quanto utile per quello scopo e concatenata con una serie di altre azioni in modo organico.
Un'azione una tantum non serve a un cavolo!
Va fatto questo, in modo continuo e sistematico, ed io ho inteso fare proprio quello.
Voi che avete seguito i miei libri, i miei articoli avete visto. Io non ho fatto molti discorsi teorici, ho fatto discorsi pratici. Faccio delle proposte. Sì c'è stato il momento delle testimonianze, il momento in cui era utile mettere su carta, fissare certi ricordi, perché la gente non se li scordasse, perché i giovani a cui non si insegnavano più avessero la possibilitàdi possederli .. almeno in una piccola parte ... ma questa è stata una prima fase che è durata poco. Poi abbiamo cominciato a combattere. Ora, purtroppo, fin da allora ci sono stati alcuni equivoci e devo dire che siamo colpevoli tutti. Questi equivoci si chiamano soprattutto Emme Esse I. E recano soprattutto la firma del mio amico (per me era un amico gli volevo pure bene, che quando è morto ci ho pure pianto): Giorgio Almirante.
Quanto ci ho litigato con Giorgio Almirante! Quanto l'ho insultato perché non capiva certe cose...
Noi non potevamo fare un partito come gli altri. Non l'ha capito, non hanno capito. Se c'è una cosa cretina era pensare che si potesse fare una guerra contro il sistema con un partito strutturato e organizzato come lo vuole il sistema (democratico)... Ma siamo proprio matti?!
Quindi quello che era necessario che ci voleva:
Un piano riservato che fosse ben più chiaro e solido dell'ufficialità del partito, guardare con sufficienza le solite scempiaggini: le elezioni.
Ma poi ci fosse un effettivo comando e invece non c'è stato mai.
E allora che cosa è successo? È successo che noi abbiamo fatto, colte, acute analisi, nutrite discussioni. Ci sono stati dei camerati veramente di notevolissima levatura intellettuale e culturale che hanno chiarito un sacco di punti... Perchè quello è una battaglia secondaria? Perchè nessuno si è posto la domanda "Che cosa possiamo fare oggi? Con i mezzi di oggi, nella situazione di oggi? Ma che abbia lo stesso scopo di quello che facevamo con le Parzer divisionen?
Era lo stesso, identico... Erano cambiati i mezzi, purtroppo perché era cambiata la situazione. Se voi ve lo ricordate uno dei principali insegnamenti del Duce era di fare sempre i conti con la mutevole e complessa realtà.
È inutile stare a nuotare tra le nuvolette della ideologia!
Noi dobbiamo sbattere il grugno con la realtà e sbattendo questo grugno l'Italia diventò in dieci anni dall'ultima ruota del carro, la mandolinista, quella che non contava niente, la prima nazione del mondo.
Perché, cocchi miei, io c'ero e me lo ricordo nel 1938 l'Italia era la prima nazione del mondo a cui tutte le altre guardavano con invidia Pensate con invidia!
"Beati voi che tenete Mussolini !"
Io mi ricordo una famosa attrice americana, Mary Pickford che diceva: "A me sono molto simpatici gli italiani, però sono stati tanto carogne perché hanno fatto un Mussolini solo ne dovevano fare due, uno se lo tenevano, e l'altro potevano prestarlo a qualcuno che ne aveva tanto bisogno !".
Allora siamo andati avanti così, col pensiero e l'azione appaiati. Ma qual è la situazione attuale di cui vi volevo parlare con un po' di tristezza.
Mi sono domandato "Ma tutto questo mio combattere a che cosa è servito?"
Il primo passo fu nel 2005, quando io mi posi questa domanda "Noi siamo l'alternativa al sistema. L'ha detto Michelini, l'ha detto Almirante... lo dice ogni volta ... Ma sul vocabolario "alternativa" vuol dire: no a questo e sì a quell'altro! Se no non è alternativa...se no è solo una critica, una demolizione.
E' chiaro che se io voglio fare la casa nuova dove ce n'è una fatiscente la devo demolire prima di fare quella nuova. Ma quando la demolirò, ho appena cominciato. Sicuro devo fare la casa! Se invece la lascio lì e contemplo le macerie, sono un minchione che non giova a nulla!...
E allora noi dobbiamo cominciare a costruire, cioè a spiegare alla gente in che consiste l'alternativa, ma deve essere l'alternativa 2000 e non l'alternativa 1930, perché è cambiata la mutevole e complessa realtà.
Io che ero già uomo allora mi accorgo delle differenze enormi in tutto non solo nella politica, nell'amore. Quando avevo diciotto anni e facevamo l'amore, facevamo cose completamente diverse da quelle che fanno oggi, quando fanno l'amore. Avevamo tutta un'altra concezione. Allora c'era la mania della vergine. Una ragazza doveva arrivare vergine al matrimonio ... Guai se non era vergine! Oggi stiamo freschi! Non si sposerebbe più nessuno. E così via...
C'era tutto un modo di ragionare diverso: rapporti familiari, rapporti con la madre e col padre. Per non parlare poi del lavoro. Il lavoro allora era ancora il protagonista dell'economia, oggi non lo è più!
È inutile che stiamo a fare retorica: oggi l'economia la fanno le macchine quindi i soldi non il lavoro! Il lavoro accudisce le macchine ed è una cosa noiosa, senza arte, umiliante, scocciante e non si vede l'ora che finisca per andare in pensione. Questo è il lavoro... il funzionamento è cambiato!
Allora io ho scritto un libro che si chiama Stato Organico in cui dicevo: "Ecco lo Stato che noi oggi possiamo progettare!". Ed ho invitato più volte anche nel corso del libro a correggermi, a dare suggerimenti migliori, a discutere questo argomento che per noi doveva essere essenziale. Perché la nostra attività è creativa non puramente distruttiva. Possi cecamme se c'è stato uno che mi ha risposto! Che mi ha fatto una critica. Mi hanno detto: "Bravo!".
E che ci faccio io con il bravo? Mica faccio l'attore d'avanspettacolo! Se non mi seguite!
Io vi do un suggerimento e non lo seguite ... Non mi dite: "Bravo!", ditemi "Bischero!" e seguitemi!
...Ah! Come sarebbe bello!
Il mio Stato Organico è rimasto così com'era! Nessuno (e guardate che camerati bravi, intelligenti, preparati, colti ce ne sono molti di cui ho grandissima stima) vi ha minimamente posto mano... Di di quello non si occupa nessuno.
Come si può ottenere oggi una rappresentanza che non sia la solita fregatura per i rappresentati?
È inutile che tirate fuori la socializzazione degli anni Quaranta, perché sono passati settanta anni! Dobbiamo fare una cosa in funzione di oggi!... Niente!
E questo vuol dire che tutta questa modesta fatica che ho fatto con lo Stato Organico a questo momento non è servito a niente!
Andiamo avanti...
Noi continuiamo la guerra e dobbiamo porci i mezzi con cui fare questa guerra: carri armati non ne abbiamo, testate nucleari non nè abbiamo. Come la facciamo la guerra? Che cosa abbiamo noi? Ecco che cosa abbiamo:
La militanza!... e ne abbiamo tanta!
In Italia, e io l'ho girata molto, c'è una quantità di militanza. Però tutti a gruppetti separati che non si guardano e magari polemizzano l'uno con l'altro... Però ce ne è una grande quantità e sono pieni di voglia di fare, di voglia di combattere. Qualche volta vedo i loro occhi lucidi di lacrime, quando parlo io, perché veramente lo sentono.
Però questa militanza bisogna renderla a livello di saper competere.
Cioè, primo: disciplina!...Credere, obbedire e combattere diceva Mussolini.
Non diceva credere, obbedire e discettare! Ebbene quelli discettano!
Bisogna abituarsi ad obbedire quando uno è soldatino. Poi quando diventa sergente ci saranno quelli a cui comanda e quelli a cui obbedisce. Quando sarà capo di Stato Maggiore Generale allora comanda solo. Così deve essere e invece no!
Altra cosa!
I militanti dicono un sacco di corbellerie perché hanno la trista abitudine, molti, di parlare per sentito dire. Se voi sentite la cosa più popolare nel nostro ambiente (che siamo tutti socialisti), è la socializzazione...
Ma io mi domando una cosa: quanti che discutono di socializzazione hanno letto (e dico solo letto) il decreto istitutivodel Duce del febbraio '44?!
Quanti hanno letto (e non dico meditato), quell'insigne monumento di scienza giuridica e di saggezza, che furono le norme d'attuazione dell'ottobre, fatto poi in quelle situazioni con le bombe che ti cadono addosso, con i partigiani che ti sparano alle spalle. Eppure fu fatto quel capolavoro, ma chi lo ha letto?
Non si preoccupano per discutere di qualcosa prima, almeno, di conoscerla...
E invece bisogna prima conoscere e poi discutere.
Questo bisogna insegnare, come prima cosa, ai militanti. Ed è un problema. E come si fa ad insegnarglielo? Non abbiamo un un'unica organizzazione, non abbiamo un'unica Opera Balilla. Come si fa?
Mi sono posto il problema. Abbiamo fatto un programma apposta. Abbiamo fatto un Patto di Unità d'Azione. Adesso siamo cinque, prima eravamo in due: Forza Nuova e Movimento Nazional Popolare...
...E questo patto era su alcuni punti: "Siamo d'accordo che si devono fare queste azioni? E allora tutti quelli che sono d'accordo, lavoriamo! L'unità nascerà dal lavoro comune e non il lavoro comune dall'unità! Questa è sempre stata la mia convinzione.
E allora abbiamo fatto un bellissimo programma: corsi in tutta Italia con le dispense per ogni lezione. Queste dispense consentivano di fare contemporaneamente il corso in tutti i gruppi senza nessuna differenza nè concorrenza tra i gruppi stessi. Il corso era utile a tutti, aperti a tutti e unitario perché ci sono le dispense. Queste dispense dovevano essere fatte in un certo modo. Tutto questo è stato studiato e che cosa è stato fatto?
Niente! Neanche una lezione!
Di dispense io ne ho fatte e ne ho curate cinque, con cinque dispense si potevano fare duemila lezioni in tutta Italia. Quante ne sono state fatte? Duecento? Venti? No! Due forse sperimentali, perché c'ero io a Roma...
E poi? Anche questi erano interrogativi. Ma che viziaccio maledetto è questo! Questo è un modo di combattere? Fare dei programmi per poi scordarsene?
E poi andare in giro con gli striscione nelle strade! Non serve a niente! Ci devi portare mezzo milione di persone in strada allora serve a qualcosa! Ma se ci porti cinquanta persone in strada non serve a niente. E allora ?...
Vorrei che voi capiste la mia angoscia quando mi viene il dubbio di aver girato a vuoto.
Le corporazioni come opzioni di lotta non è un'idea mia. È un'idea che ho preso da una piccola pubblicazione Il Megafono. È un'idea geniale. Come si difende il piccolo commercio, l'artigianato, le piccole attività basate sul lavoro dell'uomo da queste grandi organizzazioni economiche multinazionali che le soffocano?
Come si difendono?
La corporazione! La corporazione come si intendeva nel Rinascimento...
Facevo degli esempi.
I piccoli meccanici sono disperati. Questi cornuti che fabbricano automobili non fanno più pezzi di ricambio. Se devi cambiare una vite devi cambiare mezza macchina. Ai piccoli meccanici (e ce ne sono a migliaia) dobbiamo suggerire:
"Fate le corporazioni! Unitevi in una corporazione! Portate tutti lo stesso distintivo. E questa corporazione per mandato degli associati tratta con le grosse organizzazioni produttive e detta legge perché se tutti i meccanici d'Italia che hanno anche rapporti di amicizia con la clientela, cominciano a chiedere prodotti con i pezzi di ricambio economici altrimenti consigliano ai loro clienti di rivolgersi ai produttori che lo fanno, diventano loro i più forti". Noi possiamo prenderli per il collo e voi sapete l'importanza enorme, l'incidenza che avevano le corporazioni nel Medioevo e nel Rinascimento, perché la funzione della corporazione era anche tutelare i valori extra economici che c'erano in quella attività. Erano quasi degli ordini religiosi e non vi si ammetteva lotta di classe, proibitissimo fare sindacati. Ci sono solo categorie gerarchicamente organizzate e il piccolo allievo di oggi diventerà il maestro di domani. Così era fatta l'organizzazione del lavoro nel Rinascimento e così erano fatte le corporazioni.
Ora noi guardandoci in giro, e vediamo come i coltivatori diretti cercano di difendersi dallo strangolamento: sono iniziative squisitamente corporative. Neanche lo sanno loro, gli vengono così spontaneamente...
E noi che ci stiamo a fare?
Noi sappiamo tutto delle corporazioni, dobbiamo metterle in funzione, dobbiamo essere noi ad impugnare questo validissimo strumento della corporazione. Ma non fare noi le corporazioni. Le devono fare loro.
Noi le possiamo suggerire, possiamo svolgere un'azione promozionale. Quale? Non può essere la stessa per tutte le corporazioni, ci sono diversissime mentalità, composizioni ed esigenze. Allora nel mio libretto "Le corporazioni come opzioni di lotta" e non come fatto storico, come opzione attuale, ho esaminato i vari problemi, le varie corporazioni nuove che è necessario fare.
Una per esempio, importantissima oggi, la corporazione delle donne di casa. Fare la donna di casa oggi è molto difficile. Se noi diamo ad una donna, che non sia un'imbecille, i mezzi, le conoscenze, la formazione questa, a parte che diventa la padrona assoluta della casa, ma diventa un elemento di progresso della Nazione intera.
Oggi quelle che erano le funzioni del maschio dell'antichità non ci sono più: la fatica fisica la fanno le macchine, azionate etettricamente; la guerra la fanno schiacciando un bottone e distruggendo una città a 6 000 km di distanza; la caccia una volta era una risorsa per vivere oggi è uno svago discutibile. Allora a che cosa serve l'uomo? Non serve più! Serve la donna. Prova della pazzia di quest'epoca è che vogliono fare delle donne che scimmiottano degli pseudouomini che non servono più.
Allora dobbiamo studiare corporazione per corporazione come incominciare, dove gli accenni già in atto delle organizzazioni a cui ci si può appoggiare, una per esempio la Coldiretti, che, da che non è più uno strumento della Balena bianca, sta diventando una cosa estremamente interessante. Non so se avete seguito le varie iniziative le arance, il latte ... hanno fatto una sacco di cosette carine proprio per liberarsi della schiavitù delle multinazionali. E allora lì dovremo fare in un modo di incidere al massimo.
Un'altra corporazione necessaria è gli uomini d'arme poliziotti, soldati...
Anche loro contribuiscono a mantenere l'ordine. Anche loro devono avere la loro corporazione, soprattutto nell'assenza dello Stato, come è oggi. Ma la corporazione degli uomini d'arme può assumere molte funzioni anche morali, anche normative che lo Stato rifiuta.
Qualsiasi corporazione, io ne ho preso una quantità di esempi, esige sistemi diversi, diversi metodi di approccio con gli interessati, io credo che occorra cominciare dalle più "facili" e dalle più sensibili.
I successi delle prime incoraggeranno le altre!
Poi ho detto: "Su! Diamoci da fare! Suggerite! Correggete!" E poi mettiamoci al lavoro nel favorire la formazione di queste corporazioni. Dei cui benefici si accorgerebbero subito gli stessi interessati e quando uno cominciasse a funzionare bene, allora arriverebbero tutti: sembrerebbe l'uovo di Colombo.
Ma Noi? Noi non importa! Non importa che noi figuriamo, anzi non dobbiamo figurare! Corporazione vuol dire Fascismo! Non importa metterci il fascetto sopra. Vuol dire una vittoria raggiunta contro l'eterno nostro mondo avversario.
Un ultimo solo ed altro esempio: la teoria dell'evoluzione naturale... È come l'olocausto, uguale, però lì c'è la legge penale, qui no.
Si sono messi la coda tra le gambe. Non si riesce ad organizzare un dibattito, mi ricordo quaranta anni fa, io sono stato un pioniere di questa lotta, contro questa cretinata. Anche lì siamo arrivati al punto che scientificamente parlando è morto, non c'è più l'evoluzionismo. È la prova del fatto che non si riesce ad organizzare un dibattito. E se tu cerchi di organizzarne uno, con mille biforc, e trovi qualcuno per esempio un preside di facoltà universitaria che ha concesso la sala, vengono fuori quelli dei centri sociali contro il clericalismo...(Io sarei il clericale, ve lo figurate ?)!
Perché è, gente che come al solito parla a vanvera. Non ne sa un cavolo. Noi dobbiamo contrapporre un movimento studentesco. Ormai non serve più solo la scienza. Mio fratello, professore di genetica, ha contribuito a mettere con il culo per terra l'evoluzionismo. Continuano a pubblicare quegli alberi genealogici minuziosi e ridicoli, con mille biforcazioni deserte di nomi e frutto di mera fantasia.
Però continua a funzionare con la fantasia con gli scritti di gente ignara sia di biologia che di probità, e gli scienziati che sono tutti gran furbotti glie li lasciano scrivere.
Pensate che tutto il mondo liberista è fondato su questi concetti:
Chi ha successo è il migliore, per il solo fatto che lo ha, magari ammazzando uno con una coltellata. Ammazzandolo e derubandolo però ha avuto un successo, ha in tasca i soldi di quello ed ha ragione. Questo è il ragionamento a cui porta la teoria dell'evoluzionismo, che non viene affatto confermata in natura.
Ho scritto un libro apposta su questo argomento, di carattere divulgativo su questi concetti ma adesso che deve lavorare?
Su questo argomento occorre organizzare un movimento studentesco, di devono rompere i vetri, fischiare i professori durante le lezioni, spernacchiare. Si deve far questo. Scrivere insulti sui muri, invece, non convince nessuno...
Abbiamo vinto la guerra e non lo sa nessuno, neanche i nostri militanti !
Allora io voglio rivolgere a tutti voi e attraverso voi anche agli altri che vi ascolteranno questa accorata invocazione:
"Fatemi crepare vedendo un pochino di luce, fatemi crepare vedendo appena da lontano una fiammella di un fuoco che si riaccende. Ma questa è lotta! Questa è guerra! Non sono chiacchiere! Non basta scrivere articoli e neanche libri. Bisogna saper combattere!"
Bisogna saper dire: "Io il 7 maggio alle ore 14.00 a qualsiasi condizione atmosferica sarò in centro a piazza del Popolo a Roma." e ricordarselo dopo sei mesi...
E invece no! Farò! E poi non si fa ! Ed è questo il punto!
È questa la guerra che noi dobbiamo vincere, quella che i musulmani chiamano Jihad Achbar, la grande guerra santa, quella all'interno contro le proprie debolezze!"
O noi siamo eroi, o noi siamo tutti eroi (Tutti eroi!, ho detto !), oppure abbiamo già perduto in partenza...
Se noi saremo capaci di essere tutti eroi, a queste condizioni noi abbiamo la vittoria in tasca. Perché gli altri stanno già marcendo. Li vedete che fine hanno fatto i tracotanti bolscevichi e che fine stanno facendo i tracotanti americani.
È fallito pure uno stato. Cose incredibili!
Allora tocca a noi...
Ma signori miei, non si può fare nei ritagli di tempo! Vi prego, non si può fare!
È la cosa principale! La cosa che ci permette di essere orgogliosi di essere uomini.
Se non che siamo? Sono meglio i bacarozzi! Sono meglio le cavallette!
Loro, vivono secondo la loro natura...
Soltanto noi non saremmo capaci di farlo?

mercoledì 14 settembre 2011

QUELLE VERGOGNOSE "BADOGLIATE": UN SINONIMO DI TRADIMENTO

"Noi neghiamo al nemico l'onore di aver invaso la nostra
Patria colla vittoria delle sue armi;
solo il vile tradimento gli ha spalancato le porte"
Cari lettori, oggi voglio proporvi un articolo tratto da il sito de "il Giornale" e recante la firma dell'ottimo Giordano Bruno Guerri.

Non sono pienamente d'accordo con quanto contiene. Ci sarebbero dei punti da chiarire e da argomentare, come ad esempio la nota vicenda delle spaccature interne tra le stesse forze armate italiane, aviazione e marina in primis che costrinsero Mussolini a rinunciare alle portaerei.

Tuttavia, non è questo che mi interessa. Mi preme sottoporre alla vostra attenzione il punto di vista di un intellettuale sicuramente lontano da intenti apologetici, giacché distante dalle idee di cui trattasi. Eppure, ciò non basta a mutare giudizio su quella data infausta ed infame di cui ho già scritto: l'8 settembre 1943. L'autoevidenza dei fatti...alla faccia di chi crede di far la storia coi giudizi di valore!

                      Buona lettura, Roberto Marzola

                                                                         

http://www.ilgiornale.it/cultura/quelle_vergognose_badogliate_sinonimo_tradimento/01-03-2009/articolo-id=332493-page=0-comments=1


Quelle vergognose «badogliate», un sinonimo di tradimento


Non molto tempo fa ebbi modo di leggere i risultati di un’indagine statistica, a cura di Arnaldo Ferrari Nasi e non ancora pubblicata, sull’8 settembre 1943. Il dato più impressionante è che circa il 18 per cento degli italiani non ha un giudizio proprio sugli avvenimenti di quei giorni: i quali furono una vera bomba atomica sulla società italiana e sul concetto stesso di Italia.
Il 25 luglio Vittorio Emanuele III aveva deposto e fatto arrestare Benito Mussolini, determinando il crollo del regime fascista, ma fu infelicissima la scelta del nuovo capo del governo, Pietro Badoglio, che aveva comandato la fascistissima guerra all’Etiopia. Badoglio era a capo dell’esercito all’inizio della seconda Guerra mondiale e quindi corresponsabile dell’impreparazione italiana e del disastroso risultato dell’attacco alla Grecia. Invece di uscire subito dal conflitto, o di dichiarare guerra alla Germania, il nuovo regime - a tutti gli effetti una dittatura militare - annunciò che la guerra sarebbe proseguita «al fianco dell’alleato tedesco». Nel frattempo fu ordinato di sparare «come in combattimento» contro i manifestanti. La disposizione venne osservata e, soltanto nella settimana successiva al 25 luglio, la truppa uccise 81 cittadini e fece 320 feriti, per lo più scioperanti.
Hitler non credeva affatto alle promesse di Badoglio e dal 26 luglio, con la buona scusa di resistere all’avanzata alleata, vennero fatti affluire in Italia forti contingenti tedeschi. Il Führer non si sbagliava e in agosto cominciarono le trattative segrete di Badoglio con gli alleati per l’accordo che sarebbe stato firmato il 3 settembre a Cassibile. Era «l’armistizio segreto», reso pubblico cinque giorni dopo, alla radio, con una formula ambigua: «Ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno a eventuali attacchi di qualsiasi altra provenienza».
L’8 settembre è un tema tanto studiato quanto poco risolto nella coscienza nazionale, perché provocò la divisione dell’Italia in due tronconi e la conseguente guerra civile fra Regno del Sud e Repubblica di Salò, come vennero generalmente chiamati. Il nuovo libro di Marco Patricelli (Settembre 1943, Laterza, pagg. 330, euro 20) è un’efficace, impressionante ricostruzione di quei giorni, a partire dal sottotitolo, quanto mai significativo: I giorni della vergogna.
Patricelli, che unisce la preparazione dell’accademico alla capacità di racconto del giornalista, è già autore fra l’altro di L’Italia sotto le bombe. Guerra aerea e vita civile, 1940-1945 (Laterza), un saggio esemplare per l’intreccio di documentazione, testimonianze inedite e racconto della vita quotidiana degli italiani. Settembre 1943 ha le stesse caratteristiche, accentuate dal ritmo narrativo e da uno sdegno non celato per i comportamenti di chi doveva pensare al bene del popolo italiano e invece pensò anzitutto alla propria salvezza, mascherandola da ragione di Stato: «Accade tutto in poco più di novanta ore: dal tardo pomeriggio di mercoledì 8 al primo pomeriggio di domenica 12 settembre 1943»: l’8 Vittorio Emanuele III e Badoglio abbandonano Roma per fuggire prima a Ortona e da lì, via nave, a Brindisi; il 12 Hitler riuscì - con un colpo di mano - a liberare Mussolini dalla prigionia di Campo Imperatore, sempre in Abruzzo. L’8 settembre è dunque la storia di due fughe. Quella del re e del governo abbandonò «due milioni di italiani in grigioverde sballottati dalla tempesta degli eventi in patria e nei territori occupati», quella di Mussolini - che si sarebbe potuta evitare se Badoglio avesse dato ordine di trasferire al sud l’ex duce - aprì la strada alla guerra civile.
I tedeschi disarmarono facilmente quasi tutto l’esercito italiano, che aveva principalmente voglia di smettere di combattere, deportandone gran parte nei campi di internamento in Germania. Quando opposero resistenza, i nostri soldati furono massacrati: vedere, in proposito, uno dei volumi che verrà pubblicato nella Biblioteca storica del Novecento del Giornale: Cefalonia. Quando gli italiani si battono, di Gian Enrico Rusconi (Einaudi). Il 13 settembre, delle 82 divisioni esistenti cinque giorni prima, ne rimanevano solo 7 in Italia, una nel Dodecaneso e una, appunto, a Cefalonia. I nazisti sequestrarono quantità enormi di materiali utili alla guerra e alla vita civile e occuparono due terzi dell’Italia, ripristinando subito le organizzazioni fasciste. A proposito del comportamento dell’ex alleato, Joseph Goebbels, ministro della propaganda nazista, scrisse sul diario: «Il vecchio Hindenburg aveva ragione quando disse che nemmeno Mussolini sarebbe mai riuscito a fare degli italiani altro che degli italiani». La frase spiega bene il successivo, feroce, comportamento dei nazisti.
Come nota Patricelli, se il re e Badoglio avessero deciso subito di combattere, invece di fuggire, avrebbero potuto disporre di sufficienti forze per contrastare i tedeschi. Invece tutto si ridusse alla «battuta da avanspettacolo» che il generale Giacomo Carboni - capo dei servizi segreti e del corpo corazzato che doveva difendere Roma - disse a Vittorio Emanuele: «Maestà, se i tedeschi si ritirano, sono pronto a inseguirli». Badoglio non fu da meno, e anche nel dopoguerra si difese con un vergognoso gioco delle tre carte, sostenendo, di volta in volta «Queste erano cose da militari e io ero il capo del governo», oppure «Queste erano cose politiche e io ero un militare».
La giustificazione della fuga a Brindisi fu che si doveva garantire anzitutto la continuità dello Stato.
È vero, ma - sostiene Patricelli - «è anche vero che di quello Stato si era garantita l’integrità di una sola parte, mettendo davanti a tutto l’incolumità personale piuttosto che quella istituzionale... Se poi i Savoia fossero caduti in combattimento, o durante la battaglia per Roma, o fossero stati fatti prigionieri, avrebbero semplicemente adempiuto al loro dovere di capi e di guide della nazione... Il senso stesso di appartenenza, se non addirittura di incarnazione dello Stato, richiedeva un atto di responsabilità personale attraverso una presenza fisica e morale».
Nell’indagine statistica che abbiamo citato all’inizio, il 69,9 per cento degli italiani ritiene - oggi - che quello del re fu «un comportamento irresponsabile» (di parere contrario il 12,4 per cento, con un sorprendente 17,7 per cento di «non so»). Non possono esserci dubbi, però, sul comportamento di Badoglio. Secondo lo scrittore tedesco Erich Kuby: «È ancora possibile comprendere il comportamento del re, perché da ventun anni non è stato più, in sostanza, il re d’Italia, ma soltanto il capo della famiglia Savoia. Per i generali, invece, che nel pieno infuriare della guerra piantano in asso un esercito combattente, non esistono scusanti».
Non a caso quella tragica vicenda originò un nuovo verbo nella lingua inglese: to badogliate, che indica - ricorda Patricelli - «un’azione maldestra, ambigua, pasticciata, furbastra, venata di tradimento: qualcosa di molto italiano secondo i peggiori luoghi comuni sulla propensione agli intrighi e alla doppiezza». La stiamo pagando ancora, nel giudizio internazionale.
www.giordanobrunoguerri.it

sabato 10 settembre 2011

IL BUON MATTEOTTI?

Mi informo da tempo sul caso Matteotti: uno dei tanti (finti) miti dell'Italia antifascista. Ho letto le ricostruzioni più disparate in varie monografie; ho sentito più di un racconto di persone che hanno vissuto quegli anni in prima persona. Una vicenda torbida. Non solo perché è morto un uomo, ma perché a ciò si uniscono le ombre di una versione ufficiale che fa acqua da tutte le parti. E non serve essere storici per capirlo; basterebbero solo un po' di logica ed un pizzico di buona fede. Merce rara evidentemente.

Bene, vediamo: il buon Giacomino, socialista di tutto rispetto, sempre ritratto nei libri di testo e in quelli di storia come un fanciullino, (giusto per sfiorare "quel tasto del patetico a cui noi italiani siamo particolarmente sensibili "), viene brutalmente ucciso da un pugno di fascisti al soldo di Mussolini. Motivo? Il prode Giacomino aveva denunciato i brogli elettorali di questi cattivi signori che, per non perdere la faccia, l'hanno confinato nel regno delle talpe,ovvero animaletti che non sentono, non vedono e non parlano.

Una storiella "carina" , non c'è che dire. E molto efficace in chiave politica, giacché riesce benissimo a gettare il marchio dell'infamia addosso al nemico ieri imperante, oggi sconfitto. 

Allora, iniziamo a porre qualche dubbio, nella speranza di sfiorare qualche candida coscienza, (ammesso che ve ne siano ancora!), tra le fila dell'Italia moderna, democratica e antifascista.

Siete proprio sicuri che le cose siano andate così?

Allora ditemi: perché Mussolini avrebbe dovuto volere proprio la morte di Matteotti? Perché non si sarebbe comportato con lui come fece in altre occasioni con avversari, non meno ingombranti, del calibro di Pertini e Gramsci, mandati in carcere, previo regolare processo, mantenuti e curati  a spese dello Stato? Anche questi ultimi, in fondo, avevano denunciato l'operato delle Camicie Nere, eppure non furono mai uccisi.
Evidentemente, la ragione risiede altrove. Vi preannuncio che non sarà facile trovare riscontro alle parole che seguono, dato che pochi autori ne parlano, (R. Sermonti in primis). Comunque, dovete tenere presente una data, 1923, ed un luogo, Francia.  Infatti, in quell'anno nel Paese transalpino muoiono diversi  fascisti: a Strasburgo era stato ucciso un ebanista; a Marsiglia erano stati rinvenuti i corpi di due iscritti al Fascio di quella città; in seguito a Parigi erano stati uccisi altri due fascisti.

Su queste morti indagherà Amerigo Dumini.

Non è abbastanza singolare la circostanza che Dumini nel 1923 cercasse di scoprire la verità su quelle morti misteriose, e nel 1924 fosse uno dei responsabili del cd. "omicidio Matteotti"?
Sì, e non è solo singolare, ma addirittura sospetta. Ed è questa la tesi che Sermonti ed altri sostengono: Matteotti, assiduo frequentatore dei congressi socialisti anche all'estero, era il mandante di quelle morti. Dumini, Volpi, Povermo e gli altri, avevano il compito di prelevare il deputato socialista per condurlo davanti alle autorità, perché fosse ascoltato. Nel tentativo di condurre in auto Matteotti, sarebbe nata una colluttazione tra quest'ultimo e gli uomini della Ceka, in cui probabilmente Matteotti restò ACCIDENTALMENTE UCCISO, (come è stato scritto in più parti), o addirittura morì INASPETTAMENTE per una emottisi, causata forse da un aneurisma cerebrale, (come scritto in altre). Fatto sta che la morte del deputato gettò nel caos più profondo Dumini e compagni, (ma non erano stati assoldati per ucciderlo?), i quali vagarono tutta la notte con la lussuosa Lancia, (avevano scelto una macchina proprio "invisibile" per l'epoca), per cercare di trovare una soluzione. Alla fine, scelsero di seppellirlo maldestramente nel bosco della Quarterella: una fossa scavata alla bene e meglio, con mezzi di fortuna, (forse un cacciavite o un pugnale-che strano, questi dovevano accoppare un uomo e non avevano pensato a portarsi una pala!), coperta da un pugno di terra e da qualche foglia, ove il cadavere resterà abbandonato fino al  ritrovamento casuale, avvenuto il 16 agosto, da parte del cane di un brigadiere dei Carabinieri in licenza. 
Mussolini, all'epoca astro nascente della politica italiana, conobbe un periodo di forte crisi. Si assumerà la responsabilità morale e storica del clima di violenza in un famoso discorso alle Camere, ma mai una qualche forma di responsabilità diretta nella vicenda, impossibile da dimostrare perché inesistente. 

Potete trovare queste ed altre ricostruzioni navigando un po' in rete, oppure cercando testi tipo "Rutilio Sermonti- L'Italia nel XX secolo" oppure "Franco Scalzo- Il caso Matteotti: radiografia di un falso storico". C'è anche dell'altro materiale interessante, firmato dalle penne di Romanato, (prof. dell'Università di Padova), e recensito da Parlato, (storico apprezzato ed affermato già da tempo), che pone all'attenzione del grande pubblico vicende e lati del carattere di Matteotti fino ad oggi sconosciuti. Scritti che danno l'immagine di un uomo violento, fomentato e fomentatore, implicato addirittura in strani giri di strozzinaggio. Insomma, tutto tranne che quel bel giovinetto dalla faccia pulita, vittima della malvagità delle Camicie nere! C.V. D.

Buona lettura,

Roberto Marzola.


Cultura
STROZZINO E VIOLENTO ESTREMISTA: SI INCRINA IL MITO DI GIACOMO MATTEOTTI.
Lo storico Romanato traccia il ritratto del deputato socialista, pacifista in parlamento e rivoluzionario nel Polesine.

N
on si tratta di fare del revisionismo, piuttosto di andare oltre l’agiografia, tentando di superare il mito a favore di una maggiore conoscenza della nostra storia. Una missione non facile quando si prende in esame Giacomo Matteotti, come ha fatto il professore dell’Università di Padova Gianpaolo Romanato nella bella biografia "Un italiano diverso" (Longanesi) che ieri Giuseppe Parlato ha recensito su queste pagine.
Del leader socialista assassinato dai fascisti ci resta oggi un santino, una descrizione eroica che in parte è certamente
era,(ma qui abbiamo già risposto, ndr) ma incompleta. Meno noti al grande pubblico sono i lati più problematici del personaggio, due in particolare: le accuse di strozzinaggio rivolte alla famiglia Matteotti (di cui abbiamo già parlato) e il rapporto del deputato socialista con le violenze del cosiddetto biennio rosso. Lo studioso parla di «un clima di violenza e di guerra civile che, a opera dei socialisti e soprattutto delle leghe, imbarbarì la provincia». 
Matteotti proveniva dal Polesine, e trattò in due discorsi parlamentari la drammatica questione del suo territorio. Il suo atteggiamento, tuttavia, fu ambivalente. Da un lato, alla Camera, il tono dei suoi discorsi era più conciliante, a casa propria invece si poneva diversamente.
In quelle zone l’egemonia socialista era fortissima, e Matteotti mostrava una «singolare dicotomia», come l’ha chiamata sull’Osservatore Romano un altro studioso di vaglia, Roberto Pertici: «A Rovigo, rivoluzionario e ossequiente all’estremismo oppressivo delle leghe del primo dopoguerra; alla Camera legalitario ed esperto di questioni tecniche e giuridiche».
Meriti e peccati
Pertici è un moderato, parlando con «Libero» riconosce i meriti di Matteotti e prende in tutti i modi le distanze dal sensazionalismo. Ma nel suo articolo per l’Osservatore spiega che Giacomo «diede copertura politica (volente o nolente) al clima di violenza e di guerra civile. Quel clima di violenza e di dura sopraffazione Matteotti non lo crea, ma lo protegge e non lo frena», ci dice il professore, «non si opponeva per non perdere il rapporto con il suo elettorato polesano». Del resto questa era la linea del suo schieramento.
«Il partito socialista», prosegue Pertici, «era inebriato dalla prospettiva della rivoluzione russa, le direttive erano quelle di alimentare il clima rivoluzionario. Nella provincia italiana, specie nelle campagne, si creò dunque una situazione di violenza diffusa e pressione sociale fortissima. Ci furono i morti, certo, ma ci fu anche una violenza diciamo ambientale: i reduci della guerra venivano derisi, i mutilati erano presi in giro, si impediva ai Comuni di esporre la bandiera. Il presidente del Consiglio Nitti, nel ’19, non fece festeggiare l’anniversario della fine del conflitto per non indispettire i socialisti, mentre tutti i Paesi europei lo celebravano».
Fu in questo quadro che si sviluppò la reazione dei fasci, inizialmente appoggiata anche dai popolari e dai moderati, che la intendevano come un freno al caos socialista. Poi, ovvio, il fascismo prese un’altra strada. Rispetto alle violenze rosse, nel libro di Romanato si legge un ruvido articolo comparso sul giornale dei popolari del Polesine che condanna duramente gli esponenti del partito di Matteotti: «Ci sono poche cose che corrompono tanto un popolo come l’abitudine dell’odio; e voi, capi del socialismo polesano, questo sentimento l’avete fomentato in tutte le guise».
Anche Romanato è estremamente cauto nei giudizi, e il suo libro è tutt’altro che denigratorio nei confronti del deputato socialista, cosa che lo rende ancora più importante e apprezzabile. A proposito delle coperture alla violenza politica, preferisce dire che Matteotti «fu condizionato da avvenimenti che non sempre seppe o poté governare. Il Polesine era una provincia poverissima e marginale», dice a Libero, «dove la lotta politica aveva poche mediazioni e facilmente degenerava nella rissa. Inoltre il socialismo locale fu sempre egemonizzato da spinte massimaliste, cioè rivoluzionarie. I due maggiori leader, prima Nicola Badaloni e poi Matteotti, operarono per moderare tali spinte e incanalarle in un’azione politica organizzata e più disciplinata. Ma dopo la guerra, quando il conflitto si accese, Matteotti ebbe sempre meno spazio per le mediazioni, non avendo neppure più la sponda di Badaloni. È questa la fase, siamo nel cosiddetto “biennio rosso”, in cui Matteotti apparve in Polesine più un piromane che un pompiere. Altra era invece la linea che teneva a Roma, dove il confronto era dialettico e non “pugilistico”. Questa duplicità gli fu rimproverata da tutti i suoi avversari, liberali, cattolici e fascisti».
Lo studioso racconta che nelle terre di Matteotti regnava una «violenza insostenibile», la quale contribuì certo a suscitare una reazione “nera”. «Il clima in Polesine, come anche nelle contigue province di Ferrara, Bologna e Mantova, era pesantissimo, di strisciante guerra civile», dice. «La documentazione che ho portato nel libro conferma l’esistenza di una situazione di violenza insostenibile, sia pure motivata da sacrosante richieste di giustizia sociale. Solo in Polesine ci furono una ventina di morti in poco più di due anni. È questo l’inferno da cui sorse lo squadrismo fascista, che, di suo, aggiunse all’esercizio della violenza una metodo, una disciplina e un’organizzazione che i socialisti non avevano».
Antiborghese
Il problema, come nota Roberto Pertici, è il tipo di riformismo che il partito di Matteotti propugnava. L’orizzonte era sempre quello della rivoluzione socialista, anche se con la convinzione che per realizzarla fosse necessaria una certa gradualità. I dirigenti dello schieramento rosso non si riconoscevano nelle istituzioni dello Stato democratico e borghese, anzi si consideravano estranei ad esse, le combattevano, per un certo periodo anche a costo di fomentare la violenza nelle province. Solo in seguito cambiarono rotta, ma ormai era troppo tardi, l’avvento del fascismo si faceva inarrestabile.
Giacomo Matteotti, prima di morire - come ha scritto ieri Giuseppe Parlato - aveva accentuato le sue posizioni anticomuniste, poi fu ammazzato come tutti sanno. Tentò di combattere la dittatura incipiente, come chiunque gli riconosce. Proprio per questo bisogna raccontare anche come agì in precedenza.
di Francesco Borgonovo


mercoledì 7 settembre 2011

IN GERMANIA IL NEONAZISMO E’ “ESPRESSIONE DI LIBERTA’ DI PENSIERO”. E NON SOLO.

Il titolo di questo articolo non è uno scherzo, ma quanto ha detto la Corte di Stato in Germania a seguito della campagna elettorale promossa dal Partito Nazionaldemocratico tedesco, (NPD), in vista delle elezioni di domenica scorsa.
Si tratta di alcuni manifesti che lasciano davvero poco spazio all’immaginazione. In uno, il leader del partito Voigt si fa ritrarre in sella ad una motocicletta, con sguardo rilassato ed un sorriso solo accennato, forse per non distogliere l’attenzione dal giubbotto di pelle, rigorosamente nero. Nel cartellone campeggia uno slogan davvero forte: «GAS GEBEN», (DATE GAS). Nell’altro, invece, compaiono tre personaggi stilizzati, ritratti con tutto ciò che normalmente risponde all’idealtipo di immigrato, tutti “a bordo” di un tappeto volante. Il messaggio è ancora una volta assai deciso: «GUTEM HEIMFLUG», (BUON RITORNO A CASA). Manifesti che, insomma, esplicitano alla perfezione le idee del partito dell’estrema destra tedesca riguardo l’immigrazione: se ne vadano tutti, (o quasi), a casa, con le buone o con le cattive.
Come era facile prevedere, l’iniziativa ha destato scalpore, tanto che gli amministratori del quartiere di Kreuzberg, (un quartiere di Berlino), hanno invocato l’intervento del giudice per un supposto incitamento all’odio.  Niente di tutto ciò per la Corte di Stato, la quale ha risposto che “la Germania tutela la libertà di espressione, qualunque essa sia”.
Il messaggio del N.P.D. sembra essere anche passato, dato che il partito è andato oltre lo sbarramento del 6% in qualche land, con punte del 29% in alcune città e in alcuni paesi, i più poveri della Germania.
Una vicenda che fa profondamente riflettere, sotto vari profili.
In primo luogo, il giudice tedesco infligge una pesante lezione di cultura ai suoi colleghi italiani e, più in generale, all’intera classe politica italiana, (matrigna delle toghe di Casa nostra), che, in presenza di certi argomenti, è solita salire sulle barricate del pensiero democratico, trincerandosi dietro ai valori del “rispetto della persona umana”, della “diversità di pensiero” et similia, e che invoca addirittura leggi punitive ed umilianti, (come quelle sul negazionismo dell’Olocausto), di corredo ad altre gravemente liberticide, (legge Mancino-Scelba in primis). Il giudice tedesco, obietta che non vi è uno svilimento, bensì un rafforzamento di quei valori che si ritengono minacciati; non una minaccia per la società liberale e liberista, ma un esempio di un effettivo e sano pluralismo culturale, ideale e politico. Come a dire: non è dal "marchio" che si giudica un partito; ma da quello che in concreto propone e da come si pone per realizzare ciò che propone. Aprano bene le orecchie i signori di casa nostra!
In secondo luogo, impone considerazione la circostanza, (per nulla casuale), che il partito d’ispirazione neonazista raccolga i maggiori consensi nelle aree più povere del Paese, ossia quelle in cui il fallimento delle moderne democrazie è maggiormente tangibile, esasperate come sono dalla disoccupazione, dai tassi di criminalità alle stelle e da tutti i disagi provocati dall’immigrazione di massa. Zone di Germania che, evidentemente, hanno già vissuto in passato problemi molto simili a quelli odierni, risolti proprio da quelle idee che Voigt e compagni, (anzi, Voigt e camerati!), vorrebbero riportare in auge. “Nostalgia canaglia”, come diceva una canzone.
Insomma, questa vicenda lancia un chiaro messaggio: bisogna girare pagina, uscire dagli schemi del pensiero maggioritario moderno, incatenato alle pastoie del passato antifascista, antinazionalista e anti-identitario, annaspante nella palude del “politically correct” , dell’integrazione a qualsiasi costo e della globalizzazione forzata, semplicemente impotente davanti alla crescente crisi economica.
I fatti mettono poi bene in evidenza tutti i collegamenti tra la concezione ideologica di fondo e i risvolti sul piano economico, politico e sociale: più è forte la crisi, maggiori sono la necessità ed il desiderio di un cambiamento radicale. Chi può dare questa sterzata? Non certo un ambiente frammentato e diviso. Occorre non dico unità, ma almeno una forte sinergia, un programma d’azione comune basato su obiettivi condivisi e condivisibili. Andiamo oltre, allora, alle stupide incomprensioni; usciamo dai confini segnati dalle etichette, (“destra”, “destra sociale”, “fascista”, “neofascista”, “fascista del terzo millennio”, “fascista ateo”, “fascista cattolico”, “fascista pagano” ecc.), per lavorare insieme. Se non risponderemo noi ai bisogni delle masse, chi potrà farlo? Non certo questa manica di inetti, questi quattro politicanti liberali. Solo chi nel suo recente passato ha dato esempio di sapere cosa è socialismo, di saper ascoltare realmente il grido disperato degli strati più bassi della società e di saper fronteggiare le congiunture economiche, può farsi carico del gravoso fardello. Mettiamoci, dunque, a lavorare, TUTTI, perché la situazione lo richiede davvero. E non per il tornaconto proprio e del proprio schieramento; ma per il bene comune, per il bene della Patria. Coraggio!
Roberto Marzola.

domenica 4 settembre 2011

I DANNI DEL FASCISMO

Visto che si continua a parlare di pseudo-storie e di pseudo-verità circa il periodo fascista, direi che è tempo, come disse ad una conferenza il compianto Prof. Marco Pirina, "di rispondere con la storia, di rispondere coi documenti" e, aggiungo, con le date e con i nomi.

Non lo faccio in prima persona. Non sono uno storico e, probabilmente, non lo sarò mai. Se lo facessi me ne direbbero di tutti i colori: mi accuserebbero di faziosità, di a- scientificità e di chissà quali altre corbellerie. Bene, allora lo faccio dando spazio all'opera, altamente meritoria, di Alessandro Mezzano, autore di quel libellum aureum che risponde al nome di "I DANNI DEL FASCISMO", edito da "ALL'INSEGNA DEL VELTRO"( Viale Osacca 13, 43100 Parma tel. 0521 290880, www.insegnadelveltro.it . Posta elettronica: insegnadelveltro1@tin.it, a cui potrete anche richiedere la copia cartacea già stampata e rilegata al costo di 8 euro). Un'opera completa, che non manca di carattere scientifico e che vale davvero la pena di acquistare. Troverete tutto ciò di cui necessita una vera opera storica. Mica come i miseri scritti di certa gente, che prima critica l'operato altrui per la mancanza di "riferimenti storiografici", (poi prontamente forniti, per lo stupore della stessa), e poi fa molto di peggio, andando a parlare di storie percepite de auditu, senza il minimo riscontro, senza una minima indagine sull'attendibilità. Un lavoro schifosamente politico, che nulla aggiunge allo spinoso bilancio della storia d'Italia compresa tra la fine della Prima Guerra Mondiale e la fine della Seconda, ma che contribuisce ad alimentare un clima d'odio e di divisione. Una conferma ulteriore sull'indole di certa gente.

Buona lettura,

Roberto Marzola.

"I DANNI DEL FASCISMO" di Alessandro Mezzano.


Dedico questo libro a GLAUCO BIANCHI.
Glauco Bianchi è un ragazzo di Mestre che nel 1945 aveva diciassette anni e mezzo ed
è rimasto fermo a quell’età perché nell’Aprile di quell’anno è morto.
E’ morto combattendo durante un attacco dei partigiani alla sua caserma della Guardia
Nazionale Repubblicana.
Era l’ultimo rimasto vivo alla fine di quella battaglia sostenuta da lui e dai suoi camerati
per non arrendersi, per non togliersi la camicia nera, per non ammainare la bandiera
della Patria e degli Ideali!
Glauco Bianchi, rimasto senza munizioni, ha preferito la morte alla resa; ha preferito
spegnere la vita, che alla sua età urla la volontà d’essere, ha rinunciato ad un futuro che
gli spettava, per testimoniare una FEDE che rappresentava il suo universo e senza la
quale la vita, a diciassette anni e mezzo, gli è parsa povera e vuota…!
Glauco Bianchi non ha, naturalmente, ricevuto medaglie né citazioni, né ricordo
ufficiale; credo anzi che al di fuori di me e di quattro o cinque persone, nessuno oggi
sappia che egli sia esistito.
Glauco Bianchi ha avuto solamente il dolore orgoglioso e pieno d’amore di sua madre e
della mia che la conobbe in quegli anni e ne divenne amica..
Che le poche pagine di questo libro lo ricordino, in ringraziamento del tanto che mi ha
insegnato e del tanto che mi ha lasciato in eredità spirituale pur senza conoscermi..
Alessandro Mezzano
  I DANNI DEL FASCISMO
Premessa
Questo non è, né vuole essere, un libro come gli altri; non è un romanzo, non è un saggio,
non è un libro di storia, non è un'analisi politica.
Non è nemmeno un vero libro; a parte la mole modesta, eventualmente lo si può considerare
un "libro bianco" nel senso che vuole essere solamente l'esposizione ragionata delle cose che il
Fascismo ha realizzato, nel breve arco di ventitré anni dei quali cinque di guerra e due ( 1929 e
1930) di una spaventosa crisi economica mondiale e quindi non ideali per varare riforme
strutturali importanti.
Un'esposizione semplice e lineare, priva di enfasi retorica, con un minimo di dati, un minimo
di cronistoria ed un accenno alle conseguenze che tali realizzazioni hanno deter minato, spesso
in modo per manente, nella società Italiana.
E dunque, l'esposizione di una verità oggettiva,  deter minata e controllabile.
Come quasi tutte le cose che si fanno, anche questo libro nasce da una esigenza pratica,
anzi da una motivazione così pressante e consistente da sottoporre chi scrive alla fatica della
ricerca, della selezione e del riordino di dati e notizie e della stesura del testo.
Sono cinquantotto anni che tutti gli antifascisti, con e senza un passato in camicia nera (e
questi ultimi molto spesso solo per motivi anagrafici), ci rompono le scatole con notizie inesatte,
menzogne ed omissioni, rinfacciando ai Fascisti quelli che, secondo loro, sono i disastri
provocati dal regime in generale e da Benito Mussolini in particolare!
Senza contare che i più arrabbiati in questa bisogna sono sempre stati i "senza vergogna"
comunisti ed ex comunisti, spesso ex camicie nere convertiti opportunamente quando le cose si
mettevano male per il Fascismo e dunque infami voltagabbana ed opportunisti con la necessità
di rifarsi una "verginità" politica.
Non che di antifascisti veri non ce ne fossero, ma fino al 1943 essi erano pochi e comunque
molti, moltissimi di meno di quanti si aggregarono al carro dei vincitori quando le sorti e la
fortuna del regime girarono.
Noi che avemmo la ventura di conoscerne alcuni, pur considerandoli avversari li rispettiamo
come persone perché per essere antifascisti dal 1922 al 1943 ci voleva coraggio, onestà
intellettuale e determinazione mentre per diventarlo dal 1943 al 1945 bastava un po' di
opportunismo…
Non se ne può più, anche perché, a fronte di una relativa limitazione delle libertà, delle leggi
razziali e dell'entrata nella seconda guerra mondiale, cose di cui si può senz'altro discutere, ma
la cui condanna assoluta e senza appello è opinabilissima anche a fronte dei disastri ben
maggiori che capitalis mo "democratico" e comunismo hanno portato al mondo senza la
condanna né della politica né della storia, nessuno di questi galantuomini ha l'onestà
intellettuale o la preparazione storica per riconoscere le mille cose positive che il Fascismo ha  3
portato agli Italiani, ma si limitano, i meno acrimoniosi e pregiudiziali, a riconoscere
genericamente che :"..qualcosina di buono è stato fatto..".
Ebbene noi vogliamo solamente evidenziare come quel qualcosina sia in realtà molto, anzi
moltissimo di più di quanto la storiografia ufficiale riconosca e vogliamo fornire ai camerati, ai
giovani che non sanno ed ai Cittadini in buona fede, un qualcosa di concreto sia per ampliare le
proprie conoscenze personali e farsi un'opinione autonoma e non drogata dalla propaganda,
che per sapere fondatamente ribattere ai soliti denigratori in "servizio permanente" in occasione
di eventuali discussioni o dibattiti.
Vogliamo dimostrare come la gran parte dell'impianto delle Leggi sociali e civili sulle quali
ancora oggi si fonda la vita di tutti i lavoratori ed i cittadini Italiani, sia stato costruito durante il
ventennio,  dal Fascismo, per la precisa volontà di Benito Mussolini.
Vogliamo evidenziare come in Italia, le grandi riforme di questo secolo appena trascorso che
hanno rivoluzionato in modo significativo e per manente la scuola, l'agricoltura, l'industria, lo
sviluppo urbanistico, il mondo del lavoro, il mondo femminile, la giustizia, la società tutta, siano
opera della dottrina, della prassi e dell'azione del Fascismo e che le vanterie in questa mater ia
dei comunisti, dei sindacati e della sinistra in genere sono una vera e propria appropriazione
indebita causata dal vuoto e dalla sterilità della loro azione sociale….
Per gli increduli, basterebbe rileggere il manifesto che un politicamente angosciato Palmiro
Togliatti ( con la firma di altri 64 alti esponenti del Partito Comunista Italiano) inviò:".. agli
Italiani, alle Camice nere ed ai Fascisti.." nel 1936 per comprendere come l'azione sociale del
Fascismo avesse risolto i maggior i problemi degli Italiani ponendo i Comunisti alla disperazione
ideologica per la semplice constatazione che i risultati ed il consenso ottenuti dal Fascis mo
rendevano il comunis mo in Italia non solo vinto, ma inutile!
Eccone i passi salienti:" Al popolo Italiano, ai soldati, alle camice nere, agli ex combattenti e
volontari d'Africa: noi abbiamo ragione d'inorgoglirci della nostra storia Patr ia…….noi Comunisti
facciamo nostro il programma Fascista del 1919, che è un programma di pace e di libertà, di
difesa degli interessi dei lavoratori. Camice nere ed ex combattenti e volontari d'Africa, vi
chiediamo di lottare uniti per la realizzazione di questo programma……..Noi proclamiamo che
siamo disposti a combattere insieme a voi, Fascisti della vecchia guardia e giovani Fascisti, per
la realizzazione del programma Fascista del 1919 e per ogni rivendicazione che esprima un
interesse immediato, particolare o generale dei lavoratori del popolo Italiano. Diamoci una
mano, Fascisti e Comunisti, Cattolici e Socialisti, uomini di tutte le opinioni.."
Semmai, l'azione dei sindacati e della sinistra, ha seguito e sviluppato la traccia lasciata dal
Fascismo e dalla deter minazione di Benito Mussolini, in alcuni casi migliorando ed in altri
peggiorando le riforme che, nella sostanza, sono di matrice Fascista.
Soprattutto vogliamo che i giovani, cui l'informazione, la scuola e la cultura ufficiali mentono
da anni su questo argomento  o per falsità o per reticenza o per omissione  e comunque senza
mai porre a confronto serio la politica sociale del Fascis mo con quella dei governi del dopo
guerra, possano esercitare il loro spirito critico confrontando i fatti che citeremo con il giudizio  4
globalmente disastroso che l'ufficialità resistenziale  e la "Kultura" di sinistra hanno loro fornito,
per formarsi loro stessi un personale giudizio basato sui fatti e sui dati oggettivi e controllabili e
non sulle chiacchiere!
Vogliamo far toccare con mano che quel "qualcosina" ha inciso, ed incide tutt'oggi in modo
marcato sulla quotidianità di ciascun Italiano e come ci sia traccia delle riforme e delle Leggi del
Fascismo in  ogni settore, dalla scuola, alla cultura, al lavoro, all'agricoltura, al sociale, che
condizionano positivamente la vita di tutti noi.
Vogliamo fornire i dati su cui riflettere per constatare che tutta la politica sociale del
Fascismo puntò ininterrottamente verso il riscatto sociale del popolo ponendo l'Uomo come
protagonista del mondo del lavoro e come cardine di uno Stato moderno che anteponeva la
società umana all'economia e puntava alla partecipazione reale dei Cittadini alla gestione
diretta della cosa pubblica.
Alla elencazione delle riforme messe in opera dal Fascis mo, i detrattori più sprovveduti e
superficiali obiettano che esse sono avvenute quasi per un automatis mo inevitabile a causa del
progredire dei tempi e che quindi il Fascismo sarebbe stato solamente il notaio involontario di
tali avvenimenti.
A parte la pochezza di una tesi indimostrabile che, come tale, evidenzia la malafede ed il
pregiudizio di un tentativo poco intelligente di negare l'evidenza, basterebbe la mole,
l'importanza e la brevità dei tempi occorsi alle riforme per dimostrare che queste sono avvenute
non a caso, ma per la ferma volontà di Benito Mussolini e di tutto il Fascismo, stante anche la
loro perfetta coerenza con la dottrina del Partito Nazionale Fascista!
In altri Paesi tali riforme sono avvenute non sempre, spesso non tutte e mai in un cos ì breve
arco di tempo!
Se mai è documentabile da scritti, dichiarazioni ed atti di personaggi di primo piano della
politica, della religione della letteratura e dell'arte mondiali come, in quegli anni, il mondo ci
osservasse, ci  invidiasse e ci copiasse….
Alcuni giudizi per tutti:
Mahatma Gandhi: "..Il Duce è uno statista  di primissimo ordine, completamente
disinteressato."
Il gran Mufti di Gerusalemme proclama ( 1938) Mussolini "difensore dell'Islam" e gli
consegna la simbolica spada dell'Islam.
Vladimir Ulianov, detto Lenin :"..sono certo che per causa sua e delle idee che lui ha, il
marxis mo sarà un giorno battuto e definitivamente rovinato.."
Josip Vissarianovich detto Stalin :"..con la morte di Mussolini, scompare un grande uomo
politico cui si deve rimproverare di non aver messo al muro i propri avversari politici.."
Wiston Churcill: "..così finirono i ventuno anni della dittatura di Mussolini in Italia durante i
quali egli aveva salvato il popolo Italiano dal Bolscevismo per portarlo in una posizione in
Europa quale l'Italia non aveva mai avuto prima.."  5
Antony Eden ( fautore delle sanzioni): "..Mussolini è il grande legislatore dei nostri tempi.  Le
Leggi del Duce e dei suoi fedeli sono una pietra miliare nell'evoluzione mondiale.."
E.Delano Roosvelt : "..sono rimasto davvero ammirato dal modo come (Mussolini)
concepisce e risolve i maggiori problemi del giorno.."
R.Kiplyng agli Italiani: "..sappiate amare questo vostro meraviglioso fratello che protegge il
vostro avvenire.. pensate che per l'Italia egli è tutto.."
G.B.Shaw : "..il popolo aderisce a Mussolini perché lo considera indispensabile.."
Stanley Baldw in, primo ministro Britannico: " non credo che in Europa vi siano uomini
eccezionali come Mussolini.."
Claude Ferrère, Accademico di Francia: "..il bene che Mussolini ha fatto all'Italia è, malgrado
tutto, incommensurabile.."
Richard Strauss: "..se dovessi sintetizzare il mio pensiero col minor numero di parole non
troverei che queste: Mussolini è unico.."
Igor Straw insky: "..non credo che alcuno abbia per Mussolini una venerazione maggiore
della mia.."
H.S. Har msw ort, Lord Rother mere: "..Mussolini è la più grande figura della nostra età e
probabilmente dominerà il XX° secolo.."
Ma, al di là delle opinioni, seppure suffragate da prove, lasciamo la parola ai fatti:
Quello che segue è un elenco, frammentar io ed incompleto, ma significativo, delle principali
Leggi, riforme ed opere che furono realizzate dal Fascismo e che cambiarono il volto della
società Italiana ottenendo al regime ed a Benito Mussolini quel consenso popolare quasi totale
che oggi la cultura e la storiografia ufficiali si affannano a disconoscere o comunque a s minuire,
ma che chiunque ha vissuto quei tempi e non è in malafede, conosce bene e non può negare!
Di proposito, i commenti e le opinioni sono ridotte al minimo indispensabile per facilitare la
comprensione dei precedenti e dell'ambientazione, mentre si è cercato di lasciare lo spazio
maggiore alla sostanza ed alla concretezza dei provvedimenti in modo che ciascuno sia libero
di farsi una personale opinione e di trarre le proprie conclusioni in modo autonomo, in base alla
propria capacità di giudizio critico.
1° Parchi Nazionali:
Gran Paradiso: RDL n° 1584 del 03 -12-1922
Abruzzo: RDL n° 257 del 12 -'7- 1923
Circeo: Legge n° 285 del 25 - 01-1934
Stelvio: Legge n° 740 del 24 - 04 - 1935
La priorità che il Fascismo dette ai valori spirituali della vita, in antitesi al materialis mo che
dominava ( e che domina tuttora) il concetto stesso di società auspicata dal Capitalis mo e dal
Marxis mo, si deduce anche dall'attenzione e dalla cura che esso pose alla preservazione della
natura e delle tradizioni culturali di quelle zone che il progresso tecnologico che sopravveniva
minacciavano.  6
Il concetto di salvaguardare  i vari "paradisi naturalistici" che fortunatamente abbondano in Italia
con la loro ricchezza di paesaggi, di flora, di fauna e di tradizioni e culture originali e, nel
contempo, farne un'attrattiva atta a promuovere un turis mo intelligente e non invasivo, è stata
una mossa geniale in quanto ha avuto la lungimiranza di vedere come era possibile, in un solo
colpo, difendere natura e tradizioni ed incrementare l'economia ed il livello di benessere di
quelle zone.
Si sviluppa così e non solo teoricamente nella dottrina, ma anche e soprattutto nell'azione di
governo, il concetto Fascista basilare che il territorio e le risorse, prima di essere proprietà dei
singoli Cittadini, costituiscono un bene che appartiene non allo Stato, ma alla Nazione e come
tale va preservato.
E' una vera e propria rivoluzione culturale che ribalta la concezione liberale di proprietà e che
determina un approccio nuovo ed originale non negando la proprietà, ma ponendole dei confini
precisi che la rendono secondaria rispetto all'opzione pr ioritaria dell'interesse generale e
Nazionale.
Anche in questo caso, la riprova della validità dell'iniziativa si ha dalla constatazione che essa è
stata ampiamente copiata e r ipresa negli ultimi sessant'anni, magari con l'aggiunta di un
"pizzico" di volontà speculativa.
2° Tutela lavoro Donne e Fanciulli: 
Legge promulgata il 26-04-1923 con Regio Decreto n° 653
E' una delle pr ime Leggi sociali del Fascismo che nasce solo sei mesi dopo la marcia su Roma
del 28 Ottobre 1922 ed è chiaramente indicatrice di quella che sarà la politica sociale degli anni
futuri del regime.
Negli anni e nei secoli precedenti, né la Chiesa, né la borghesia, né i socialisti ed i sindacati,
erano riusciti a migliorare ed a rendere umana la condizione delle donne e dei fanciulli che
erano costretti a lavorare nelle fabbriche, nelle miniere o come braccianti nelle campagne.
Le lotte e gli scioperi promossi dai socialisti, pur con le migliori intenzioni, non erano riusciti a
modificare la loro drammatica situazione di lavoro.
Le donne subivano orari massacranti, spesso in condizioni igieniche disastrose, anche quando
erano in gravidanza e, specie per questa causa, potevano essere licenziate ad arbitr io dei
padroni.
I fanciulli erano avviati al lavoro in età precoce ( otto - dieci anni), in condizioni spesso molto
disagiate ( miniere, concerie, filande ), con orari durissimi ed erano naturalmente privati di
qualsiasi possibilità d'istruzione che andasse oltre il " leggere e scrivere".  7
Con questa Legge, viene elevata a quattordici anni l'età minima per l'avviamento al lavoro dei
giovani, vengono stabilite le condizioni dell'ambiente  di lavoro cui i giovani possono accedere,
e viene stabilito per loro un orario massimo giornaliero.
Per le donne, si stabilisce il tipo di lavoro cui possono essere addette, la non licenziabilità in
caso di gravidanza, un periodo d'attesa per la maternità e vengono migliorate le condizioni
dell'ambiente di lavoro.
Una nota: nel 2002, ma già da decenni, sotto l'occhio vigile della Repubblica democratica
resistenziale, della Chiesa Cattolica, e dei partiti dell'Arco Costituzionale, che non hanno mai né
denunciato con campagne importanti, né concretizzato azioni risanatrici serie a cui manca la
volontà politica di realizzarle, è ripreso, alla grande, specie nel mezzogiorno, lo sfruttamento del
lavoro minorile e la semischiavitù del " Caporalato" e del lavoro nero per le donne…..
Molte le chiacchiere e le dichiarazioni d'intenti, molte le promesse demagogiche e molte le
proposte che, in alcuni casi, sono anche sfociate in Leggi che però, nella pratica, hanno avuto
l'efficacia delle famose " Grida" Manzoniane che promettevano pene severissime per i
contravventori e che rimanevano, all'atto pratico, inutili ed inascoltati velle itaris mi.
3° Assistenza ospedaliera per i poveri:
Legge promulgata il 30-12-23 con Regio Decreto n° 2841
Emanato dopo poco più di un anno dalla marcia su Roma, questo provvedimento fa parte di
quegli interventi tampone e d'urgenza che il Fascismo mette in essere per sanare  quelle
situazioni sociali che erano particolar mente in contrasto con il programma sociale del partito.
Questi provvedimenti legislativi saranno in seguito perfezionati, anche mettendo a frutto le
esperienze fatte nel frattempo, e mutati in Leggi organiche definitive come l'istituzione
dell'INFAM ( Istituto Nazionale Fascista Assistenza Malattie).
Questa Legge trasforma in dir itto alle cure gratuite la discrezionalità caritatevole di associazioni
benefiche, perlopiù religiose, che fino ad allora aveva condizionato la vita o la morte delle
persone che non disponevano di mezzi propri per accedere alle cure ospedaliere.
IL Cittadino è considerato soggetto di diritto e di diritti in quanto tale, come membro della
Nazione e non per censo, categoria, fede o clientela.
4° Assicurazione Invalidità e Vecchiaia:
Legge promulgata il 30-12-23 con Regio Decreto n° 3184
La Legge decreta il diritto alla pensione d'invalidità e vecchiaia tramite un'assicurazione
obbligatoria al cui pagamento concorrono sia i lavoratori che i dator i di lavoro.  8
Il lavoro, componente fondamentale del nuovo Stato Fascista, è un dovere per ogni Cittadino,
ma anche lo riscatta da quella posizione di servitù in cui lo Stato liberale poneva il lavoratore,
per trarlo in una posizione di libertà e di dignità che lo investe in quanto uomo e non solo in
quanto lavoratore e per questo gli assicura la certezza del sostentamento alla fine di una
carriera di lavoro.
Viene istituzionalizzato il concetto il concetto della socialità dello "Stato Organico" che il regime
intende realizzare, socialità il cui percorso attraversa tutto l'arco del ventennio Fascista
sviluppandosi con successive Leggi e provvedimenti che culmineranno, nel 1944, con la
Socializzazione.
Per questa Legge vale il commento fatto per quella dell'assistenza ospedaliera per i poveri in
quanto anche in questo caso si tratta di un provvedimento tampone, realizzato ad un anno dalla
marcia su Roma, che serve a sanare una situazione di grande disagio e che sarà poi
perfezionato con la Legge istitutiva dell'INFPS (Istituto Nazionale Fascista  della Previdenza
Sociale).
5° Riforma della scuola ( Gentile).
R.D.L. n° 1054 del 6 Maggio 1923
La data di promulgazione, solo otto mesi dopo la Marcia su Roma, essendo Giovanni Gentile
Ministro dell'educazione Nazionale del primo governo Mussolini, indica chiaramente l'attenzione
particolare del Fascismo al problema della scuola.
L'istruzione è e sarà sempre per il Fascismo una istanza primaria, vista anche nell'ottica della
strada maestra per il riscatto delle fasce più deboli che la mancanza d'istruzione relegava nei
più bassi gradini della scala sociale senza la possibilità di uscire dal ghetto per il semplice
motivo che, come ebbe a dire Mussolini: "..l'ignoranza significa esclusione dalla
partecipazione...".
L'anelito verso il modernismo che pervade il movimento Fascista sin dalle sue origini,
probabilmente influenzato anche dalla presenza nelle sue file di futuristi come il Marinetti,
spinge il nuovo governo a programmare una numerosa e preparata classe dirigente in grado di
supportare un vasto progetto di sviluppo Nazionale, obiettivo questo non realizzabile senza una
scuola moderna, razionalizzata, dinamica, produttiva ed accessibile a tutti.
Definita, anche dai più pregiudiziali antifascisti, la più importante ed organica riforma della
scuola del secolo XX°, la r iforma Gentile pose mano ad una situazione disordinata ed
approssimativa di una scuola che oltre che essere vecchia, poco formativa e disorganizzata,  9
era fortemente selettiva a favore dei ceti abbienti trascurando il compito di dare preparazione e
cultura a tutti i Cittadini.
La riforma Gentile succede alla Legge Casati del 1859 che stabiliva gli ordini d'istruzione,
istituiva un corso di studi tecnici della durata di tre anni e rendeva l'istruzione obbligator ia sino
alla seconda classe elementare.
Il nuovo livello scolastico obbligatorio  viene elevato alla quinta classe elementare, ma la
proibizione dell'avvio al lavoro dei giovinetti prima dei 14 anni, sposta di fatto tale obbligatorietà
sino alla fine del ciclo dell'avviamento o della terza media.
La riforma ebbe un'impronta umanistica, formativa e culturale contro l'utilitaris mo arido e
l'enciclopedismo e comprese, tra le materie d'insegnamento anche l'istruzione religiosa.
Altre caratteristiche specifiche della riforma Gentile sono: l'introduzione dello studio del Latino in
tutti gli ordini di scuole medie, l'introduzione degli esami di stato professionali per i laureati, la
nomina ministeriale per Rettori, Presidi e Direttor i didattici, l'ammissione delle Università libere,
gli esami di Stato per l'ammissione ad ogni ordine e grado superiore d'istruzione e l'istituzione
dei Provveditorati agli studi che vengono distribuiti, nel tempo, su scala provinciale.
Vengono riordinati i cicli di studio medio superiore sia per il conseguimento dei diplomi nelle
varie specializzazioni che per l'accesso all'università che viene suddiviso in due categorie di
Liceo, quello Scientifico per le facoltà scientifiche e quello Classico per tutte le altre facoltà
anche se non squisitamente umanistiche come per esempio quella di Medicina.
In relazione alle "Dichiarazioni" della Carta della Scuola, che con la Carta del Lavoro emanata
successivamente nel 1927 formerà il binomio cardine della filosofia sociale del Fascismo, il
principio dell'obbligo scolastico assume il nuovo significato di "Servizio Nazionale"  ed in
coerenza con la Legge che ammetteva al lavoro i giovani solo dopo il compimento del 14° anno
d'età, l'istruzione elementare viene suddivisa in quattro cicli:
1. Scuola materna biennale, vera e propria scuola di stato per bambini dai quattro ai sei anni,
che non si sostituisce agli asili per età inferiori e di natura privata già esistenti, ma serve ad
essi di efficace orientamento.
2. Scuola elementare triennale per i fanciulli di 6 -7 - 8 anni distinta in urbana e rurale.
3. Scuola del lavoro biennale per i fanciulli dai 9 ai 10 anni nella quale, al nor male
insegnamento culturale era abbinata la conoscenza e la coscienza del lavoro in tutte le più
salienti manifestazioni.
4. Scuola media o scuola artigiana o scuola Professionale, alle quali si accedeva dopo avere
superato gli appositi esami di ammissione, per completare l'ultimo ciclo dell'istruzione
primaria dall' 11° à al 14° anno d'età e che aveva la durata di tre anni.
La scuola Artigiana, distinta in tipi a seconda delle caratteristiche dell'economia locale,
mirava a dare, con la necessaria cultura generale e tecnologica, un rapido addestramento ai
diversi mestieri, fornendo gli elementi fondamentali, scientifici e tecnici che valgono per tutti i
lavoratori e per tutte le specie di lavoro.  10
I ragazzi che dopo la scuola del lavoro intendevano prepararsi alle esigenze proprie del
lavoro nei grandi centri, potevano scegliere di frequentare la scuola professionale, triennale,
seguita dalla scuola tecnica, biennale, orientate specificatamente agli impieghi minori ed al
lavoro specializzato nelle grandi aziende industriali, commerciali ed agrarie.
Chi accedeva alla scuola media, vi trovava una scuola propedeutica che lo preparava al
proseguimento degli studi medi superiori.
Per quanto riguarda l'Ordinamento generale, in basa alla Carta della Scuola è possibile
distinguere, in definiva, i seguenti ordini di studio:
I°)    Ele me ntare
a) Scuola materna, biennale
b) Scuola elementare, triennale
c) Scuola del lavoro, biennale
     II°) Medio  
a) Scuola Artigiana , triennale
b) Scuola Media, triennale
c) Scuola Professionale, triennale
d) Scuola Tecnica, biennale
     III°) Superiore
a) Liceo Classico, quinquennale
b) Liceo Scientifico, quinquennale
c) Istituto Magistrale, quinquennale,
d) Istituto Tecnico Commerciale, quinquennale
e) Istituto Tecnico per Per iti agrari e industriali, per Geometri e Nautico, quadriennale
 
  IV°) Universitario
a) Facoltà di Giurisprudenza, di scienze politiche e di Economia e commercio
b) Facoltà di Lettere e filosofia e di Magistero
c) Facoltà di Medicina e Chirurgia e di Medicina Veterinaria
d) Facoltà di Scienze matematiche , fisiche e naturali, scienze statistiche, demografiche ed
attuariali
e) Facoltà di Farmacia
f) Facoltà d'Ingegneria, d'ingegneria mineraria, di Chimica industriale
g) Facoltà di Architettura
h) Facoltà di Agraria  11
i) Scuole dirette a fini speciali
I corsi di studio per il conseguimento dei titoli accademici hanno la durata da quattro a sei anni.
Eccezionalmente, alcuni corsi possono avere una durata inferiore
Presso le facoltà possono inoltre essere istituiti per i laureati, corsi di perfezionamento e corsi di
specializzazione.
Oltre agli ordini di studio sopra citati, costituiscono  ordini speciali di studio e di addestramento:
I°) Istituti d'istruzione e d'arte così distinti:
a) Corso di avviamento all'arte, triennale
b) Scuola d'arte, quinquennale
c) Istituti d'Arte della durata di otto anni
d) Corsi di Magistero per il disegno e per l'Arte applicata, biennali
e) Liceo Artistico, quinquennale
f) Accademia d'Arte, quadriennale
g) Conservatorio di Musica, da sei a dieci anni a seconda delle discipline
h) Accademia d'Arte Drammatica, triennale
II°) Gli istituti per l'educazione e la preparazione della Donna, così distinti:
a) Scuola Media femminile, Triennale
b) Magistero femminile, biennale
III°) Corsi per la formazione ed il perfezionamento dei Lavoratori
Come si può vedere, la riforma Gentile è stata, oltre che fortemente innovativa e moderna,
anche molto articolata e specifica, tanto da ricoprire non solo tutte le necessità di cultura e
d'istruzione che la società degli anni venti voleva soddisfare, ma da essere ancora moderna ed
efficiente, con gli eventuali aggiornamenti necessari, anche negli anni 2000.
Tant'è che, nonostante i tentativi pasticcioni dei vari ministri che recentemente hanno tentato di
modificarla, e le cui riforme sono state quasi sempre peggiorative dello "stato quo ante" ( vedi
l'abolizione del Latino e dello studio dei Classici..), essa è ancora la colonna portante della
cultura e della scuola Italiane ed ha formato generazioni di professionisti e d'intellettuali che
costituiscono uno dei vanti dell'Italia!
 6° Acquedotti  Pugliese, del Monferrato, del Perugino, del Nisseno e del Velletrano 
In una economia ancora fortemente agricola, era di vitale importanza la disponibilità di acqua a
sufficienza per irrigare le culture e per dare da bere alle persone ed agli animali.
In modo particolare in meridione, dove la sete era un retaggio atavico che causava anche
problemi igienico - sanitari,  ma anche in alcune zone dell'Italia centrale e settentr ionale,  questo
era un problema sentito e secolare che mai nessun governo, prima e dopo l'unità d'Italia, era  12
riuscito a risolvere, ad eccezione delle canalizzazioni Venete della Serenissima, di quelle
Lombarde degli Sforza e di quelle Piemontesi iniziate da Cavour, che pur tuttavia non erano
acquedotti, ma solo vie d'acqua e strumenti per l'irrigazione in zone dove l'acqua non mancava
ma doveva solament e essere meg lio d istribuita.
La conseguenza di tutto ciò era, in molte zone, quella di un'agricoltura povera che riusciva a
malapena a sfamare le popolazioni e di un allevamento di bestiame misero e scarso come
scarse erano le risorse idriche disponibili.
L'acquedotto Pugliese si alimenta, con ardito progetto, sviluppando una serie di dighe, condotti,
bacini e centrali e migliaia di chilometri di tubazioni, s mistando a tutto il tavoliere ed a tutta la
Puglia acqua sufficiente all'allevamento ed all'uso alimentare trasformando l'economia della
regione e portando benessere e dignità laddove era solo miseria e umiliazione.
I primi progetti risalgono al 1904 quando l'Ente Autonomo Acquedotti Pugliesi ne affidò
l'esecuzione alla società Ligure del senatore Mambrini in seguito alla legge di finanziamento
fatta approvare dal Ministro dei Lavori Pubblici on. Balenzano.
I lavori avrebbero dovuto essere terminati nel 1920, ma nel 1919 solo 56 comuni su 260
avevano avuto l'acqua mentre le opere intraprese erano spesso abbandonate e incomplete e
deperivano ( come spesso accade anche oggi..!).
Nel 1923, sotto il governo Mussolini, l'Ente fu commissariato, passò alla gestione straordinaria
con la nomina a Commissario dell'Ing. Gaetano Postiglione e del direttore alle costruzioni Ing.
Manfredonia ed improvvisamente i lavori accelerarono e furono superate tutte le difficoltà che
sino ad allora avevano bloccato i lavori che furono portati a ter mine con successo nel 1939.
L'acquedotto Pugliese è il più grande acquedotto del mondo vantando un totale complessivo di
opere di circa undicimila chilometri con una portata media di 4.000 litri al secondo.
I Comuni serviti sono 444.
Con precisi progetti voluti dal regime, analoga operazione viene intrapresa e portata a termine
nella vasta zona Piemontese del Monferrato, territorio collinare da sempre tor mentato da una
scarsità endemica di acqua, nella provincia di Perugia  e nelle zone del Nisseno e del
Velletrano.
7° Legge sulla riduzione dell'orario di lavoro  a 8 ore giornaliere. 
RD n° 1955 del 10 Settembre 1923
Nessuna regolamentazione legislativa vigeva nel mondo del lavoro che stabilisse la durata della
giornata lavorativa, il concetto degli "Straordinari" pagati, la particolare situazione dei giovani
che erano al loro primo approccio con il mondo del lavoro per imparare un mestiere e che
venivano regolarmente sfruttati come orari e come salar i.
In pratica,  quasi tutto era lasciato all'arbitrio del datore di lavoro che spesso, con il ricatto
psicologico della disoccupazione, costringeva i lavoratori ad orari massacranti ed in ambienti di
lavoro malsani ed insicuri.  13
Nessuno, tranne i sindacati socialisti che per altro avevano ottenuto piccole conquiste solo in
casi specifici e non sul piano Nazionale, era riuscito a modificare l'essenza di un rapporto di
lavoro tanto inumano ed incivile.
Tutti sanno poi, dai romanzi dell'epoca, come anche i bambini dai sette ai dieci anni erano
costretti a lavorare nelle filande, nelle miniere e negli opifici con gravissimo danno alla salute
fisica e psichica.
Bisogna per altro riconoscere che, mentre i sindacati socialisti facevano un'opera di lotta da una
posizione non solo al di fuori dal potere, ma ad esso contrapposta, il Fascismo era il potere.
L'originalità stava nel fatto che il potere, anziché contrapporre le "classi" viste dal socialis mo
come Caste immutabili e nemiche, proponeva sinergie tra posizioni sociali dinamiche ed usava
naturalmente la sua autorità per creare le condizioni del cambiamento.
Né lo Stato liberale, né le lotte del socialis mo, né l'azione, per la verità molto blanda, della
chiesa Cattolica che preferiva non inimicarsi la ricca borghesia e che quindi invitava, salvo
pochi preti eroici, soprattutto alla rassegnazione in "questa valle di lacrime", erano riuscite a
modificare tale situazione inaccettabile per un Paese civile e d'altra parte vediamo ancora oggi
in tutto il mondo che, laddove il capitalis mo è senza controlli, all'estero come in Italia,  è di
nuovo ed ancora operante questo odioso sfruttamento dei lavoratori e dell'infanzia che rasenta
la schiavitù!
La Legge voluta da Mussolini, a meno di un anno dalla Marcia su Roma, elimina le più gravi
forme di sfruttamento del lavoro, pone fine per sempre in Italia a questa situazione stabilendo
regole precise sulla giornata lavorativa che veniva stabilita in otto ore g iornaliere e quarantotto
settimanali, oltre alle quali si potevano fare, in casi eccezionali,  un limitato numero di ore di
lavoro "straordinarie" pagate in modo particolare e superiore a quelle nor mali.
Ogni contratto di lavoro corporativo fisserà i dettagli validi per le peculiarità di ciascuna
categoria e sarebbe utile a tutti consultarne qualcuno e confrontare le normative con quelli
collettivi sottoscritti dai sindacati dopo la guerra, prima di aprire bocca per denigrare senza
cognizione di causa.
L'istituzione dell'apprendistato fissava regole ben precise sui modi e sui tempi di approccio ad
un nuovo mestiere da parte dei giovani, sulla loro frequenza a corsi professionali pagati ed
effettuati durante le ore lavorative.
 L'età minima di 14 anni al disotto della quale era illegittimo avviare un ragazzo al lavoro, era già
stata stabilita per legge nell'Aprile del 1923, sei mesi dopo l'ascesa al potere di Mussolini.
8°  Opera Balilla e Colonie mar ine e montane per i ragazzi:
Nell'ambito dell'organizzazione del Partito Nazionale Fascista ( P.N.F.) di cui farà
organicamente parte, nasce nei primi anni del Regime Fascista, l'Opera Nazionale Balilla, poi
trasformata in Gioventù Italiana del Littorio ( G.I.L.), che nasce per educare fisicamente e
moralmente la gioventù Italiana dai sei ai ventuno anni.
Con questo provvedimento, il Fascismo attuò una r ivoluzione significativa sottraendo alla
chiesa, anche al di fuori dalla scuola, l'educazione della gioventù che divenne di pertinenza
dello Stato.
Furono abolite le associazioni Cattoliche come gli "Scout" e l'Azione Cattolica che davano
un'impronta confessionale all'educazione della gioventù che da allora diventò laica senza
naturalmente impedire né scoraggiare in alcun modo né la catechesi, né la pratica della
religion e.
Semplicemente si volle impedire che la Chiesa Cattolica improntasse in modo confessionale
la gioventù e che selezionasse " pro domo sua" le future classi dirigenti del Paese.
Si realizzava insomma, in modo compiuto, l'obiettivo risorgimentale di: "..libera Chiesa in
libero Stato.."
L'Opera Nazionale Balilla fu dunque la risposta del Fascismo all'esigenza di crescere ed
educare i ragazzi nell'ambito dell'ideologia del regime, ma fu anche lo strumento per inculcare
l'Italianità, il senso della Patria e quello dei doveri civici in una Nazione, come l'Italia, che
avendo raggiunto da poco l'unità non era ancora omogeneamente legata pur avendo tradizioni,
storia e cultura comuni.
La Gioventù Italiana del Littorio ( G.I.L.), svolse un'azione capillare di disciplina ginnico -
sportiva, costruendo palestre, piscine ed impianti sportivi, istituendo scuole per istruttori ginnici,
organizzando campeggi, colonie, e gare provinciali, regionali e Nazionali.
La G.I.L. realizzò il compito di allontanare dalle strade i ragazzi, di far loro praticare
ginnastica salutare, di educarli al rispetto dello Stato ed all'amore della Patria e di creare una
nuova generazione d'Italiani, dalle Alpi alla Sicilia, che seppe poi dimostrare quanto aveva
assimilato dei valori insegnati in moltissime occasioni ed in molti episodi della guerra e della
Repubblica Sociale Italiana.
Viene organizzato, ed è esteso a tutto il territorio Nazionale, un sistema capillare d'istruzione
civile e sportiva come ma i pri ma  si era visto.
La G.I.L. ha come compiti precipui:
• For mazione dei futuri insegnanti di educazione fisica in accademie ed istituti superiori,
• Svolgimento di assistenza scolastica tramite appositi " Patronati"
• Istituzione ed assegnazione di borse di studio ai ragazzi bisognosi e meritevoli
• Gestione di biblioteche per i giovani
• Organizzazione dei "Ludi Juveniles", gare Nazionali di cultura, politica, arte e sport
• Costruzione su tutto il territorio di "Case della G.I.L." con  palestre, stadi e piscine per la
pratica degli sport
• Organizzazione e gestione delle Colonie climatiche ( marine e montane)
Quasi nessuno tra i figli dei lavoratori che non vi risiedessero abitualmente, aveva mai
potuto, in precedenza, passare periodi di vacanze ai monti od al mare per l'ovvio motivo che a
quei tempi, con quasi sempre un monoreddito famigliare e con le famiglie mediamente
numerose, una volta soddisfatto l'obiettivo primario della sussistenza, non rimanevano
certamente denari per mandare i figli in villeggiatura che era privilegio dei benestanti.
Non rari, nelle famiglie operaie, erano i casi di rachitismo o di malattie dell'apparato
respiratorio causate da condizioni di vita non ideali.
Mediante questa istituzione, tutti i figli dei lavoratori che ne facessero richiesta e che si
trovassero nelle condizioni di idoneità previste dai regolamenti, potevano usufruire di periodi di
vacanza gratuiti ed assistiti in apposite strutture costruite a centinaia, in tutta Italia, ai monti ed
al mare
Vengono costruite apposite strutture in tutto il territorio Nazionale, da Massa a Bardonecchia,
dal Sestriere alla riviera Romagnola, dal Trentino a Ostia, dalla Sila alle coste della Sicilia.
Anche in questo caso l'istituzione voluta dal Fascismo interviene nel senso di equilibrare la
fruizione di un bene, ridimensionando un privilegio a favore delle fasce deboli e stabilendo il
principio che i bambini dei lavoratori hanno gli stessi diritti alla gioia ed alla salute di quelli dei
ricchi.
9° Opera Nazionale Dopolavoro:
Quasi in parallelo a ciò che per i giovani era la G.I.L. , nasce per i lavoratori l'O.N.D. con il
proposito di portare cultura e svago tra la classe operaia che nel passato era stata costretta ad
una abbruttente vita fatta esclusivamente di lavoro, di sacrifici e d'ignoranza.
Non siamo r iusciti ad individuare la data esatta della sua costituzione in quanto la relativa
Legge, non più vigente almeno sotto questa denominazione, non è reperibile nelle raccolte
legislative delle biblioteche comunali che contengono solo le Leggi vigenti.
La collocazione temporale è comunque da porsi intorno ai primi anni del regime Fascista,
stante che la Legge istitutiva del Dopolavoro Ferroviario (vigente) è il 25-10-1925.
L'O.N.D. organizza:
• Circoli ricreativi che, senza scopo di lucro, offrono ai lavoratori un ritrovo economico e
dignitoso per trascorrere qualche ora di svago.
• Sedi per teatri popolari  16
• I " Carri di Tespi" , compagnie teatrali itineranti che operano su tutto il Territorio.
• Corsi di recupero scolastico per analfabeti e semianalfabeti.
• Biblioteche popolari.
• Gite tur istiche e culturali con accesso a spettacoli teatrali di prosa e di lirica.
• Treni Popolari.
Tutte realizzazioni che non necessitano di particolari spiegazioni tanto il loro significato ed il
loro valore sono palesi.
Al massimo è il caso di sottolineare, per coloro che sono oggi abituati alla "nor malità" di
offerte di fruizioni culturali generalizzate, che prima di allora, in questo settore, era il deserto e
che quindi le iniziative sopra descritte costituivano una novità assoluta.
Sui treni popolar i vale forse la pena di spendere qualche parola in più.
Interi paesi, intere città erano popolati da persone che, per la stragrande maggioranza
nascevano e morivano senza mai vedere altri posti che quelli dov'erano nati.
Pochissimi piemontesi avevano mai visto il Trentino o Venezia o Roma o Palermo;
pochissimi Toscani avevano visitato Torino o Genova o Milano o Napoli; pochissimi Calabresi
avevano mai visto Firenze o Padova o Pescara o Udine.
Insomma gli Italiani non si conoscevano tra di loro e non conoscevano il loro Paese!
Al giorno d'oggi, abituati ai mezzi di comunicazione veloci e diffusi di cui godiamo,  può
sembrare quasi impossibile quanto sopra descritto, ma allora era così ed anche peggio.
Chi scrive ha sentito raccontare di persone che, nate in una cascina del Vercellese dove
risiedevano centinaia di braccianti, avevano trascorso tutte la vita recandosi in paese due, tre
volte l'anno e mai in una città come Torino..
L'istituzione dei Treni Popolari a percorsi ragionati ed a prezzi assolutamente economici o
gratuiti, per misero, per la pr ima volta nella storia del Paese, a grandi masse di cittadini di
spostarsi sul territorio Nazionale e di conoscere altri Italiani, altre città, altri costumi ed altre
tradizioni arricchendo il bagaglio culturale, infrangendo le barriere etniche delle varie regioni e
contribuendo a cementare l'unità Nazionale.
10° Sviluppo delle centrali Idroelettriche ed elettr ificazione della reta ferroviaria
Con notevole lungimiranza, Benito Mussolini volle promuovere le centrali idroelettriche, sia
per sfruttare a pieno una risorsa che la natura morfologica Italiana poneva gratuitamente a
disposizione con i molti fiumi che scendevano da grandi dislivelli alpini ed appenninici, che per  17
sviluppare una fonte di energia rinnovabile ed assolutamente non inquinante e svincolare così
l'Italia dalla dipendenza dal carbone straniero.
L'elettricità così prodotta, oltre ad alimentare le varie fabbriche, servirà a realizzare
l'elettrificazione della gran parte della rete ferroviaria Italiana che, in pochi anni, sarà estesa a
quasi tutte le tratte principali salvo brevi percorsi che saranno serviti dalle famose "Littor ine"
funzionanti con motori Diesel.
La produzione di energia elettr ica impostata sulle centrali ter miche, così come si è sviluppata
nel dopo guerra, tralasciando la ricerca, l'incremento e lo sviluppo di altre fonti rinnovabili e
gratuite come l'acqua, il sole ed il vento, è frutto di un diverso ed interessato approccio al
problema.
Sugli approvvigionamenti da fonti energetiche gratuite non è possibile favorire interessi
privati ed avere in cambio benefici economici e politici.
I danni che le centrali ter miche hanno provocato all'ambiente ed alle persone in questi anni
del dopo guerra quando il fine dei governi era la grande spesa per le grandi tangenti anziché il
bene della Nazione, sono sotto gli occhi di tutti e non richiedono commenti…
11° Istituzione della Reale Accademia d'Italia:
RDL n°87 del 07 Gennaio 1926
Nel quadro del progetto di risollevare la Nazione da quello spirito di rassegnata sudditanza e
di provincialis mo culturali che aveva contraddistinto secoli di storia, prima e dopo l'unità,  in cui
l'Italia era stata, come disse padre Dante "..non Donna di Province, ma bordello..", fu fondata
l'Accademia d'Italia per dare, sul modello di altre Nazioni Europee come la Francia, lustro e
dignità all'ingegno ed all'arte Italiane che non avevano invece nulla da invidiare alle altre
Naz ion i.
L'Accademia d'Italia fu però  soppressa, ricostituendo la vecchia "Accademia dei Lincei"  di
più modesta levatura, da un Decreto Luogotenenziale, il n° 363 del 28-09-1944 per cercare di
annullare non una istituzione in quanto sbagliata, ma solamente in quanto opera del Fascis mo.
Dopo la sconfitta e con l'avvento della Repubblica resistenziale, rifiorì il servilismo ed il
provincialis mo che si concretizzavano nel sentirsi e voler essere colonia culturale, politica ed
economica USA, da parte dell'anticomunis mo borghese e clericale e colonia dell'URSS da parte
della sin istra socialcomun ista.
Non è difficile constatare, anche oggi, che l'Italia è diventata effettivamente, in tutto e per
tutto, una colonia culturale, economica e politica USA.
Ci si veste all'Americana, si mangia nei fast food e nei Mac Donald's, si ascolta la musica
Americana, ci si "buca" all'Americana, la lingua è infarcita di ter mini Americani, se a Wall Street
le azioni crollano, in Italia un sacco di famiglie si rovinano, ecc., ecc., ecc.
La Coca Cola e gli Hamburger hanno vinto sconfiggendo la Pirelli, la Fiat, Dante,
Macchiavelli, Giotto, il Perugino, Michelangelo, Vivaldi, Puccini e Leonardo….  18
E basterebbe vedere come l'atteggiamento servile di tutti i nostri capi di governo che si
recano a Washington, da Berlusconi ai suoi predecessori, assomigli molto a quello dei capi
Indiani o Africani che si recavano a rendere omaggio ai Re d'Inghilterra quando questa aveva
ancora l'Impero..!
12° Bonifiche dell'Agro Pontino, dell'Emilia, della bassa Padana, di Coltano, della Maremma 
Toscana, del Sele e della Sardegna  e colonizzazione del latifondo Siciliano: 
Sin dall'unità d'Italia si era analizzato e dibattuto su questi problemi, or mai storici, senza
tuttavia che la classe dirigente borghese, a parte qualche modesto intervento su specifiche
situazioni, fosse mai giunta ad elaborare e realizzare un qualche politica organica d'intervento.
L'Opera Nazionale Combattenti (O.N.C.), creata nel 1917 per favorire l'occupazione
produttiva degli ex combattenti, si era rivelata un "contentino virtuale" da dare ai reduci ed alla
pubblica opinione ed al momento della conquista del potere da parte del Fascismo, non aveva
ancora potuto iniziare ad operare in concreto.
Nel 1923, un solo anno dopo la rivoluzione Fascista, Benito Mussolini amplia i poteri dell'
ONC e le affida la responsabilità tecnico - amministrativa di realizzare la bonifica dell'Agro
Pontino, che non sarà un mero risanamento idraulico dei terreni, ma una vera e propria
ricostruzione ambientale, secondo il piano di Arrigo Serpieri, sottosegretario alla bonifica.
Si tratta di espropriare al parassitis mo latifondista ampi territori lasciati all'incuria ed al
degrado; si tratta di realizzare un organico piano di appoderamento costituendo piccoli e medi
poderi, modernamente attrezzati, che saranno dati, a riscatto, in proprietà ai braccianti
provenienti soprattutto dalle zone più povere del Veneto.
Oltre alle dimensioni dell'opera di bonifica, che non ha avuto eguali in Italia in tutta la sua
storia, è da sottolineare il r ivoluzionario concetto che la ispira e che va sotto il nome di Bonifica
integrale sottolineato e riportato nell'intestazione delle Leggi che vi si riferiscono.
Nella Bonifica integrale, oltre al risanamento idraulico dei territori è prevista la ridistribuzione
della proprietà, il rimboschimento, la messa a coltura e la costruzione di Città, Borgate ed
infrastrutture.
Vengono creati circa 4.000 poderi di dimensioni tra i 5 ed i 30 ettar i, si scavano 2.000
chilometri di canali, si costruiscono 900 chilometri di strade, 30 Borghi e 5 Città: Pontinia,
Littoria, Sabaudia, Aprilia e Po mezia.
I lavori di bonifica iniziano nel 1926 con l'impiego di 25.000 operai.
Nel 1932 i primi coloni entrano nei fondi loro assegnati!
A certificare l'efficienza del regime Fascista sta la rapidità di costruzione di ben 5 Città che
non pregiudica affatto né la solidità strutturale, tutt'oggi verificabile, né l'originalità e la modernità
urbanistiche che determinarono attenzione, meraviglia e plauso nel mondo intero.
Littoria: inizio Giugno   1932; inaugurazione 18 Dicembre 1933
Sabaudia: inizio Agosto 1933;  inaugurazione15 Aprile 1934
Pontinia: inizio 1934;  inaugurazione Dicembre 1935
Aprilia: inizio1936;   inaugurazione18 Novembre 1937
Pomezia: inizio 1938;  inaugurazione29 Novembre 1939
Pur non facendo parte del piano di bonifica dell'Agro Pontino, tra il 1934 ed il 1937, nella
zona adiacente al comprensorio, il regime Fascista realizza altre due importanti opere: la
istituzione del Parco Nazionale del Circeo di 3.200 ettar i che segue quella dei Parchi nazionali
dello Stelvio, del Gran Paradiso e dell'Abruzzo e la fondazione della città di Guidonia, la città
dell'aviazione ( dedicata al Generale Guidoni) , inaugurata dal Duce nel 1937 e destinata a
nucleo residenziale del personale militare e civile dell'aeroporto di Monte Celio e del Centro
Sperimentale Aeronautico.
Nel secondo decennio di vita del regime Fascista, gl'investimenti di capitali e
l'organizzazione attuativa del piano generale di bonifica, subiscono un ulteriore, deciso
incremento.
Dai 2.000.000 di ettari sotto bonifica nel 1930, si arriva ad oltre 5.000.000 nel 1938!
Il massimo dello sforzo viene realizzato tra gli anni 1929 e 1932, quelli della "Grande crisi
mon dia le".
In tutti i 60 anni del regno d'Italia, si erano bonificati 1.390.961 ettari……
Al risanamento dell'Agro Pontino, si debbono aggiungere le importanti bonifiche dell'Emilia e
della bassa valle Padana, quelle di Coltano, vicino a Livorno, della Maremma Toscana, del Sele
e di alcune zone della Sardegna.
In Sardegna, immediatamente a est di Oristano, tra il 1933 ed il 1935, vengono bonificati
10.000 ettari paludosi e vengono creati 240 poderi con al centro la città di Mussolinia (oggi
Arborea).
Un'altra importante e significativa opera viene iniziata, già in tempo di guerra, in Sicilia con la
costituzione dell' Ente di Colonizzazione del Latifondo Siciliano, con uno stanziamento di
1.000.000.000. di lire di allora a dimostrazione che gli investimenti per lo sforzo bellico, pur
importantissimi, non erano considerati meno importanti di quelli a sfondo sociale.  20
Entro il 1943, prima dell'arrivo in Sicilia dei "liberatori USA", favoriti ed accompagnati dai
"picciotti" e dai "pezzi da novanta" di quella mafia che il Fascismo aveva costretto in carcere od
alla fuga in America, l'Ente aveva realizzato otto Borghi in otto province dell'isola:  Bor go Faz io
(Trapani), Borgo Gattuso (Caltanissetta), Borgo Cascino (Enna), Borgo Rizza (Siracusa),
Borgo S.Giuliano (Messina), Borgo Lupo (Catania), Borgo Schirò (Palermo), Borgo
Bonsignore (Agrigento).
Insomma, le opere di bonifica realizzate dal Fascismo in un solo decennio sono non solo
un'opera sociale e di riscatto delle fasce più neglette del bracciantato agricolo Italiano, ma
costituiscono il maggior intervento organico di ristrutturazione del territorio Italiano attuato in
tutto il novecento ed in epoca moderna.
Come ampiamente documentato anche nella mostra " Metafisica costruita. Le città di
fondazione degli anni trenta dall'Italia all'Oltremare", tenutasi a Roma fino a tutto il Maggio
2002, i centri urbani, maggiori e minori, fondati in quel periodo dal Fascismo furono
settantaquattro, distribuiti in trenta  Province.
Tra questi, oltre alle già menzionate, ricordiamo le principali città che furono: Carbonia e Fertilia
in Sardegna, Segezia in Puglia, Alberese e Tirrenia in Toscana, Torviscosa in Friuli ed Arsia e
Pozzo Littor io in Istria.
Sfidiamo l'antifascismo becero e chiacchierone a contestare il valore di quanto sopra
descritto od a citare qualcosa di altrettanto valido realizzato dalla Repubblica "resistenziale" e
"democratica" !
L'unica cosa, assolutamente stupida, che essa ha saputo fare in proposito, è stata quella di
cambiare i nomi delle città fondate dal Fascismo ( Littoria, Mussolinia, ecc..), quasi che ciò
potesse bastare a cancellare i meriti dei fondatori e ad impedire il confronto con la meschinità
della propria gestione della cosa pubblica.
13° Attribuzione della facoltà d'indagine alla Polizia Tributaria: 
RDL n° 63 del 03 Gennaio 1926
Viene da sorridere nel considerare a cosa potesse servire una polizia Tributar ia cui era
inibita la facoltà d'indagare, tanto che fu necessaria un'apposita Legge per poter lo fare
efficacemente.
Evidentemente i governi precedenti avevano avuto un occhio di riguardo per la ricca
borghesia che non amava controlli ed indagini sulla propria situazione fiscale.
Una Legge come questa è la risposta oggettiva a tutti coloro che ancora oggi affermano,
mentendo spudoratamente, che il Fascismo nacque per favorire i ricchi e per reprimere i
poveri…  21
14° Opera Nazionale Fascista Maternità ed Infanzia 
Legge promulgata il 10 Dicembre 1925 con R.D. n° 2277 e regolamentata con R.D. n° 718
del 15 Aprile 1926
Nella nuova società, la cura e l'importanza delle donne e dei fanciulli , insita nella dottrina
Fascista, assume l'importanza di istituzione mediante la fondazione dell'Opera Nazionale
Maternità ed Infanzia che vuole dare e darà un concreto supporto alla fondamentale cellula
umana e sociale che è la famiglia, intesa non come generatrice di forza di lavoro e di consumo
come nel mondo materialista del capitalis mo e del marxismo, ma come culla e nucleo vitale
delle tradizioni della storia e del futuro della Nazione e dello Stato.
Centro vitale della famiglia è, per il regime Fascista, la madre che assume una fondamentale
importanza con la rivalutazione del ruolo femminile e la sottolineatura della dignità di figura
comprimaria, attiva e non più passiva nell'economia dello sviluppo ar monico del nucleo
f amigl iare.
Insomma una emancipazione della donna al di fuori e prima della nascita del movimento
femminista e con il pregio di sviluppare, rimarcare e promuovere la complementarità naturale
della donna all'uomo anziché porre stupidamente ed innaturalmente in competizione i due ruoli
cercando di copiare e sopraffare il maschio con il risultato oggi evidente di un uomo meno uomo
e di una donna meno donna!
Tale concetto si snoda durante tutto il ventennio partendo dalla partecipazione femminile alle
organizzazioni politiche del partito Nazionale Fascista ed arriva al culmine della
complementarità militare che si estrinseca, ai tempi della Repubblica Sociale Italiana, con la
creazione del corpo delle Ausiliarie ( S.A.F.) con particolar i e specifici incarichi a fianco dei
combattenti maschi.
La capacità di abnegazione, di fedeltà, di efficienza e di sacrificio del corpo delle Ausiliarie
sono la dimostrazione di come le donne Italiane del Fascismo avessero capito l'importanza del
rivoluzionario cambiamento avvenuto nei riguardi della donna e della sintonia assoluta che si
era creata tra di loro ed il regime Fascista.
L'Opera Nazionale Fascista Maternità ed infanzia nasce  come progetto organico per
regolamentare e coordinare, sotto tutti gli aspetti, la cura e l'assistenza dei fanciulli e delle
madr i, sia nell'ambito della famiglia che all'esterno di essa.
L'ONFMI è insomma il tessuto connettivo pensato e creato per riprospettare la Famiglia sotto
una nuova luce e con primaria importanza per lo Stato che intende darle, anche a livello
istituzionale, una nuova dignità ed un criterio di priorità nell'ambito della nuova società che si sta
creando.
Le competenze ed i compiti principali dell'ONFMI sono:
• Coordinamento delle istituzioni assistenziali per la maternità ed infanzia già esistenti con
compito di vigilanza, ispezione e controllo e loro finanziamento .  22
• Creazione di nuovi istituti di varia natura  per omogeneizzare il panorama di assistenza
su tutto il territorio Nazionale, strutturandone l'organizzazione a livello Nazionale, Regionale,
Provinciale e Comunale in modo tale da avere una completa capillarità d'intervento.
• Fondazione di asili, consultori ed ambulatori medici e di patronati d'assistenza.
• Organizzazione di corsi d'informazione sull'igiene pre e post natale nei consultori e nelle
scuole femminili.
• Assistenza e protezione delle gestanti e delle madri bisognose e dei loro bambini.
• Assistenza ai bambini di qualsiasi età appartenenti a famiglie bisognose e dei minorenni
fisicamente o psichicamente anormali o abbandonati.
• Organizzazione della profilassi per la prevenzione della TBC e la lotta contro le malattie
infantili.
• Controllo e denuncia al tribunale delle inosservanze al lavoro minor ile.
• Protezione dei minori allevati in ambienti fisici o morali inadeguati.
• Assistenza ai minorenni abbandonati, traviati o delinquenti
Il Finanziamento dell'ONFMI si avvale di un contributo annuo dello Stato, di fondi stanziati
allo scopo da istituzioni di assistenza, di percentuali stabilite per legge sugli utili dei Monti di
pietà e sugli utili delle principali Banche e del 25% del ricavo delle imposte di soggiorno, oltre al
contributo dei soci ed alle rendite patrimoniali e alle donazioni.
15° Assistenza illegittimi, abbandonati od esposti:
Legge promulgata il 08-05-1927 con R.D.L. n° 798
Con questa legge lo Stato si assume la responsabilità di provvedere a quei bambini non
desiderati che erano prima senza tutela ed alla mercé della carità privata e quindi considerati
persone di seconda categoria.
Ancora oggi, a perenne ricordo dell'epoca in cui per questi fanciulli l'unica alternativa alla
morte era la carità delle pie istituzioni, sono certi cognomi come " Esposito" che deriva da
"Esposto" alla ruota della carità in cui a Napoli si abbandonavano i fanciulli indesiderati.
Questa Legge, sancisce, nella pratica, il principio dell'uguaglianza di tutti i Cittadini di fronte
allo Stato che si assume ed istituzionalizza ufficialmente l'onere del mantenimento e
dell'educazione degli abbandonati surrogando in qualche modo la Famiglia mancante.  23
16° La Carta del lavoro:
Pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n° 100 del 30 Aprile 1927.
E' la "Costituzione" del mondo del lavoro che puntualizza il rapporto fondamentale tra esso ed il
Fascismo e dichiara, istituzionalizzandoli, i principi basilari a tutela dei lavoratori e la
preminenza, nello Stato Fascista, dell'interesse prioritario che lega gli obiettivi dello Stato a
quelli del lavoro e dei lavoratori.
Ecco alcune, e solo alcune, delle principali enunciazioni, tradotte puntualmente in Leggi dello
Stato prima o dopo la dichiarazione della Carta del lavoro:
• Obbligatorietà della stipula di Contratti collettivi di categoria.
• Istituzione della Magistratura del lavoro a livello di Corte d'Appello, con un Presidente e due
consiglieri di Corte d'Appello più due cittadini scelti in un albo di esperti del settore industriale
coinvolto nel giudizio di specie.
La Magistratura del lavoro aveva il compito di dirimere le controversie tra le varie associazioni
del lavoro o tra i singoli lavoratori ed i datori di lavoro interpretando, oltre alle situazione previste
nel codice civile, anche quelle comprese nei Contratti Collettivi di lavoro che assumevano la
validità di Leggi dello Stato.
• Istituzione dell'albo degli esperti del settore produttivo, divisi per competenze, che
affiancano i magistrati di Corte d'Appello nell'ambito delle cause discusse dalla Magistratura del
lavoro.
• Diritto alle ferie annuali.
• Istituzione della indennità di liquidazione di fine rapporto.
• Istituzione degli uffici di collocamento Statali.
• Disciplina e riconoscimento giur idico dei Contratti collettivi di lavoro ( Legge n° 563 del 03-
04-1926) che assumono così il valore dei Leggi dello Stato.
• Perfezionamento  e miglioramento delle assicurazioni in favore dei lavoratori ed in
particolare l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, l'assicurazione per la Maternità,
l'assicurazione per le malattie professionali, l'assicurazione contro la disoccupazione,
assicurazioni speciali per i giovani, casse mutue per malattie.
• Istituzione dei corsi professionali sia per l'apprendistato che per il miglioramento delle
capacità professionali dei lavoratori.
Come si vede e come si può vedere ancora meglio consultando il documento originale che oggi
non è facilmente reperibile per l'ovvio motivo della paura del confronto, la Carta del Lavoro
copre tutti i principali aspetti della problematica del mondo del lavoro e introduce concetti e
soluzioni non solo innovative, ma rivoluzionarie per quei tempi, in quanto sovvertono la
prospettiva da cui i temi del mondo del lavoro erano stati considerati sino ad allora.  24
Non ci sembra che nei tempi successivi, dal 1945 in poi,  siano stati molti e sostanziali i
progressi fatti dai partiti popolari e dai sindacati per migliorare la materia e che, a parte il solito
sciacallaggio del millantato credito, la partita tra il Fascismo e l'antifascismo, relativamente al
"punteggio" basato sui vantaggi ottenuti per i lavoratori, si risolva in un "cappotto" per
l'antifascismo…!
17° Esenzioni tributarie per le famiglie numerose:
Legge promulgata il 14-06-1928 con Regio Decreto n° 1312
In coerenza con la dichiarata importanza che il Fascismo attribuiva alla famiglia come cellula
fondamentale della società, era importantissimo sgravare dalle spese fiscali quelle famiglie che
già avessero impegni finanziari onerosi a causa dell'elevato numero di componenti.
E' dunque questa una delle prime prima Legge attuative del concetto di sostegno alla
famiglia che troverà in seguito puntuale riscontro nelle Leggi complementar i degli assegni
famigliari e degli aiuti economici per le famiglie numerose.
Con questa Legge viene ribadito il concetto dello Stato Sociale che non si limita ad
amministrare la ricchezza prodotta dal Paese, ma applica il principio secondo il quale il diritto
alla solidarietà non è correlato solo alla capacità produttiva dei Cittadini, ma anche alle loro
situazioni di necessità.
18° Rete Stradale ed Autostradale, Ferrovie e Porti:
Nel 1928 viene costituita l'Azienda Autonoma Strade Statali (A.A.S.S.) con il compito di
costruire la rete primaria stradale per complessivi 20.000 chilometri.
Nel 1930 viene unificata la segnaletica stradale e viene approvato il primo Codice Stradale.
Tra il 1925 ed il 1935  si costruiscono le principali Autostrade: Milano-Laghi, MilanoBergamo, Roma- Ostia, Napoli- Pompei, Bergamo-Brescia, Milano-Torino, Firenze- Mare,
Padova-Mestre e Genova-Serravalle, per complessivi 500 chilometri.
Tra il 1920 ed il 1940, la rete ferroviaria viene notevolmente rafforzata con circa 2000 nuovi
chilometri e si procede alla elettrificazione generale mentre nelle  tratte non elettrificate
appaiono le famose "Littorine".
Tra il 1923 ed il 1926, si ampliano e si modernizzano i Porti di Livorno, Genova, Napoli,
Marghera, Civitavecchia e Ravenna.
19° Creazione delle aree Industriali:
Ne quadro delle misure anticongiunturali per la crisi mondiale del 1929 - 1930 e nella logica
della ideologia Fascista che prevede l'intervento dello Stato per realizzare forme di
organizzazione basate sulle alleanze e sulle sinergie tra l'impresa privata e l'impresa di Stato, il
regime, servendosi sia dell'apparato amministrativo dello Stato che di specifici Enti creati
appositamente come I.R.I. ( Istituto per la Ricostruzione Industriale) e l'I.M.I. ( Istituto Mobiliare
Italiano) vara un piano di sviluppo industriale che prevede l'istituzione delle Zone Industriali.
Mediante l'espropriazione di interi comprensori produttivi ed avvalendosi di finanziamenti
agevolati, esenzioni fiscali e doganali e di assistenza tecnica ed amministrativa gratuita, viene
raggiunto il risultato di organizzare logisticamente, logicamente e strutturalmente, significativi ed
efficienti poli industriali.
Alcuni esempi sono le istituzioni, con decreti che vanno dal 1929 al 1941,  dei poli industriali
di Fiume, Trieste- Monfalcone, Aurisina-Pola, Livorno, Ferrara, Roma, Apuania e Palermo.
In questo contesto dei poli industriali nascono i Villag gi pian ificati per la residenza delle
maestranze, realizzati in regime di agevolazioni parificate a quelle concesse per la costruzione
delle Case Popolari.
Gli scimmiottamenti tentati nel dopo guerra dai governi DC e di Centrosinistra hanno creato
poli industriali come Taranto e Gioa Tauro che, seguendo logiche clientelari e di voto-scambio
anziché di logica industriale e di razionalità logistica hanno miseramente fallito l'obiettivo
istituzionale ed hanno contribuito a sviluppare l'infezione dell'influenza mafiosa in quelle zone.
20° Patti Lateranensi:
Fir mati l'11 Febbraio 1929  i patti Lateranensi furono, per Mussolini e per molti Fascisti, una
sgradevole necessità politica cui aderirono "ob torto collo"..
Data la sua natura, non certo confessionale, non era nelle corde del regime il fare alla
Chiesa Cattolica le concessioni che i patti comportarono, ma decenni di logoranti contrasti che
caratterizzavano i rapporti tra Stato e Chiesa sino dalla unificazione Nazionale conclusasi con la
"breccia di porta Pia", dovevano essere sanati ad ogni costo.
D'altra parte, nessuna concessione, nessun compromesso fu fatto sulle prerogative
essenziali dello Stato soprattutto per quanto riguardava l'educazione dei giovani che anzi
rimase allo Stato con l'abolizione delle associazioni Cattoliche ( Boys Scouts ed Azione
Cattolica) e con il rafforzamento della scuola pubblica.  26
Non si può dimenticare che il popolo Italiano era, all'epoca, nella sua maggioranza, Cattolico
osservante e che quindi stava vivendo una tragica schizofrenia nel contrasto tra i propri doveri
di fedeltà allo Stato e di fedeltà alla Chiesa.
Né il clero, ispirato dal Vaticano, tendeva a sopire i contrasti, ma anzi, li fomentava.
Era una situazione insostenibile ed obiettivamente difficile per chi, come Mussolini aveva in
mente di operare cambiamenti radicali nella società e non aveva certamente bisogno né di
opposizione precostituita, né di resistenze passive, né di zavorre.
I patti Lateranensi furono un'operazione non gradevole, ma necessaria che fu compiuta
nell'ottica del progetto di riunire compattamente il popolo Italiano per potere efficacemente
operare quelle riforme e quella rivoluzione sociale, difficili, se non impossibili da attuare, con un
popolo diviso in fazioni contrastanti.
In più, avendo la Chiesa Cattolica un'influenza su quasi tutte le Nazioni Occidentali, la pace
con essa era anche notevole miglioramento dell'atteggiamento delle altre Nazioni verso l'Italia
ed il suo governo!
Chi non capisce, o non vuole capire la complessità della situazione  e la necessità di togliere
dal panorama politico Italiano di allora questo problema incancrenito, o è in malafede o non ha
né la sensibilità politica, né l'intelligenza per capire.
Per tutti i motivi su esposti e per rasserenare la società civile Italiana, furono conclusi i patti
Lateranensi pagando un prezzo economico, politico ed ideologico, ma assicurandosi l'appoggio
della Chiesa, almeno fino a quando il vento fu in poppa e non si delinearono la sconfitta bellica
ed il disastro politico.
Dopo di che, come sempre in tutti i suoi 2000 anni di storia, la Chiesa Cattolica cambiò rotta,
maledisse quelle bandiere che aveva benedetto sino al giorno prima, lanciò l'anatema contro
chi aveva definito " l'Uomo della Provvidenza " e si trovò pronta ad ereditare il nuovo potere!
Ma questo è un altro discorso……
21°Legge sull'Assicurazione obbligator ia contro le malattie professionali e Legge istitutiva 
dell'INFAIL ( Istituto Nazionale Fascista Infortuni sul Lavoro):
Leggi promulgate rispettivamente il 13-05-1929 con Regio Decreto n° 928 ed il 23 -03 1933
con Regio Decreto n°264
Nel quadro  della ristrutturazione del mondo del lavoro e dei rapporti tra i lavoratori e lo
Stato, queste due Leggi risolvono l'annoso problema delle conseguenze negative che situazioni
accidentali potevano procurare a chi lavorava in particolari settori.
Senza entrare nel dettaglio delle modalità di assistenza di queste Leggi che, di fatto, danno
totale copertura assicurativa a chi incorra in infortuni sul lavoro o contragga una malattia
professionale, ci sembra opportuno sottolineare come la normativa stabilisca un precedente
fondamentale in quello che è l'approccio globale alle problematiche del mondo del lavoro,
nell'ambito della concezione Fascista dello "Stato del lavoro".
Importantissimo è il riconoscimento dell'esistenza di " malattie professionali" e cioè di
situazioni di lavoro che implichino una diretta relazione con la possibilità di ammalarsi perché è
solo da questo principio che possono e devono discendere tutte quelle provvidenze atte ad
eliminare nella pratica queste situazioni di insalubrità e di pericolosità.
Altro concetto ribadito da queste Leggi è quello che r iconosce il lavoro come diritto-dovere di
ogni Cittadino e come un "servizio" allo Stato ed alla comunità Nazionale che, proprio per
questo, riconoscono dal canto loro il dovere di assistenza verso coloro che, a causa di tale
"servizio" subiscano danni per manenti.
Con queste Leggi, si assicura un futuro dignitoso a coloro che, non avendo raggiunto i limiti
di età per la nor male pensione di anzianità, si trovino nella impossibilità di lavorare ancora a
causa di infortuni o di sopravvenute malattie professionali, senza dover dipendere dalla carità
pubblica e privata, come succedeva prima.
22° Istituzione del Libretto di Lavoro 
RD n°112 del10-01-1935
Proseguendo nel perfezionamento delle norme a tutela dei lavoratori, per contrastare
fenomeni come il lavoro nero, lo sfruttamento illecito di categorie deboli come donne e fanciulli,
gli abusi sull'orario di lavoro e l'evasione dei contributi assicurativi e previdenziali e per far si  28
che, in generale, fossero rispettate tutte le Leggi emanate a difesa del mondo del lavoro, viene
istituito il Libretto di Lavoro in attuazione da quanto previsto dalla "Carta del lavoro".
Questo documento obbligatorio, diventa indispensabile per l'assunzione di qualsiasi
lavoratore e permette un controllo capillare delle Aziende e del livello occupazionale Nazionale.
Riportiamo di seguito i punti più importanti della Legge:
• Tutti coloro che prestano lavoro dipendente debbono essere forniti di Libretto di Lavoro.
• Indicazioni contenute nel L.L.:
a) grado d'istruzione
b) Certificato medico d'idoneità al lavoro
c) Dati completi del datore di lavoro e dell'Azienda, la qualifica professionale del lavoratore
e relativi passaggi di categor ia, l'ammontare della retribuzione, l'associazione
professionale cui il lavoratore è iscritto, le date di assunzione e di cessazione dal servizio
  d)   Infortuni e durata delle assenze per questo motivo.
   e)  Malattie e durata delle assenze per questo motivo.
   f)  N° della tessera di assicurazione invalidità e vecchiaia
• E' fatto divieto ai datori di lavoro di assumere in servizio lavoratori non muniti di L.L.
• Il lavoratore ha diritto a prendere visione e controllare in qualsiasi momento il proprio L.L.
depositato presso il datore di lavoro.
• E' vietato agli ufficiali di Collocamento iscrivere nelle liste i lavoratori non muniti di L.L.
• Sono previste sanzioni severe per registrazioni inesatte o frodanti.
Come si vede, l'intenzione è quella di regolamentare una volta per tutte il mondo del lavoro
ponendo fine a quelle irregolarità che avevano origine in una tradizione di prevaricazione e di
ricatto che i lavoratori avevano sempre dovuto subire in forza della miseria e della necessità.
L'efficacia del provvedimento è nella constatazione che oggi, non solo il Libretto di lavoro è
ancora in vigore, ma che esso è diventato il simbolo del " lavoro regolare" contro tutti gli abusi e
le precarietà del cosiddetto "lavoro nero"
23° Legge istitutiva dell' I.N.F.P.S.
Legge  promulgata il 04-10-1935  con Regio Decreto n° 1827
Questa Legge nasce come compendio, completamento e ristrutturazione organica di leggi
sociali della stessa materia già promulgate sin dal 1923 come quella nata dal R.D n° 3184 del  29
30-12-23, "assicurazione invalidità e vecchiaia" o quella emanata in pari data con R.D. n° 3158,
"assicurazione contro la disoccupazione"
L'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, assorbendo la precedente Cassa Nazionale
per la Previdenza, nasce come Ente di diritto Pubblico con gestione autonoma e quindi al di
fuori da qualsiasi influenza politica o di gruppi d'interesse privati.
La Legge in oggetto istituisce la previdenza sociale per tutti i lavoratori che prima erano pr ivi
di qualsiasi seria tutela ed in particolare crea l'istituto della pensione di anzianità e vecchiaia
calcolata in base ai contributi obbligatori versati all'INPS dai datori di lavoro e dai lavoratori
dando, a chi ha lavorato tutta una vita, la sicurezza di una vecchia serena e sicura.
Inoltre stabilisce, per la prima volta in Italia, una forma di assicurazione pensionistica
pubblica e tutelata dallo Stato, per gl'invalidi al lavoro.
Tra il 1939 ed il 1941, l'INPS allarga le sue funzioni ed altrettante Leggi dello Stato gli
delegano l'assicurazione contro la disoccupazione, l'erogazione degli assegni famigliari,
l'assicurazione contro la TBC, e le integrazioni salariali per i lavoratori sospesi o ad orario
ridotto, tutte Leggi già esistenti a partire dal 1923, ma non gestite precedentemente dall'INPS.
Chiunque, ancora oggi, goda di una pensione, garantita dallo Stato, dopo una vita di lavoro
od a causa di un infortunio o una malattia che non gli per mettano più di lavorare, lo fa grazie
alla succitata Legge voluta dal Fascismo che, nell'ottica dell'emancipazione sociale che è alla
base della sua dottrina e della sua prassi, opera legislativamente ed in modo organico, fin dai
primi anni della sua ascesa al potere ed in tutti i campi, per migliorare le condizioni generali dei
lavoratori e per collocarli nella società in una posizione di maggiore dignità e consapevolezza.
E' un passaggio di grande importanza storica perché determina la fine  dell'era della "Carità
sociale" ed inizia quella dei " Diritti Sociali" sanciti dalle Leggi e garantiti dallo Stato!
Alcuni dati aggiornati all'anno 2000 :
Lavoratori assicurati all'INPS  19.000.000
Numero di pensioni erogate    16.000.000  
Aziende assicurate 1.500.000
Sedi provinciali attive 470
Nota: dopo la fine della guerra, i governi, i partiti ed i sindacati hanno usato l'Istituto ed il suo
patrimonio ( soldi di proprietà dei lavoratori) per instaurare politiche clientelar i al fine di
"comprare" consensi elettorali, concedendo a mezzo di leggine "ad Hoc" la pensione a
categorie che non avevano mai versato alcun contributo nelle casse dell'Istituto, o
sovvenzionando alcune grandi aziende amiche che hanno fatto della cassa integrazione una
opportunità per privatizzare gli utili e socializzare le perdite, o elargendo pensioni di favore agli
"addetti ai lavori" in base a contribuzioni virtuali.
Il tutto a carico delle esauste casse dell'INPS svuotate dalla famelicità e dalla inettitudine di
una classe politica e sindacale indegne che hanno anteposto gli interessi politici e di parte a
quelli generali dei Cittadini.       30
24° Riduzione dell'orario di lavoro a Quaranta ore settimanali:
R.D. n° 1768 del 29 Maggio 1937
Non appena le condizioni generali dell'economia e dell'industria Italiane lo per mettono, il
Fascismo continua la marcia intrapresa sin dal 1923 in direzione della riforma globale del
mondo del lavoro investendo parte del vantaggio economico riscontrato, nella ulteriore
diminuzione dell'orario di lavoro e sottolineando il principio che il lavoro ed il profitto debbono
essere strumenti e non fini della società.
Questa Legge, conosciuta più genericamente come "Sabato Fascista", è un ulteriore passo
in avanti nella " Umanizzazione" del lavoro e dimostra come la direzione intrapresa dal Fascis mo
fosse nella direzione di migliorare continuamente la posizione dei lavoratori come si evince
anche da tutta la numerosa successione delle Leggi "Sociali" culminata con la "Socializzazione
delle Imprese" realizzata nella Repubblica Sociale Italiana nel 1944.
L'obiettivo è quello di formare uno "Stato del lavoro" in cui la figura del lavoratore assume il
ruolo di protagonista ed una dignità ed un'importanza mai avute prima ( e per quello neanche
dopo..).
 
25° Legge istitutiva dell'ECA (Ente Comunale di Assistenza):
Legge promulgata il 03-06-1937 con Regio Decreto n° 847  G.U. del19-06-1937  31
Viene istituito, in ogni Comune del Regno, l'Ente Comunale di Assistenza con lo scopo di
assistere individui e famiglie in stato di necessità e di coordinare e controllare tutte le altre
associazioni esistenti che avessero analogo fine.
Si tratta dunque di r iordinare l'assistenza pubblica e privata ai bisognosi e di estenderla
capillar mente a tutti i Co mun i d' Ita lia.
L'Ente viene finanziato da: apposita tassa addizionale e dalle rendite del proprio patrimonio o
di istituzioni da esso amministrate.
26° Assegni Famigliari:
Legge promulgata il 17-06-1937 con Regio Decreto n° 1048
Elemento riequilibratore tra salario e necessità famigliari, l'istituzione degli assegni famigliar i
per gli elementi della famiglia "a carico" del lavoratore, distacca il valore della remunerazione
del lavoro dalla valutazione di pura compra-vendita di mano d'opera e lo pone sul piano più
generale di una socialità in cui il lavoro diventa comunque un " mezzo" di sostentamento della
famiglia in quanto cellula primaria della società.
A parte le positive ed evidenti conseguenze pratiche di una maggiorazione delle entrate della
famiglia, in proporzione alle necessità dei suoi membr i, la Legge che istituisce gli assegni
famigliari conclama l'importanza dell'istituto della Famiglia restituendole dignità e valore sociali
in perfetta coerenza con tutta la dottrina del partito Fascista.
Avere figli non è più, quanto prima, un "lusso" che non pesa ai ricchi, ma penalizza i poveri
ed i figli non sono più, come nella società contadina, una opportunità in quanto potenziale forza
- lavoro, ma possono essere, com'è naturale che sia, la realizzazione del desiderio della
proiezione di se stessi e della propagazione della specie nella realizzazione di uno dei più forti
tra gli istinti umani oltre che un arricchimento umano per la Nazione.
Gli Assegni famigliari spettano per Figli, Coniuge, Genitori od altre persone a carico del
lavoratore capo famiglia.
Per i Figli spettano sino all'età di 18 anni o di 21 se studenti medi o di 26 se studenti
universitari.
Gi assegni sono dovuti anche in caso d'invalidità dovuta ad infortunio sul lavoro, così come
per le assenze per maternità.
L'ipotesi che la promozione delle famiglie numerose fosse un progetto specifico del regime
per avere più soldati per fare le guerre, è una delle tante affermazioni cretine degli avversari
che non è né provata dai fatti, né suffragata da  dichiarazioni ufficiale del regime.  32
Come tutte le affermazioni non provate, essa resta a livello di pettegolezzo da portineria,
destinata agli spiriti semplici e, come tale, non ci prendiamo la pena di confutarla..!
27°  Casse  rurali  ed  artigiane :
Legge promulgata il 23-06 1937 con Regio Decreto n° 318
Prima di questa Legge, oltre alle grandi banche d'affari che proponevano credito e servizi
soprattutto per le grandi imprese industriali, commerciali o finanziarie ed alle quali era
impossibile accedere per il mondo dell'artigianato e dell'agricoltura, esistevano da qualche anno
piccole Banche Cooperative che avevano lo scopo di estendere i servizi bancari anche a quelle
categorie escluse dall'accesso alle grandi banche e quindi, di fatto, escluse da finanziamenti
che potessero aiutare la gestione e lo sviluppo delle piccole e medie aziende.
Le banche cooperative avevano però alcuni difetti o perlomeno certi limiti in quanto erano
aperte solo ai soci delle cooperative stesse e non erano presenti su tutto il territorio Nazionale,
ma erano sparse a macchia di leopardo.
La Legge del Giugno 1937, riordina e rinnova tutta la materia ed in particolare:
a)  Stabilisce uno Statuto generale valido per tutte le banche di questo tipo che saranno
denominate Casse rurali ed Artigiane.
b)   Estende a tutto il territorio Nazionale la possibilità di accedere al Credito specifico.
c)   Stabilisce condizioni particolari e favorevoli per le aziende Rurali ed Artigiane.
d)  E' un provvedimento che riorganizza in modo organico l'accesso al credito delle piccole
aziende
Come si può vedere, questa Legge opera nella direzione di promuovere lo sviluppo delle
piccole aziende rurali ed artigiane sia per difenderle dallo "schiacciamento" in cui grandi
aziende le pongono e sia in un'ottica, rivelatasi valida al riscontro del tempo, di valorizzazione
delle piccole e medie aziende come asse portante dell'inventiva, dell'imprenditorialità e della
vitalità della produzione Nazionale.
A convalidare la validità delle Casse Rurali ed Artigiane come strumento di promozione e
sviluppo del settore, è sufficiente un raffronto statistico sulla moltiplicazione, negli anni
susseguenti il varo della Legge, del numero di aziende medio-piccole su tutto il territorio
Nazionale e la constatazione che, ancora oggi, la diffusione capillare delle Casse Rurali ed
Artigiane ( ora denominate Banche di Credito Cooperativo per motivi di sciocco mimetis mo
storico politico) è diventata una realtà indispensabile dello sviluppo economico del territorio.
28° Legge istitutiva dell'Istituto Autonomo delle Case Popolari ( I.A.C.P.):
Legge  T.U. con R.D. n°1165 del 28 Aprile 1938, G.U. supplemento n° 177 del 5 Maggio
1938
Con questo Legge, Testo Unico, si riordinano le precedenti leggi relative alle Case Popolar i
di varia natura ed in particolare quelle dell'Istituto Autonomo Case Popolari già istituito sin dal
1924.
Il preesistente I.C.P. creato con l'obiettivo di costruire e dare in affitto case popolari ai ceti
medio bassi della popolazione, era riuscito solo in parte a realizzare il suo programma istitutivo
sia per le pastoie burocratiche cui era soggetto per legge ( per esempio l'inalienabilità del
patrimonio immobiliare), che a causa dello scarso spirito sociale che animava i governi borghesi
anteguerra e che faceva quindi mancare la volontà politica di una strategia rivolta al riscatto
delle fasce più deboli della popolazione.
Mai nessuno, prima dell'avvento del Fascismo, aveva considerato il problema di dare ai
lavoratori una casa dignitosa, con affitti che fossero adeguati ai salari e con la possibilità di
diventarne proprietari tramite l'acquisto a riscatto. Né i sindacati, né i governi si erano mai
preoccupati di sottrarre le fasce deboli all'arbitrio ed allo sfruttamento del "libero mercato" che,
specie nelle grandi città dove l'incremento della popolazione era in notevole aumento a causa
dello sviluppo del fenomeno della industrializzazione, poneva alle famiglie il dilemma di abitare
in tuguri a volte privi delle pur minime strutture igieniche o di sottrarre una grossa fetta del
salario per una casa dignitosa.
Alcune minime, per quanto lodevoli eccezioni localizzate in precise e r istrette aree, come i
villaggi operai di Olivetti, erano state un nulla sul piano Nazionale e per di più erano state una,
se pur meritevole, liberalità padronale e non l'affermazione di un diritto esteso a tutti e su tutto il
territorio Nazionale.  
Con l'Istituto Autonomo delle Case Popolari, il Fascismo istituzionalizzò un piano organico
nazionale per dare a tutti i lavoratori una casa.
Dal 1924, il Regime Fascista ristruttura l'Istituto Case Popolari modificandone la Legge
istitutiva in modo da renderlo autonomo dalle pastoie burocratiche cui era soggetto per
permettere la smobilitazione del patr imonio immobiliare e per finanziare la costruzione di Case
Popolari in vendita a riscatto od in assegnazione con patto di vendita futura.
L' I.C.P. diventa I.A.C.P. ( Istituto Autonomo Case Popolari) a sottolineare, con il ter mine
Autonomo,  lo sganciamento dalle pastoie della burocrazia e del conseguente slancio operativo.
Ad esempio parziale di quanto fu realizzato anche in coerenza con il Piano della creazione
delle Aree Industriali, le quattro Città satellite realizzate in poco tempo a Milano: C.Ciano a
Legnano, A. Mussolini al Vigentino, Oberdan a Lambrate, I.Balbo a Niguarda .
Si promuove insomma una politica della casa che tende a dare in affitto e/o in proprietà
abitazioni dignitose ai ceti popolar i a dei costi sostenibili e proporzionati ai salari.
Per risolvere l'analogo problema relativo agli impiegati statati, spesso sottoposti a successivi
trasferimenti nel corso della carriera, il regime istituisce l'Ente Nazionale Case per gli Impiegati
Statati ( I.N.C.I.S.).
Purtroppo, nel dopo guerra, i caritatevoli governi Democristiani, senza opposizione delle
sinistre, fecero strame dell'Istituto Autonomo Case Popolari sino a ridurlo quasi ad un nulla
deficitario a tutto vantaggio dei guadagni dei "palazzinari rampanti" (Antesignani delle
"Tangenti") che imperversarono speculativamente e spesso in spregio ai piani regolatori nelle
periferie delle nostre città riducendole  alle alienanti mostruosità che possiamo ancora oggi
vedere!
Per constatare quanto affermiamo, basta confrontare a Roma il quartiere dell'EUR,
progettato e costruito dal Fascismo con una delle tante borgate costruite dai "palazzinari" amici
dei governi post bellici..!
Non si poté però annullare il principio affermato dall'istituzione delle case popolari e cioè
quello del diritto ad una casa dignitosa per tutti i lavoratori, principio che la sinistra fece suo
usurpandone la primogenitura al Fascismo ( come fece per molte altre cose…)
29° Riforma dei Codici e rinnovamento legislativo:
Uno dei grandi problemi che si presentarono subito all'attenzione del Governo Mussolini, fu la
caoticità, le sovrapposizioni e le carenze del sistema legislativo per cui fu necessario porre
mano ad un'imponente opera di rinnovamento, sostituendo i codici che risalivano all'unità
d'Italia ed introducendo nuove nor mative in materie trascurate in precedenza dal legislatore.
Con il RD n° 1398 del 19-10-1930 fu varato il nuovo Codice Penale mentre con il coevo RD n°
1399 del 19-10-1930 fu approvato il nuovo Codice di Procedura Penale.
Questi due Codici che presero il nome dal Ministro della Giustizia ed insigne giurista Alfredo
Rocco, ordinarono in maniera organica il Diritto sostanziale ed il diritto processuale penali.
Cambiò l'approccio generale al problema della gestione della giustizia per cui i nuovi codici
furono concepiti non più soltanto come un insieme di nor me repressive, ma anche dirette alla
prevenzione dei reati.
Da qui una maggiore considerazione, rispetto al passato, della personalità del soggetto anche
mediante la possibilità, concessa al giudice,  di adeguare la pena alla capacità di delinquere del
reo.
Veniva così posto l'accento sull'elemento psicologico del reato che assumeva il giusto rilievo
nella valutazione del grado di responsabilità del reo il quale, da una concezione di fenomeno
antropologico, assurgeva alla superiore dignità di persona.
Furono, così, introdotti gli articoli 42 e 85 del codice penale, pilastri fondamentali del sistema
penale italiano che, partendo dalla concezione di persona, individuano le due potenze
dell’anima, intelletto (coscienza) e volontà, tecnicamente definite anche capacità di intendere e
di volere; ciò comporta, ancora oggi, che “  nessuno può essere punito per un’azione od
omissione preveduta dalla legge come reato, se non l’ha commessa con coscienza e volontà
(art.42) e “ Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se, al
momento in cui lo ha commesso, non era imputabile. E’ imputabile chi ha la capacità di  35
intendere e di volere”; quindi, se all’imputato manca una sola delle due facoltà, non è
imputabile.
Per questo è' innalzato da 9 a 14 anni il limite d'età per l’imputabilità dei minori ed é introdotto
l'istituto del " Perdono giudiziale" per i minori degli anni 18 che, a discrezione del giudice, a
determinate condizioni, possono evitare il rinvio a giudizio
Fu poi istitu ito il  Tribunale per i Minorenni (RDL n° 1404 del 20-07-1934), che evidenziò la
funzione rieducativa dei giovani con una profonda riforma processuale e la sospensione
condizionale della pena sino a tre anni oltre ad una particolare cura nell'opera di istruzione e
rieducazione dei giovani detenuti, furono varate le Leggi sulle Cambiali ( RD n° 1669 del 14-
12-1933) e sull'Assegno ( RD n° 1736 del 21-12-1933) e furono ordinate con appositi Testi
Unici le nor mative che regolavano importanti materie quali la Legge Comunale e Provinciale (
RD n° 383 del 03-03-1934), le Leggi sul Consiglio di Stato ( RD n° 1054 del 26-06-1924), le
Leggi di Pubblica Sicurezza ( RD 18-06-1931), le Leggi Sanitarie ( RD n° 1265 del 27-07-
1934).
Tra la fine degli anni trenta e l'inizio degli anni quaranta, il regime Fascista, utilizzando l'opera
dei più capaci esponenti della scienza giuridica - a quell'epoca le Leggi, specie le più importanti
erano frutto del lavoro di riflessione e di discussione negli ambiti professionali più qualificati e
non, come succede spesso oggi, il prodotto delle decisioni improvvisate di politici incompetenti
od interessati a Leggi di parte - approvò il nuovo Codice Civile ( RD n° 262 del 16-03-1942)
che si occupò in modo particolare del mondo del lavoro con ben 139 articoli e con il
riconoscimento giuridico della Carta del lavoro, approvata dal gran Consiglio del Fascismo già
dal 21 Aprile 1927 , il Codice di Procedura Civile ( RD n° 1443 del 28-01-1940) e la Legge
Fallimentare ( RD n° 267 del 16-03-1942).
Quasi tutte le suddette Leggi, con modifiche solo parziali, costituiscono ancora, a distanza di
quasi settant'anni, il quadro normativo di riferimento dell'intero ordinamento giuridico Italiano,
dimostrando, con la loro vitalità, la lungimiranza di chi le volle in un contesto storico, sociale e
politico pur molto diverso dall'attuale!
Il dato d'insieme che è possibile cogliere dall'attività Legislativa del regime Fascista, è la volontà
di porre, in ogni settore, un quadro organico ed ar monico di norme per costituire un punto di
riferimento certo ed indiscutibile sia per i Cittadini che per tutti coloro che le Leggi sono chiamati
ad applicare nei campi della Giustizia e dell'A mministrazione.
Dei Codici varati da Alfredo Rocco, solo quello di procedura penale è stato sostituito nel 1989 in
seguito ad una lunga polemica contro il sistema inquisitorio che informava il codice del 1930.
Il Nuovo Codice, mentre è fallito ne ll'aspirazione di deflazionare il contenzioso penale con
l'introduzione di riti alternativi e del patteggiamento, che fa della Legge merce di contrattazione
e di scambio anziché elemento di certezza del Diritto, si è rivelato del tutto inefficace nella lotta
alla criminalità, specie di quella organizzata, come si evince dalle successive relazioni sullo
stato della Giustizia che ogni anno tiene un rassegnato Procuratore Generale della Repubblica
all'inaugurazione dell'anno giudiziario.  36
Ad ulteriore riprova, le reiterate modifiche susseguite negli anni 90 anche a distanza di pochi
mesi una dall'altra e che hanno creato un vero e proprio caos normativo.
30° Legge Urbanistica:
Emanata il 07 Agosto 1942, la Legge n° 1152 è il primo organico riordino della
strumentazione urbanistica del nostro Paese dall'Unità d'Italia.
Promossa dal ministro dei lavori pubblici Giuseppe Gorla, già capo dello I.A.C.P. di Milano,
questa Legge è il compimento di un'elaborazione della politica del Fascismo per il r iassetto di
tutta la materia urbanistica Nazionale ed è il risultato della maturazione di studi e di progetti
durati più di un decennio.
Come risulta anche dal discorso tenuto dal Ministro Bottai nel 1937 al 1° congresso
Nazionale di Urbanistica, il concetto sociale del Fascismo rispetto a codesta problematica è
quello di contrastare l'inurbazione nelle grandi città a favore della ruralità e Mussolini prevede
addirittura l'ipotesi dello sfollamento delle aree urbane congestionate.
A distanza di circa settant'anni ed alla luce delle condizioni di vita nelle grandi città Italiane, si
può constatare quanto lungimirante ed attuale fosse questa visione sociale del problema.
La precedente Legge n° 2359 del 1865 e successive modifiche aveva creato, a causa di
numerose Leggi speciali e per la sovrapposizione di nor me a volte contrastanti, un caos
giurisdizionale specie in materia di espropri e relative indennità.
Con questa Legge si passa da una legislazione speciale, differenziata e frammentata, ad
una Legge ordinaria e, soprattutto, unificata che pone ordine ad una situazione caotica e di
incertezza delle legittimità.
Vengono affermati alcuni concetti base fondamentali, come l'obbligatorietà del Piano
regolatore Generale che abbraccia sia il territorio già urbanizzato che quello in previsione e
l'obbligo, in tutti i Comuni, del regolamento edilizio e della licenza edilizia oltre all'innovativo
concetto dei piani Regionali di sviluppo.
Nella prassi, la progettazione dei Piani regolator i viene realizzata essenzialmente tramite lo
strumento del Concorso pubblico.  37
Nel suo insieme, questa Legge definisce, una volta per tutte e con chiarezza cosa sia lecito e
cosa illecito ne llo sviluppo urbanistico, rimettendo alla condotta delle amministrazioni locali, ai
controlli de lle autorità centrali ed all'attenzion e della Mag istratura, la responsabilità diretta di
situazioni non conformi alle nor me stabilite.
Ciascuno di noi può constatare come al giorno d'oggi solamente gli abusi, le connivenze, gli
interessi clientelari e l'inettitudine sono causa di una disastrosa situazione urbanistica che
l'osservanza di questa Legge eliminerebbe.
Questa Legge fondamentale resta, pur con le integrazioni e modifiche apportate per le
necessità relative alla evoluzione dei tempi, tuttora in vigore seppure spesso inapplicata,
dimostrando la sua validità di base.
31° Legge istitutiva dell'assistenza sanitaria gratuita, INAM:
Legge promulgata il 11-01-1943 con Regio Decreto n° 138,  G.U. n° 77 del 03-04-1943
Il nome originale dell'ente era: " Mutualità Fascista - Istituto per l'assistenza di malattia ai
lavoratori".
Naturalmente tale nome fu subito cambiato, con apposito Decreto Luogotenenziale del 1946
in Istituto Nazionale Assistenza Malattie ( INAM), in ossequio al solito stupido e farisaico
concetto di mimetis mo storico, nel tentativo di cancellare l'identità politica della promozione
della Legge.
La prima notizia del cambio di nome si ha nel comma 2 del D.Lgs. Lgt. N° 213 del 19-04-
1946.
L'ente nasce come Ente di diritto pubblico avente personalità giuridica ed i passi salienti della
Legge sono:
comma 4 "..Sono obbligatoriamente iscritti all'Ente tutti i lavoratori rappresentati dalla
associazioni sindacali.."
comma 5 "..L'Ente provvede all'assistenza per le malattie.."
comma 6 "..l'assistenza dell'Ente comprende:
a)  assistenza sanitaria generica, domiciliare ed ambulatoriale
                 b)    assistenza farmaceutica
                 c)    assistenza specialistica ambulatoriale
                 d)    assistenza ospedaliera
                 e)    assistenza ostetrica
                 f)     assistenza pediatrica
                 g)    assistenza integrativa
                 h)    una indennità di malattia
  comma 7 "..le assistenze sono estese anche ai famigliari dell'assicurato.."
  comma 9 "..agli scopi di cui sopra sarà provveduto tramite il contributo dei lavoratori e dei
datori di lavoro nella misura stabilita dai contratti di lavoro.."  38
Questa Legge viene a sanare una situazione di tragica ingiustizia sociale per cui solo le
fasce abbienti potevano permettersi di curare in modo organico le proprie malattie data la
costosità delle cure, mentre le fasce deboli dei lavoratori salariati e della gente comune era in
balia di cure approssimate o della carità delle pie istituzioni ed erano comunque al di fuori di
qualsiasi copertura assistenziale in caso di malattia né aveva la possibilità di un indennizzo per
il mancato salario.
In concreto i ricchi potevano curarsi e sperare in una vita più sana e più lunga, mentre i
poveri potevano contare solo sulla fortuna di una buona salute e sull'aiuto della " Provvidenza" o
sulla carità delle pie istituzioni..
Per tutti era quasi un comandamento " ..mettere via qualcosa in caso di malattia.."
Con l'istituzione dell'INA M tutti i lavoratori Italiani ed i loro famigliari hanno il diritto di essere
curati nelle strutture sanitarie pubbliche, che vengono incrementate ed organicamente
distribuite su territorio Nazionale, a titolo gratuito.
La Legge sull'assistenza sanitaria gratuita varata in Italia è stata tra le prime al mondo e
tuttora, in molti Paesi tra cui anche i progrediti USA, non esiste nulla di analogo mentre molti
altri Paesi Europei ci hanno copiato.
Questa Legge ha sanato un'ingiustizia sociale ed ha sancito contemporaneamente il
concetto basilare che il diritto alla salute è uguale per tutti realizzando nei fatti e non nelle
chiacchiere un basilare e vitale principio di democrazia oggettiva.
Oggi il governo Berlusconi, complice Alleanza Nazionale ( che con questo dimostra quanto
sia lontanissima dallo spirito del Fascis mo), con la promozione della sanità privata, sta
riportando le cose indietro ripristinando la discriminazione tra ricchi e poveri, ritrasformando la
salute in un affare economico per il profitto di cliniche e case farmaceutiche ed annullando, di
fatto, il diritto alla salute che questa Legge Fascista aveva sancito in modo egualitario per tutti i
Cittadini.
32° Socializzazione ( R.S.I.):
E' la più rivoluzionaria, la più geniale, la più popolare delle riforme del Fascismo, fortemente
voluta da Benito Mussolini e divenuta possibile in Repubblica Sociale Italiana quando le
circostanze lo avevano liberato dai laccioli dei Savoia, del capitalismo e della Chiesa Cattolica;
quasi il testamento spirituale e politico del Duce che dimostra ancora una volta, seppure ce ne
fosse bisogno, che il Fascismo aveva ed ha le sue radici etiche e politiche nella vocazione
socialista alla giustizia sociale ed alla emancipazione delle fasce più deboli della popolazione,  39
ma al di fuori della sterile e r iduttiva interpretazione Marxista della lotta tra le classi, in un nuovo
ed originale contesto di collaborazione e di realizzazione di sinergie dirette e gestite dallo Stato
Fascista, arbitro imparziale, ma inappellabile in quanto Stato Etico che rappresenta gli interessi
di tutti i Cittadini del Popolo - Nazione, come singoli e come comunità. ( Tutto nello Stato, Nulla
fuori dallo Stato, Nulla contro lo Stato!)
Già durante tutto il periodo precedente del regime, molti Fascisti rimproveravano a Mussolini
( sì, il dissenso esisteva, né per ciò si era fucilati, "picconati" come successe a Trozky od
internati come nella "demoproletaria" Russia, né rinchiusi in manicomio come avvenne al poeta
Ezra Pound nella democratica Amer ica..) di essersi allontanato dal progetto sociale del lavoro
enunciato nel programma Fascista del 1919 e di non avere dato sufficiente forza operativa alla
Camera dei Fasci e delle Corporazioni che avevano appunto il compito di realizzare una politica
sociale sulla base di quel programma, ma che non avevano avuto effettivamente una pari
rappresentatività, né numerica, né di "peso specifico" tra i rappresentanti dei lavoratori e quelli
della proprietà.
Il 24 Settembre 1943, in un dispaccio all'ambasciatore Tedesco, Mussolini dichiarava che: "..la
costituzione della Repubblica Italiana avrebbe avuto un carattere nettamente socialista,
stabilendo una larga socializzazione delle aziende industriali e l'autogoverno degli operai.." ( dal
libro di Deakin sulla Repubblica Sociale Italiana).
D'altra parte questi concetti erano già largamente presenti, oltre che nel programma Fascista
del 1919, anche nei principi del Diritto Corporativo che tendeva a porre l'Uomo al centro della
società come valore primario in antitesi alla concezione capitalista che vede l'Uomo in funzione
del denaro e del profitto ed a quella Marxista che lo vede annullato nello Stato- Partito e che
organizza un "Capitalismo di Stato" altrettanto negativo ed innaturale del Capitalis mo Liberale!.
Principi come il ridimensionamento dello strapotere del padronato, la partecipazione dei
lavoratori agli utili ed alla gestione dell'impresa, il diritto alla proprietà ( specialmente della casa)
in funzione sociale, la promozione della proprietà privata come limite alle grandi concentrazioni
capitalistiche ed il pr incipio della ridistribuzione della ricchezza attraverso prelievi fiscali che si
trasformano in iniziative dello "Stato sociale", sono ben presenti nella concezione dello Stato
Corporativo e se la loro attuazione è graduale nelle loro fasi più rivoluzionarie, ciò è dovuto
essenzialmente a due fatti: Il primo è indubbiamente la resistenza della borghesia, della Chiesa
Cattolica e di alcune minoritar ie frange  Fasciste che tali erano più in chiave anti comunista che
non per adesione al programma del 1919, il secondo è  dovuto al fatto che trasformazioni così
radicali e rivoluzionar ie non possono essere fatte senza una preparazione graduale, pena
l'insuccesso.
Va comunque considerato che le più importanti e le più necessarie riforme in tal senso
furono fatte già nei primi due, tre anni di governo, mentre tutto il per iodo successivo fu una
marcia di avvicinamento costellata di continue riforme di natura sociale come testimoniato
dall'elenco delle Leggi sociali sin qui esposto.  40
Ora, liberi dai freni della monarchia, della borghesia e della Chiesa, si ripresentava
l'opportunità ed il processo fu avviato soprattutto per merito dell'opera di Angelo Tarchi,
commissario dell'IMI e del Consorzio di Credito per le opere pubbliche e poi ministro
dell'economia Corporativa.
La Socializzazione è, concettualmente e politicamente, un ritorno alle origini del programma
Fascista del 1919, la realizzazione concreta della concezione dell'organizzazione di uno Stato
nel quale il lavoro, la capacità d'impresa ed il capitale non sono più forze antitetiche con finalità
e scopi diversi, ma diventano i fattori paritetici di una collaborazione sinergica dalla quale tutti,
Stato compreso, traggono beneficio.
Con la Socializzazione delle Imprese si portarono i rappresentanti dei lavoratori nei Consigli
d'Amministrazione delle Aziende, in numero par i a quello dei soci di capitale  e con poteri
effettivi di gestione e di decisione, cosa mai avvenuta né prima né dopo, né mai sognata..!
Nelle imprese non costituite in forma di società di capitali ed in quelle individuali, i Consigli di
gestione avevano poteri meno accentuati e collaboravano con il " Capo dell'Impresa", ma in
compenso, la Legge rendeva il Capo dell'Impresa ".. personalmente responsabile di fronte allo
Stato dell'andamento della Produzione.." e prevedeva che esso potesse essere rimosso e
sostituito "..quando la sua attività non risponda alle esigenze dei piani di produzione.."
La Legge attuativa della Socializzazione fu varata con due decreti, uno del 12 Febbraio 1944
ed uno del 12 Ottobre 1944, nonostante la iniziale forte opposizione della Ger mania che temeva
una diminuzione della produzione bellica e la fronda dei gruppi capitalistici Italiani che già
finanziavano in segreto la resistenza.
I criteri sulla ripartizione degli utili aziendali, stabiliti dalla Legge e decisi dai Consigli di Gestione
aziendale erano i seguenti:
1. Quelli destinati alla remunerazione del capitale, in misura non superiore ad un massimo
fissato annualmente dal Comitato dei ministri per la tutela del rispar mio e l'esercizio del credito.
2. Quelli destinati ai lavoratori dell'impresa determinati in rapporto all'entità delle retribuzioni
percepite nel corso dell'anno, in  misura non superiore al 30% delle retribuzioni nette.
3. Le eccedenze ai criteri di suddivisione sopra elencati, erano destinate ad una Cassa di
compensazione gestita dall'Istituto di Gestione e Finanziamento a scopi di natura sociale e
produttiva.
I lavoratori con la partecipazione alla gestione ed agli utili dell'impresa in cui operavano,
erano diventati, da oggetto passivo del lavoro a soggetto protagonista con una dignità mai
prima raggiunta ed un senso della responsabilità che non poteva che giovare sia alla proprietà
che ai lavoratori dipendenti.
Era la quadratura del cerchio, la pietra filosofale delle problematiche sociali, la soluzione
ottimale di tutte quelle questioni che avevano tormentato il mondo della produzione sin dalla
nascita dell'era industriale.  41
Ogni conflittualità si stempera nell'interesse comune, ogni contrasto si risolve nella
mediazione che nasce dall'avere un comune obiettivo, ogni problema organizzativo, produttivo
o strutturale si risolve più facilmente nel quadro di forze ed intelligenze che operano in sinergia
trainando nella stessa direzione.
Né la proprietà, né le maestranze hanno il benché minimo interesse a danneggiare in alcun
modo l'azienda che è un bene di tutti e remunera, in proporzione, economicamente e
moralmente tutti quanti.
Nemmeno l'antifascismo Clericomarxista della " Costituente" resistenziale ha avuto il
coraggio di annullare tutta e subito la riforma della Socializzazione tanto che nella Costituzione
Repubblicana, all'articolo 46 (..Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro ed in
armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a
collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge, alla gestione delle aziende..) si propone, in
modo in realtà molto blando, una forma di "cogestione" aziendale senza che per altro nessuno
dei Partiti, dai Liberali, alla DC al PCI od a Rifondazione Comunista e nessuno dei Governi,
abbia mai proposto, in cinquantasette anni di Legislature, di trasformare tale articolo in Legge
attuativa dello Stato…!!!
I " Consigli di Gestione", emanazione indiretta della Socializzazione, furono operanti sino al
Dicembre 1945 quando la C.G.I.L.  si accordò con la Confindustria per smantellarli in cambio
della scala mob ile.
Risultato: oggi i lavoratori non hanno più né i " Consigli di Gestione", né la scala mobile..!!
Alla fine del 1944, e tenendo presente che la situazione bellica dava potere alla Repubblica
Sociale Italiana solamente in alta Italia,  la Legge sulla Socializzazione era già stata applicata in
76 Imprese con un numero complessivo di 150.000 dipendenti.
Agli inizi del 1945, era stata avviata nelle più grandi imprese industriali come la FIAT.  42
33° Lotta alla Mafia.   
In una Sicilia condizionata dal latifondo e da una mafia ancora di natura prettamente "rurale", il
regime intraprese una lotta senza quartiere alla delinquenza organizzata senza alcun riguardo
per nessuno.
Il governo di Benito Mussolini fu il primo ad emanare una Legge che contemplava l'esproprio
del latifondo e la sua poderizzazione ed il primo ad intraprendere con grande deter minazione
una lotta contro la mafia che fu ridotta al lumicino e costretta nelle carceri od a rifugiarsi negli
U.S.A .
Al prefetto Mori, a suo tempo incarceratore di squadristi in Emilia Romagna, ma ottimo
elemento di Polizia e fedele servitore dello Stato, fu data "carta bianca" per agire e
l'incondizionato appoggio del governo ed i risultati non si fecero attendere.
Già due volte, prima dell'avvento del Fascismo al potere, Mori era stato in Sicilia, ma la
connivenza della vecchia politica con la mafia lo aveva impantanato nella palude della
Sicilianità gattopardesca, opponendogli quel " muro di gomma" che il fitto intreccio d'interessi tra
mafia e società civile sa costruire anche oggi attutendo e neutralizzando l'azione delle forze al
servizio dello Stato.
Con azioni di polizia su vasta scala che a volte, come nella " liberazione" della cittadina di Gangi,
assunsero la fisionomia di vere e proprie azioni militar i, il prefetto Mori intraprese una lotta
senza quartiere contro la mafia che, per la prima volta dovette fare i conti con lo Stato che
aveva sempre ignorato, irretito ed invischiato.
Indagini approfondite e dettagliate anche nella pubblica amministrazione scoprirono i vasti
legami tra mafia e politica ed epurarono uffici e consigli comunali.
Alle retate del prefetto Mori seguirono, specie tra il 1928 ed il 1929, moltissimi processi e
moltissime condanne ed una copiosa documentazione dimostra l'interesse personale di Benito
Mussolini che seguiva e sollecitava continuamente l'azione della magistratura e delle forze dello
Stato.
Fu estirpato il fenomeno dei "gabelloti" che faceva da cerniera tra latifondo, mafia e
popolazione,  con l'intento anche di colpire e modificare la psicologia mafiosa.
Tra il 1925 ed il 1928 gli omicidi passarono da 268 a 25, le rapine da 298 a 14 le estorsioni da
79 a 6.
Il Partito Nazionale Fascista, attraverso una capillare  opera di propaganda e di persuasione
verso tutti gli strati della popolazione ed in particolare verso quella del mondo rurale in cui la
mafia di allora si esprimeva maggior mente, si ripropose di spostare il senso dell'onore, la
ribellione alle ingiustizie e le istanze sociali che caratterizzavano la psicologia Siciliana, dal
privato allo Stato in una fiducia verso le promesse che il fascismo e Mussolini avevano fatto ai
Siciliani.  43
Una ulter iore e fondamentale linea direttiva nella lotta contro la mafia fu la politica di riscatto
sociale che il regime intraprese con la costruzione di infrastrutture come strade, scuole,
ospedali, acquedotti e che si concretizzò soprattutto con l'assalto al latifondo che si realizzò con
espropri, bonifiche ed appoderamenti.
La guerra e la disfatta avrebbero vanificato lotta e speranze, anche per l'aiuto dato alla
ricostituzione del potere della mafia dagli occupanti A mericani, ma è oltremodo significativo che
il fronte agrario-mafioso abbia iniziato a ricomporsi, tra il 1942 ed il 1943, proprio in avversione
all'iniziativa di liquidazione del latifondo siciliano, fino a ricostituirsi come autentico blocco, prima
a sostegno dello sbarco alleato nel luglio 1943 e poi come struttura portante, anche istituzionale
della Sicilia antifascista.
Ai critici pregiudiziali in "servizio permanente" che da sempre obiettano che il prefetto Mori fu
fermato da Mussolini quando raggiunse le alte gerarchie della commistione del potere con la
mafia, possiamo provare l'inconsistenza e la falsità delle accuse con alcuni dati inoppugnabili e
facilmente controllabili: in quegli anni finirono in carcere per connivenza mafiosa, il federale di
Paler mo Cucco, l'ex Ministro,  comandante di corpo d'Armata di Paler mo Generale Di Giorgio
ed il capo dei Fascisti Siciliani avvocato Ortoleva di Mistretta.
Sfidiamo gli antifascisti a negare che la mafia ritornò tr ionfante in Sicilia ed in Italia al seguito
degli "Alleati" e degli antifascisti, in ricompensa dell'aiuto concreto che essa fornì per lo sbarco
e la conquista dell'isola…!
Ai governi della repubblica "nata dalla resistenza", la vergogna del dilagare della mafia, della
sua stretta commistione con il potere politico e del colpevole abbandono del Generale Dalla
Chiesa, dei giudici Falcone e Borsellino e di tanti fedeli ed ingenui servitori dello Stato che
furono mandati al macello come offerte sacrificali sull'altare degli interessi politici ed economici
di una classe politica indegna!
Conclusioni 
Come si è visto e come è inconfutabilmente dimostrato dai fatti, il regime Fascista ha lasciato
dietro di se una mole di opere, Leggi e r iforme che sono oggettivamente un monumento
perenne alla sua efficienza, alla originalità del suo progetto sociale e politico ed alla sostanziale
integrità morale del suo Duce, Benito Mussolini e della stragrande maggioranza della sua
classe dirigente .
Leggi e Riforme che sono la realizzazione concreta del basilare  concetto sociale espresso
da Benito Mussolini: "..andare verso il popolo..".
Ad ulteriore testimonianza della natura sociale del Fascismo e della sua ansia di sanare le
ingiustizie e di riportare nel criterio della conduzione dello Stato il concetto di equità sociale, è il
fatto che le più importanti Leggi sociali, anche se poi integrate e perfezionate in seguito, furono
promulgate negli anni 1923 e 1924 e cioè immediatamente dopo l'ascesa al potere che seguì la
Marcia su Roma del 28 Ottobre 1922.
I contestatori gli addebitano, a sua condanna, la mancanza di democrazia, le leggi razziali e
l'intervento nella guerra 1940 - 1945 ed è sintomatico che nemmeno i più accaniti si provino a
condannarne la politica sociale ed economica, né la gestione della cosa pubblica; noi ci
chiediamo di quanti governi di destra, di centro e di sinistra della repubblica resistenziale sia
possibile fare altrettanto.
Non è questa la sede per esaminare con obiettività e completezza le tre accuse di natura
squisitamente politica ed ideologica che riteniamo comunque opinabili, quantomeno nei ter mini
in cui sono state sempre poste.
La sede naturale per tali analisi è quella storica e si sa che non si può parlare di Storia prima
che uno o due secoli abbiano per messo di decantare gli avvenimenti dalle passioni, dai
pregiudizi ideologici e dagli interessi contingenti.
Ci limitiamo a fare alcune osservazioni la cui ragionevolezza lasciamo al giudizio dei lettor i.
1. Mancanza di democrazia: A parte la blandizia della repressione dell'antifascismo
dell'epoca (molto modesto sia quantitativamente che qualitativamente), si consideri quanto sia
oggi l'effettivo, reale potere del popolo e quanto sia poco considerata la "Sovranità popolare" e
si vedrà, che in pratica, oggi il popolo è più quanto crede di comandare che quanto comandi,
mentre il potere vero è nelle mani di chi ha i mezzi economici per condizionare la pubblica
opinione, i Partiti, la "cultura", i Media e spesso le istituzioni. (Un esempio per tutti, gli
innumerevoli " Referendum" disattesi dai governi che hanno addirittura legiferato in modo
contrario alle decisioni popolari)
A parte una libertà di parola, che non r iesce però ad influire minimamente sulle scelte dei
governi ed è quindi una libertà inutile o meglio una "non libertà", oggi abbiamo la "libertà" di
essere una colonia Americana, la "libertà" di votare candidati scelti dai centri di potere  45
economici e politici che fanno gl'interessi dei loro Clan e non quello dei Cittadini, la "libertà" di
droga, di aborto, di delinquere e di evadere le tasse senza il timore di pene giuste e certe..(
anche perché un condono, da destra o da sinistra, prima o poi, viene sempre ad aggiustare le
malefatte degli "amici degli amici"..!).
Allora le cose erano chiare: il potere era nelle mani del partito Fascista ( con la stragrande
maggioranza dei consensi e quindi in qualche modo consono ai principi democratici) mentre
oggi, in quasi tutte le democrazie del mondo, per essere eletti si deve disporre di molto denaro
e quindi il potere si compra realizzando una democrazia che è a dir poco fasulla o, come si
diceva allora, una " Plutocrazia".
Un'ultima considerazione sull'argomento: si valutino le repressioni e la restrizione delle
libertà democratiche avvenute nello stesso periodo nel resto del mondo, dai gulag Russi e di
tutto l'universo comunista cui si ispirò per molti anni il mondo politico della sinistra Italiana che
oggi non se ne vergogna più di tanto, ai Lager Tedeschi, al Macartis mo USA, al durissimo ed
inumano colonialis mo Inglese e Francese od anche all'attuale repressione che vediamo
applicata in Cina, in Tibet, a Cuba, in Korea del nord ed in altri Paesi comunisti  e si vedrà che,
nel quotidiano della vita dei cittadini, non era l'Italia Fascista il Paese dove si viveva peggio!
2. Leggi Razziali: Per quanto si debba obiettivamente riconoscere che è questo il "tallone
d'Achille" del Fascismo, ci sono alcuni elementi che risultano come attenuanti.
Una delle forze scatenanti della guerra mondiale fu certamente dovuta agli interessi dei
grandi centri di potere economico degli USA e dell'Inghilterra dove una significativa parte del
potere finanziario era in mano agli ebrei che, in tutto il mondo, si sono sempre sentiti prima
solidali tra di loro che con il loro Paese ( come si può vedere ancor meglio oggi con
l'atteggiamento dell'ebrais mo mondiale nel conflitto Arabo - Israeliano).
Nonostante ciò, non fu mai nelle corde del Fascismo il motivo prettamente razziale come
testimoniano i molti squadristi ebrei ed i moltissimi ebrei che aderirono al Partito Nazionale
Fascista e come dimostra la vera e propria "resistenza" dei comandi Italiani a collaborare con i
Tedeschi nel ricercare ed arrestare gli ebrei anche dopo l'8 Settembre 43, quando il loro
strapotere era evidente ( questo risulta anche da scritti di autor i ebrei).
Se mai, la discriminante delle Leggi razziali fu definita da un supposto pericolo, in tempo di
guerra ( e nel 1938 la guerra era alle porte), di connivenza con il nemico degli ebrei Italiani,
nell'ambito dell'internazionalis mo apolide dell'alta finanza in mano agli ebrei di tutto il mondo.
Il Fascismo non istituì un solo campo di ster minio. Quello solo della " Risiera" in territorio
Italiano, a Trieste, era stato istituito dai Tedeschi dopo l'8 Settembre 43, quando, a causa del
tradimento del Re e di Badoglio, il loro strapotere in Italia era diventato assoluto e non
ostacolabile.
Detto questo, ripetiamo che le leggi razziali furono un errore politico ed umano, ma
comunque nulla di paragonabile alle persecuzioni della Ger mania Nazista né ai "Gulag"
sovietic i.  46
Un'ultima annotazione:  se si vuole trattare l'argomento, perché non formulare un giudizio
anche sulle Nazioni e sui regimi che, senza promulgare leggi razziali, e quindi nella più assoluta
ille galità formale , operarono orrendi massacri etnici contro popoli e razze?
Ci riferiamo al massacro dei Pellerossa operato dagli A mericani, al massacro degli Armeni
operato dalla Turchia tramite i Kurdi, al massacro del popolo e della civiltà Tibetana operata
dalla Cina Comunista, al massacro di Palestinesi ( Sabra e Shatila..) operati da Israele in prima
persona o tramite la Falange Libanese, al massacro di Bosniaci da parte dei Serbi e di Serbi da
parte di Bosniaci, ecc. ecc. ecc.
Eppure ci pare che oggi la comunità civile e democratica internazionale non abbia alcuna
remora a trattare con i suddetti massacratori e che nessuno, nei consessi internazionali,
addebiti loro tali misfatti..
3. Intervento nella guerra 40 - 45: Non ci pare che l'artefice della guerra fu Benito Mussolini
ed anzi è provato che egli fece di tutto per evitarla.
    Il voler sminuire le dirette responsabilità nello scatenamento della guerra dell'imperialis mo
economico dell'Impero Britannico e di quello USA e dell'imperialismo politico della Russia di
Stalin che si opponevano ad una Ger mania che voleva solo uscire dall'umiliazione della pace di
Vresailles imposta le  dopo la sconfitta nella guerra 1915-1918; pace ingiusta, stupida ed
innaturale è semplicemente assurdo.
Se qualcuno ancora crede alla guerra fatta in difesa della democrazia anche dopo aver visto,
in anni recenti gli interventi degli USA e della NATO in Corea, Sud America, Caraibi,  Balcani,
Iraq ed Afganistan dove erano in pericolo gli interessi economici e strategici degli USA e dei
suoi alleati, mentre nulla è stato fatto per difendere la democrazia in Turchia, in molti Stati del
Sud America e dell'Africa, in Cina o in Tibet, ebbene noi non possiamo essere responsabili della
altrui stupidità.
Né ci pare che la Russia di Stalin, con cui l'America si alleò fosse un esempio di democrazia!
D'altra parte gli Americani combatterono contro la Ger mania anche nel 1915-18 ed allora non
c'era da difendere la democrazia, ma c'erano, anche allora,  in ballo gli interessi strategici ed
economici degli USA..!
Ma per tornare alla guerra del 40 - 45, è evidente che, non potendo restare neutrale per
evidenti motivi strategico - geografici, l'Italia non poteva che allearsi con la Germania contro un
mondo che da decenni la ostacolava e che rappresentava l'universo materialista ( Marxista e
capitalista) in antitesi ideologica con i propri valor i.
La sorte e lo strapotere economico hanno deciso la sconfitta dell'asse, ma ai facili critici di
oggi diciamo che è facile ragionare con il senno del poi e che, al lunedì, tutti sono capaci di
vincere la schedina del totocalcio….
In altra sede la discussione si potrà approfondire portando ben altre ragioni e considerazioni,
qui ci premeva solamente mettere in dubbio le solite, uniche, rifritte critiche che da più di
cinquant'anni, con l'originalità del luogo comune, ci vengono rinfacciate ogni qualvolta si cerca  47
di esaminare l'insieme del periodo del regime Fascista mentre nessuno vuole affrontare la
disanima delle leggi che, nel ventennio, hanno realizzato una vera e propria rivoluzione sociale.
Resta comunque da considerare tutto l'operato del regime in tutti gli anni del potere e da
considerare i "danni" che apportò all'Italia ed agli Italiani con le opere, con le Leggi, e con
l'esempio di come si può gestire la cosa pubblica nell'interesse e per il bene dei Cittadini e della
Patria anziché in quello delle massonerie economiche, dei partiti o, peggio, di quello personale.
Di Benito Mussolini e della grandissima maggioranza dei gerarchi Fascisti ( come dimostrò la
Commissione sui "profitti del regime" costituita subito dopo il 25 Aprile 45) nessuno può dire che
si arricchì a scapito degli Italiani, cosa che è difficile, se non impossibile da dire dei politici della
Repubblica resistenziale.
Benito Mussolini ed il  Fascis mo hanno espropriato latifondi, hanno creato poderi fertili
laddove erano paludi malsane, hanno rimboscato, hanno costruito città in due , tre anni, hanno
trasformato braccianti "sanculotti" in contadini proprietari.
Benito Mussolini ed il Fascismo hanno collegato organicamente l'Italia costruendo
autostrade, sviluppando ed elettrificando la rete ferroviaria, ristrutturando porti e dotando l'Italia
del primo Codice della Strada.
Benito Mussolini ed il Fascismo hanno costruito immensi acquedotti portando l'acqua in
territori che, per secoli, erano stati aridi, trasformando un'agricoltura di sussistenza in agricoltura
fertile e redditizia.
Benito Mussolini ed il Fascismo hanno fatto le prime riforme che hanno ammodernato e
rimesso ordine nei campi della Giustizia con il codice Rocco ed in quello della scuola con la
riforma Gentile.
Benito Mussolini ed il Fascismo hanno sviluppato organicamente l'industria con la creazione
delle aree industriali, primo grande esperimento Italiano di progettazione di tutte le componenti
strutturali, logistiche, economiche ed umane del mondo del lavoro.
Benito Mussolini ed il Fascismo hanno dato ai lavoratori, prima sfruttati come animali da una
borghesia cinica e nonostante una Chiesa Cattolica inetta, un orario di lavoro umano,
l'assicurazione contro le malattie, gl'infortuni e l'invalidità e la disoccupazione, la pensione per la
vecchiaia, gli assegni famigliari, gli sgravi fiscali per le famiglie numerose, l'istituzione del
"Dopolavoro", le colonie marine e montane per i figli, le scuole obbligatorie per gli apprendisti,
l'assistenza alle lavoratrici durante la maternità, una posizione di dignità nel mondo del lavoro e,
da ultimo, durante la Repubblica Sociale Italiana, li ha fatti partecipi, con la Socializzazione,
della gestione delle aziende portandoli nei consigli d'amministrazione Aziendali!
Benito Mussolini ed il Fascismo hanno organizzato la crescita organica ed ordinata dei centri
abitati dotando l'Italia della sua prima Legge Urbanistica ed imponendo i Piani regolatori e di
sviluppo sia a livello comunale che Regionale.
Benito Mussolini ed il Fascismo hanno saputo continuare e sviluppare quell'opera di
costruzione del senso dell'Unità Nazionale iniziatosi durante la prima guerra mondiale
educando le nuove generazioni all'amor di Patr ia ed all'orgoglio dell'appartenenza alla comunità  48
Italiana e tutto ciò non con la retorica, come sostengono i detrattori in malafede, ma con le
opere, i fatti e gli avvenimenti che hanno suscitato anche all'estero ammirazione e consensi.
Questa la verità dei fatti e non delle chiacchiere, delle menzogne e delle omissioni che
ancora intossicano la scuola, la politica e la storiografia!
Basta leggere i giornali internazionali dell'epoca per rendersi conto di quanto diciamo!
D'altra parte basterebbe una sola considerazione oggettiva a dare incontrovertibilmente atto
della positiva opera che il regime Fascista ha attuato: dopo quasi sessant'anni di repubblica
resistenziale, quasi tutte le Leggi promulgate dal Fascismo sono ancora vigenti.
Segno questo che esse erano buone e che nessuno, finora, è stato in grado di fare meglio..!
Può darsi che nell'insieme del bilancio generale del ventennio Fascista siano riscontrabili
anche degli errori, anzi, è sicuro che di errori ce ne furono, ma è altrettanto sicuro che ci fu più
buona fede che prima e dopo, che ci fu più entusiasmo di costruire un nuovo mondo più giusto
che prima e dopo, che ci fu più disinteresse personale che prima e dopo, che ci fu più onestà
intellettuale e morale che prima e dopo.
Ci furono errori di valutazione delle circostanze, errori di valutazione sulla fedeltà di alcuni
degli uomini scelti nelle gerarchie del potere ( moltissimi, tra questi ultimi, riciclatisi con
improvvise quanto  tempestive "conversioni" nel mondo politico della repubblica resistenziale..),
errori di valutazione dei sentimenti, della fedeltà e della riconoscenza di chi ebbe molto ed offrì
in cambio il gelido disinteresse dell'arcivescovado di Milano e piazzale Loreto….
Una cosa crediamo non possa essere messa in dubbio da nessuno: l'amore di Benito
Mussolini per l'Italia e per gli Italiani ed il suo senso di giustizia sociale; di questo parlano le
opere, di questo testimoniano anni ed anni di onesto governo.
Ai lettori lasciamo queste pagine per una serena meditazione, alla Storia lasciamo il compito
di una obiettiva valutazione e di un giudizio finale veritiero che certamente verrà.
FINE