BENVENUTI, CHIUNQUE VOI SIATE

Se siete fautori del "politcally correct", se siete convinti che il mondo è davvero quello che vi hanno raccontato, se pensate di avere tutta la verità in tasca, se siete soliti riempirvi la bocca di concetti e categorie "democraticizzanti", sappiate che questo non è luogo adatto a Voi.

Se, invece, siete giunti alla conclusione che questo mondo infame vi prende in giro giorno dopo giorno, se avete finalmente capito che vi hanno riempito la testa di menzogne sin dalla più tenera età, se avete realizzato che il mondo, così come è, è destinato ad un lungo e triste declino, se siete convinti che è giunta l'ora di girare radicalmente pagina , allora siete nel posto giusto.
Troverete documenti,scritti, filmati, foto e quant'altro possa sostenervi in questa santa lotta contro tutti e tutto. Avrete anche la possibilità di scrivere i Vostri commenti, le Vostre impressioni, le Vostre Paure e le Vostre speranze.

Svegliamoci dal torpore perché possa venire una nuova alba, una nuova era!


giovedì 31 maggio 2012

TERREMOTO: GRAZIE ESERCITO ITALIANO!

Le grandi catastrofi, come il terremoto che ha colpito l'Emilia, devono necessariamente far riflettere. Ieri cercavo di ragionare insieme a Voi sull'assenza delle istituzioni, inspiegabilmente più interessate alle celebrazioni del 2 giugno che alla situazione dei terremotati dell'Emilia. Oggi, invece, vorrei provare a richiamare l'attenzione sul ruolo e sulla funzione dell'Esercito Italiano.
In tutte le immagini catturate sui luoghi della tragedia possiamo vedere i nostri Ragazzi impegnati su ogni fronte per dare una mano a quella gente sfortunata e abbandonata a se stessa: spostano macerie, compiono ispezioni e sopralluoghi, allestiscono tendopoli e vagoni letto, garantiscono la sicurezza e l'ordine pubblico... Svolgono, in poche parole, un ruolo fondamentale ed insostitutibile, vuoi perché utilissimo, vuoi perché pieno di rischi che non tutti sono in grado di affrontare. Circostanze queste, su cui credo valga la pena di riflettere; anzi, su cui QUALCUNO dovrebbe riflettere. Mi riferisco a tutte quelle persone che dall'alto del loro prestigio professionale e personale, (vedi l'ex Ministro Veronesi), o in qualità di semplici cittadini, (vedi diversi utenti del web), invocano a gran voce la cancellazione di tutti gli eserciti nazionali, percepiti come presenze sinistre, come organismi inutili e dilapidatori di risorse pubbliche. Tali soggetti, in base a calcoli tutti da discutere, sostengono che i quattrini destinati agli eserciti potrebbero addirittura servire, se diversamente impiegati, per "cancellare la fame nel mondo" o per altre baggianate simili.
Quanto sta accadendo in Emilia o quanto accaduto ieri in Umbria, a L'Aquila, in Friuli o in Irpinia, dovrebbe spingere gli "intellettualoni" in questione ad una profonda analisi delle proprie posizioni riguardo il nostro Esercito. Infatti, non ci fossero stati quei Ragazzi, chi avrebbe potuto svolgere certe mansioni fondamentali? Chi altri avrebbe la preparazione e lo "stomaco" per affrontare l'emergenza presente? Magari quei simpatici e bravi fanciulli dei centri sociali, che solitamente i tipi alla Veronesi coccolano oltre misura? Oppure i borghesucci figli di papà che affollano discoteche e locali alla moda? Ah, quanto li vorrei vedere in mezzo a tetti che crollano, squarci che si aprono nel terreno e gente disperata che ha perso ogni cosa! Sarebbe una lezione di vita, un bagno di umiltà; ma, forse, potrebbe essere anche una tragedia sulla tragedia!
Si vergognino,dunque, queste zucche vuote in camicia e chachemire, questi chiacchieroni da salotto o da tastiera, questi ipocriti benpensanti con l'i-Phone e l'i-Pad sempre a portata di mano. Chiedano scusa per le castronerie dette fino ad oggi. E, già che ci sono, ringrazino pure i nostri Militari, perché quelli sì che faticano e rischiano per dare una mano a chi ne ha davvero bisogno. Perché un conto è dire, (spesso per dar fiato alla bocca), ben altro è fare; un conto è cambiare l'avatar di Facebook, ben altro operare sulla terra che trema.Capite la differenza?

Roberto Marzola.

mercoledì 30 maggio 2012

UNO STATO CHE SE NE FREGA DEGLI ITALIANI


Ogni individuo pensa e agisce per se stesso e per la sua specie: mi pare sia questo, in estrema sintesi, l’insegnamento darwiniano. Ora, se le cose stanno realmente così, potrebbero spiegarsi veramente tante cose. In particolare, si potrebbe finalmente capire la ragione per cui le istituzioni italiane agiscono in questo modo. Già, perché in fondo parlare di governo,  parlamento e affini significa parlare di “casta”, (come si dice da qualche tempo), ossia di una sorta di organismo vivente che, contrariamente alla propria funzione e alle finalità per cui è stato creato, pensa a curare i propri interessi, nella speranza di darsi un futuro.
Non dovrebbe essere così, ma è diventato così, piaccia o non piaccia. A questa conclusione sono arrivato osservando gli ultimi avvenimenti: i suicidi da insolvenza, le imprese che finiscono a gambe all’aria, l’episodio dei due Marò prigionieri in India e, infine, il drammatico terremoto che sta colpendo l’Emilia. Eventi diversi, ma collegati tra loro da un sottile filo rosso, rappresentato dal menefreghismo e dall’assenteismo dello Stato. Operai ed imprenditori si tolgono la vita? Chi se ne frega, precedenza alle borse e allo spread. I giovani non trovano lavoro e le famiglie faticano a portare due pasti in tavola? Anche qui chi se ne frega, dobbiamo parlare di Lusi, del Trota e compagnia bella. Due soldati italiani sono ingiustamente detenuti in un Paese straniero, che muove loro accuse infamanti senza manco tener conto delle perizie tecniche? Chi se ne frega di scagionarli; speriamo solo di riuscire a comprare la loro libertà con i soldi dei contribuenti. In Emilia si verifica un cataclisma che uccide più di 20 persone, demolisce municipi, capannoni industriali, edifici storici e di culto e centinaia di case? Chi se ne frega anche in questo caso, noi pensiamo ad aumentare la benzina e a fare la figura dei pagliacci per le strade di Roma, per commemorare quella data farlocca che è il 2 giugno. Al massimo aumentiamo la benzina e poi cazzi degli italiani!
Davanti a questi eventi che sconvolgono il Paese non c’è uno straccio di dignità da parte di chi, in teoria, dovrebbe rappresentare il Paese, né un’assunzione di responsabilità o un gesto di solidarietà. Tagliare i costi della politica, gli stipendi dei parlamentari e dei loro portaborse per dare il buon esempio? Macché, sarebbe chiedere troppo. Destinare all’Emilia alcune accise già gravanti sui carburanti senza metterne di nuove? Un provvedimento troppo semplice e di buon senso, quindi non da “tecnici”.  Cancellare i finanziamenti pubblici a partiti, TV e giornali? Eh no, signori, perché la servitù va pur sempre mantenuta. Obbligare le banche, (visto che non pagano nemmeno l’IMU e altri tributi), a farsi carico di almeno una parte della ricostruzione? Non sia mai che si pestino i piedi al padrone! Chiedere un aiuto alla Comunità Europea, visto che già riceve così tanto da noi? Nossignore!
Così, per rinunciare a nulla e per non attrarre le antipatie dei potenti, si preferisce scaricare ancora una volta tutto il peso di tutte immani tragedie sul popolo italiano, oggi “bue” più che mai. Mi chiedo solo due cose: che gusto ci proviamo tutti quanti e cosa ci stia a fare questa gente. Ditemelo voi, vi prego, perché io non lo so più ed inizio a rimpiangere le ghigliottine. Rispondetemi e siate convincenti; ma fatelo in fretta, prima che sia troppo tardi!

Roberto Marzola

lunedì 28 maggio 2012

FINALMENTE SI COMINCIA A PARLARE DI TAGLI

La notizia è di quelle sensazionali: il governo italiano sta cercando di darci un taglio. Non più nuove tasse, ma risparmio di spesa. E' quanto si apprende dalle dichiarazioni rilasciate dal ministro Giarda, il quale si aspetta di lasciare nelle casse dell'erario ben cento miliardi nell'immediato e ben 300 nel medio periodo. Si parla di uffici che dovranno comprare risme di fogli, cartucce per stampanti e materiale di cancelleria al minor costo possibile; di macchinari, computer e stampanti alimentati dall'energia elettrica più vantaggiosa; di un intero settore pubblico che sarà tenuto sotto stretta osservazione affinché neanche un centesimo venga sperperato.Tutto giusto, tutto sacrosanto.

Tuttavia, c'è un qualcosa che non mi convince e che mi fa apparire il tutto come una grossa farsa. Un qualcosa che assume la forma dell'interrogativo e che mi spinge a chiedermi: ci volevano la crisi e il governo dei (sedicenti) super-tecnici? Per quale motivo si è intrapresa la strada del rigore solo ora, in un momento di contingenza economica? Perché la figura del buon padre di famiglia deve essere un richiamo e un ammonimento solo per i rapporti privati?
Insomma, come avrete già capito, non credo molto a questa nuova stagione, tutta all'insegna del rigore, cui il governo Monti intende dar corso. Mi sa tanto di costrizione, di contingenza; non ci vedo alcun fine nobile, nessuna scelta di buon senso. Temo sia il caso di quei bimbi un po' discoli che, messi un punizione per un periodo di genitori, rigano dritto fino allo scadere della punizione stessa, per poi tornare più scapestrati e disobbedienti di prima. Allo stesso modo, credo che nel momento in cui la situazione tornerà sotto controllo, (ammesso e non concesso che l'allarme crisi economica possa rientrare), gli sprechi e lo sperpero di danaro pubblico ricominceranno come se nulla fosse mai accaduto, come se non ci fossero mai stati tempi di vacche magre. Allora si preferisce mutare pelle, fingere, dissimulare e instillare falsi convincimenti; cambiare tutto perché nulla cambi; confidare in un domani più favorevole, di cui potersi gloriare. Un giochino a cui gli italiani, ormai, sono abituati. Sin troppo...

Roberto Marzola.

mercoledì 23 maggio 2012

LA MAFIA SI COMBATTE ANCHE CAMBIANDO LA POLITICA

23 maggio, giorno in cui si parla di Mafia, perché la mente torna inevitabilmente a quel 23 maggio del del 1992, quando lungo l'autostrada A29, all'altezza dello svincolo di Capaci, persero la vita Giovanni Falcone, sua moglie e la scorta.
Se ne sono scritte tante e se ne sono dette ancor di più. Innumerevoli sono le ricostruzioni e ancora tanti, troppi sono gli scenari ipotizzabili. C'è chi parla di servizi segreti deviati, chi di politici coinvolti e chi, semplicemente, di un colpo ben assestato dalla Mafia. Io non lo so. Non so niente. So solo che ogni anno si ripetono le manifestazioni ed i discorsi per la legalità, più o meno tutti alla presenza delle più alte cariche dello Stato. Ognuno, poi, ricorda uomini come Falcone, Borsellino o donne come la Morvillo a modo suo, con un pensiero, con una candela alla finestra, con un'immagine, un video o una canzone.
Tutto giusto, tutto sacrosanto, ma non basta. La Mafia non si sconfigge con le belle parole o con gesti simbolici; si combatte giorno per giorno, mutando l'approccio alla vita, cambiando la visione dei rapporti sociali, economici e politici. La vera lotta alla Mafia, a mio avviso, passa non solo attraverso un cambiamento di mentalità e una presa di coscienza del fenomeno, bensì attraverso la creazione di una classe politica nuova, lontana dall'ambizione e dall'interesse personali, oltreché dal senso degli affari. Bisogna estirpare questa strana commistione tra interesse pubblico e privato, la quale inizia con il politico di turno che, durante la campagna elettorale, tappa i buchi della strada a questo o quell'elettore, e finisce con l'assegnazione pilotata di un appalto ad un'azienda collusa col malaffare, con la corruzione di giudici  e forze di polizia e con il tritolo contro chi cerca di far saltare in aria questa cupola di interessi. Questo si deve fare; questo, a mio avviso, potrebbe essere il vero spirito rivoluzionario, in grado di recidere i lacci e lacciuoli che legano lo Stato alla Mafia. Perché, in fondo, cos'altro è la Mafia se non un interesse di pochi in danno di tanti? Cosa è la Mafia, se non l'altra faccia dello Stato, con il quale talora combatte e talora stringe veri e propri patti di non belligeranza, (basti vedere la storia del 416-bis)? "Parlare di Mafia, è anche parlare di Stato". Lo aveva detto proprio Falcone. E lo Stato non è altro che l'insieme di cittadini ed istituzioni. Cambiando entrambi, si tagliano le gambe alla Mafia. E' tutto così semplice, eppure così difficile, così utopico. Perché?

Roberto Marzola.

lunedì 21 maggio 2012

DISASTRI NATURALI: LO STATO SE NE LAVA LE MANI

Come forse qualcuno di voi ricorderà, tempo fa scrivevo di come in Italia fosse scomparsa la parola "sociale". In poche parole, lamentavo la distanza sempre più marcata tra lo Stato e i cittadini, con gli ultimi letteralmente abbandonati ai loro destini, alle regole del mercato e al maremoto che sta scuotendo le borse di tutto il mondo.

Tale frattura non ha risparmiato nemmeno le calamità naturali, a causa di un decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale da qualche giorno. Sto parlando del decreto contenente la riforma della Protezione Civile. Forse ne avrete già avuto notizia.  Per farla breve, in base a questa nuova normativa lo Stato non sosterrà più la ricostruzione degli edifici privati colpiti da calamità naturali, i cui costi graveranno interamente sulla collettività. Come se non bastasse, poi, alle Regioni sarà definitivamente riconosciuta la possibilità di aumentare il costo del carburante di 5 centesimi qualora dovessero aver bisogno, per i motivi più disparati, di liquidità.

Intendiamoci: in Italia, purtroppo, le catastrofi naturali sono state una ulteriore occasione per sperperare quattrini pubblici. Basti pensare, ad esempio, che il disastroso terremoto che colpì l'Irpinia è costato allo Stato italiano più di 60 mila miliardi di vecchie lire. Cifra peraltro destinata a crescere, dato che l'erogazione di fondi è prevista fino al 2022. Una follia, che non può essere sostenuta né tollerata.
Stavolta, però, siamo andati troppo oltre, arrivando all'estremo opposto, vale a dire la totale indifferenza, il più completo menefreghismo. Le popolazioni dell'Emilia-Romagna, forse, riusciranno a godere della vecchia disciplina, in quanto il decreto ha un regime transitorio di 90 giorni; ma cosa sarà per i prossimi sciagurati? L'Italia, purtroppo, è un Paese ad alto rischio sismico. Per giunta, ogni anno capita sempre di sentire di episodi di alluvioni, frane e smottamenti che spazzano via strade, negozi e imprese. E allora che faranno quelle famiglie? Cosa ne sarà di quei lavoratori e di quelle aziende? Chi darà loro una mano? Chi li aiuterà a rialzarsi dopo la catastrofe?
Domande che hanno una sola risposta possibile: si dovranno arrangiare da sé. Perchè? Perché, ieri, una classe politica inetta e corrotta non ha saputo controllare che i soldi pubblici venissero erogati con parsimonia e gestiti per lo scopo per cui erano stati sborsati, mentre oggi una ancor più incapace e venduta ha deciso che il rigore imposto dall'Europa è più importante delle vite di tanti poveri disgraziati. Con l'aria che tira, insomma, c'è solo da confidare nel buon Dio; bisogna solo auguarsi che Madre Natura sia clemente e non scagli la propria furia contro di noi. Resta la speranza insomma. Peccato che, come recita un certo proverbio, chi visse sperando non abbia fatto proprio una fine onerovole. Evidentemente, vista la nostra assoluta indolenza e la nostra ignavia, ci meritiamo anche questo. Tanto per restare sul proverbiale: "chi è causa del suo mal pianga se stesso". Non c'è davvero bisogno di aggiungere altro.

Roberto Marzola.


sabato 19 maggio 2012

BRINDISI:ATTENTATO DI MAFIA? NON CI CREDO!

Non ci sono davvero parole per descrivere il vile attentato avvenuto in queste ore a Brindisi. Non potrebbero nemmeno servire a qualcosa, perché le parole non hanno salvato la vita a quella povera ragazza di 16 anni e non la salveranno agli altri 7 feriti, tutti adolescenti che stavando andando a scuola. Servono i fatti; occorrono risposte concrete. Quelle che, forse, andavano date prima ancora che tutto questo accadesse. Come? Magari rispondendo agli appelli di chi descriveva una situazione preoccupante, simile ad una pentola a pressione sul punto di esplodere. Da troppo tempo ormai, si respira un'aria troppo pesante in giro, resa irrespirabile da un malcontento diffuso e da una disperazione crescente. Ci sono dinamiche economiche, politiche e sociali che sono un incitamento costante alla violenza, alla reazione esasperata. Vi sono, anche e soprattutto, i comportamenti delle istituzioni che non muovono un dito per cercare di abbassare la tensione, ma sono soltanto brave a condannare fatti e persone con le solite parole, gonfie di retorica.
Intanto, però, arrivano le bombe e ammazzano una ragazzina innocente. Si grida all'attentato mafioso. Ci credo poco. La mafia, a mio modesto parere, non ha bisogno di gesti eclatanti, non "celebra" date e ricorrenze (come può essere quella del 23 maggio, anniversario della strage di Capaci), non colpisce le scuole; cura i suoi sporchi interessi, tesse le sue trame, stringe i suoi affari, colpisce le sue vittime. Cosa possono entrarci in tutto questo dei semplici liceali? Nulla. Ci deve essere qualcosa di più; qualcosa di molto più losco e, al tempo stesso, di molto più pericoloso. Fantomatici anarchici internazionali? Ne dubito. Qualche estremista rosso o nero? Molto improbabile, sebbene sia comunque certo che uscirà la pista eversiva. Cosa resta? Uno Stato in difficoltà. Uno Stato che torna a servirsi del vecchio e collaudato trucco della strategia della tensione. Ricomincia a spargere il caos ed il terrore tra la gente per autolegittimarsi, per instillare la convinzione che le istituzioni difendono, mentre i movimenti alternativi, (siano essi di destra o di sinistra, anarchici o neofascisti), uccidono senza guardare in faccia a nessuno. Una tattica poco originale, certo, ma che in passato ha già dato i suoi frutti. Frutti che, si spera, possano arrivare magari anche oggi. Quali possano essere, poi, è presto detto: la legittimazione a livello popolare, il controllo delle masse, il mantenimento dello status e dei privilegi , la conservazione delle posizioni di potere, la salvaguardia di patti e strategie politico-economiche tutt'altro che cristalline e tutt'altro che "pro-populo".
Una storia, dunque, che non può e non deve ripetersi. Anzi: che non possiamo e non dobbiamo permettere che si ripeta. Alta la guardia e fuori la voce: è tempo di scendere in strada. E' tempo di essere UOMINI!

Roberto Marzola.

giovedì 17 maggio 2012

MA CHE RAZZA DI POLITICA E' QUESTA?

Siamo sinceri: quanti di noi, ormai, saprebbero dire cosa vuol dire oggi la parola "politica"? Credo pochi, molto pochi. Forse, ne hanno un vago ricordo gli anziani che hanno vissuto il Ventennio e coloro che sono nati e cresciuti negli anni '60- '70. Decenni complicati, travagliati, tragici, ma che almeno hanno visto un brulicare di idee, un contrapporsi di proposte concrete, un'alternanza di uomini degni di essere chiamati tali.

Ricordi di anni passati. Ci stavo pensando proprio poco fa. Ho riepilogato velocemente gli eventi politici più importanti degli ultimi 15-20 anni, notando un filo comune: il peso, (sempre crescente), del potere giudiziario e di quello economico all'interno della politica, che ne ha causato un mutamento radicale, anzi, una vera e propria destrutturazione. Non c'è uomo di potere che non sia stato intimorito da azioni legali o da risultati economici alterati secondo convenienza. Marcio che si unisce ad altro marcio; vale a dire a quel marcio da cui, purtroppo, i partiti italiani, (ma non solo quelli italiani), erano già stati contaminati da tempo. Francamente, ce ne eravamo accorti un po' tutti, molto prima che se ne rendessero conto questi magistrati da strapazzo, i quali, divenuti ormai cani da guardia al servizio delle lobby di potere, abbaiano a comando al solo scopo di intimorire. Servizio reso al potente padrone, mica alla legge!

Se questo è, non mi sorprende affatto la crescente disaffezione verso la "politica". E' comprensibile, certo, ma al tempo stesso è un grosso errore. Così, infatti, si rischia soltanto di agevolare l'operato di questi signori, dato che, in pratica, si lascia loro campo libero. Bisogna tornare ad interessarsi di politica; deve necessariamente rinnovarsi la passione, tanto nei "vecchi" quanto nei "giovani". Ma, per riaccendere l'interesse per la cosa comune, occorrono idee e facce nuove. Pensieri forti, validi, disinteressati; uomini puri, onesti e disposti al sacrificio e al confronto. Esisteranno ancora? Lo spero. Anche perché, se le cose continuano su questo andazzo, credo che alla prossima tornata elettorale, (se mai ci sarà), scriverò: "Antonio La Trippa". Un po' rumoroso e buffo, certo; ma sicuramente più onesto e affidabile di questi faccendieri dei giorni nostri. Mica poco!

Roberto Marzola.


martedì 15 maggio 2012

AGRICOLTURA: UNICO SETTORE CHE REGGE!

Snobbata, abbandonata, irrisa, rifiutata, dimenticata...
Sto parlando dell'agricoltura: un settore economico dalle potenzialità immense, (specie in Italia!), ed in grado di offrire migliaia di posti di lavoro, se sfruttata appieno, se razionalizzata ed incentivata. Eppure, da decenni è un settore in declino. Nessun legislatore si è preso la briga di proporre una qualche misura che la sostenesse, che la rilanciasse, che assicurasse un dignitoso margine di guadagno agli operatori. Come se non bastasse, poi, è arrivata l'Unione Europea, la quale, a fronte di qualche spicciolo per sostenere questo o quell'imprenditore agricolo, ha aperto i mercati, imponendo che il Paese "X" importasse tot quantità di prodotti dal Paese "Y" e che quest'ultimo, a sua volta, importasse un altro tot dal Paese "Z". Risultato? Beni a basso costo e spesso di scarsa qualità che invadono il mercato interno; campi incolti, lasciati alle erbacce, ai rovi e ai pannelli fotovoltaici; imprenditori che percepiscono una miseria per quintale di prodotto, (poi rivenduto a prezzo decuplicato nella grande distribuzione, con una marea di denaro sperperato lungo i vari passaggi della filiera); una schiera di lavoratori in nero, senza diritti e spesso sottopagati.

Oggi, tuttavia, arriva una notizia che ha dello sconvolgente: in tempi di profonda crisi economica, (o forse di depressione), l'agricoltura è l'unico settore economico in crescita. Lo affermano il presidente della Cia, (Confederazione italiana agricoltori), Giuseppe Politi, e la Coldiretti a commento dei dati preliminari del Prodotto interno lordo censito dall'Istat nel primo trimestre del 2012. Sebbene siano in grande affanno, stritolate da oneri e contributi sempre più gravosi e resi ancor più pesanti dal governo Monti, le imprese agricole fanno segnare un balzo in avanti del 7%, dando un grosso sostegno alle esportazioni italiane. Si tratta di un piccolo-grande successo, che però rischia di essere spazzato via dalla nuova ondata di tributi, voluta dal rigore "made in Europe" ed innescata dal diligentissimo scolaretto Mario Monti.

E' un dato che deve far riflettere. In primis, perché ci mostra quale sia la vera fonte di ricchezza: non le piazze affollate dei mercati finanziari, ove regnano sovrane cifre tanto astruse quanto sterili; ma la nuda terra, che richiede passione, sudore e competenza. In secundis, perché ci dà due indicazioni importantissime. Una di tipo "economico-produttivo", ossia che è sulle eccellenze che bisogna puntare e non-come spesso si dice-sulla trasformazione del mercato del lavoro, che deve essere sempre più competitivo, quindi sempre più precario perché flessibile; l'altra di natura fiscale: le imprese, (qualunque esse siano), non vanno iugulate a suon di imposte, bensì vanno alleggerite, sgravate da ogni burocrazia, perché possono essere solo loro, con la vitalità che le contraddistingue, a rilanciare la crescita di questo Paese.

Francamente, mi pare un'analisi piuttosto facile da portare a termine e da comprendere. Possibile che i signori addetti al timone di questo disgraziato Paese non riescano ad aprire gli occhi e ad accendere un attimo il cervello? Possibile che debbano sempre badare a fare i compitini della Cancelliera? Possibile che debbano far del tutto per far affossare anche l'ultima risorsa di Casa Nostra, vale a dire le sue eccellenze? Mi raccomando: non affrettatevi a rispondere; si tratta solo di domande retoriche. La risposta, purtroppo, la conosco già... e non mi piace!

Roberto Marzola.



lunedì 14 maggio 2012

L'ITALIA E' DAVVERO SUL PUNTO DI ESPLODERE?

Anche l'illuminato Mario Monti si è svegliato. Si è accorto, (o ha fatto finta di accorgersi), che in Italia la tensione sociale sta raggiungendo soglie preoccupanti. E' sicuramente un passo avanti, dato che fino a poche settimane fa ripeteva in coro con Napolitano che non c'era nulla di cui preoccuparsi.

Cosa è cambiato? Forse tutto, o forse nulla. Il crescente grido di disperazione degli italiani si poteva sentire sin da quando il capo dello Stato e quello del Governo facevano ancora i gradassi; bastava solo voler credere alle proprie orecchie. Parimenti, la protesta furiosa contro la scure di Equitalia si poteva palpare anche allora; sarebbe stato sufficiente ascoltare quel malcontento e fare qualcosa per ovviare alla situazione. Ugualmente, erano una triste realtà i suicidi da insolvenza. Insomma, il quadro politico, economico e sociale si è solo aggravato in questi ultimi mesi: sono arrivati i sassi e le molotov contro gli uffici di Equitalia, i sequestri di persona per protestare contro le cartelle esattoriali, gli attentati e le minacce contro i manager.
Circostanze che fanno molto riflettere. Una cosa, però, mi fa riflettere più delle altre: si è cominciato a paventare il pericolo terroristico. Una circostanza molto sospetta quest'ultima, lasciatemelo dire. Sarà forse un caso che un misterioso gruppo eversivo, riconducibile all'area anarchica insurrezionalista, emerge dal nulla e colpisce soprattutto in Grecia ed in Italia, vale a dire i Paesi in cui la crisi dell'Euro e dell'Unione Europea è più forte? E' una semplice coincidenza che agisca proprio in quegli Stati ove la politica è ormai allo sbando, vuoi perché non si riesce a formare un governo, (vedi la Grecia), vuoi perché ne è stato imposto uno tecnocratico, (vedi l'Italia)? Infine: è una semplice casualità che in entrambi i Paesi le istituzioni reagiscano minacciando l'uso della forza armata, anziché iniziando a prendere sin da subito delle drastiche misure per alleviare il malcontento del popolo?
Sono dei sospetti che mi ronzano in testa; che mi portano a pensare che non ci sia proprio nulla di casuale e che si tratti della risposta degli usurai al tentativo di ribellione della gente comune. D'accordo, sono dei semplici tarli e di quegli animaletti hanno per ora l'aspetto e le dimensioni; ma perché non degnarli d'ascolto? In fondo, fino all'altro ieri tutta la situazione era "difficilmente" ipotizzabile, mentre oggi è così dannatamente reale. Vuoi vedere che anche stavolta niente è così impossibile come pare? Per la serie: a pensar male...

Roberto Marzola.

mercoledì 9 maggio 2012

COSE DA INDYMEDIA: GIOIRE PER L'ATTENTATO ROSSO A GENOVA


Quella che vedete sopra è una fotografia, (uno screenshot, come si dice in gergo), di ciò che era apparso sulla sezione Piemonte di Indymedia. Attualmente, purtroppo o per fortuna, la pagina è stata censurata, ma il testo integrale potete trovarlo qui.

Letto? Sembra un linguaggio d'altri tempi: "borghesia", "proletariato", "padroni","fascismo"... Un lessico polveroso, in grado di esprimere benissimo la totale confusione ideologica di questi soggetti, evidentemente incapaci di interpretare la situazione odierna e di indagarne le cause. Esultano per la sorte toccata a Musy, un consigliere comunale e avvocato vittima di un attentato lo scorso 21 marzo, e ad Adinolfi, un imprenditore gambizzato: qualcuno mi sa dire cosa diavolo c'entrino questi signori con la crisi, la disoccupazione, lo spread  e quant'altro? Musy, da libero professionista, probabilmente non ha nemmeno dipendenti, o almeno non nel senso che intendono questi signori; Adinolfi possiede una ditta che dà lavoro a non so quante persone, ove non c'è mai stata una minima tensione sindacale per stessa ammissione dei dipendenti. Siamo dunque al delirio, all'esaltazione della violenza fine a se stessa, invocata forse per coprire la penuria di idee.

Lasciatemi dire che la situazione mi crea molte preoccupazioni, per via dei colpi di arma semiautomatica e del totale marasma politico in cui viviamo; ma anche molte perplessità, legate alle modalità degli attentati, così simili a quelle degli anni di piombo. Davvero troppo simili per non destare il sospetto, (pur lontano), che, magari, non siamo di fronte a dei nostalgici delle Brigate Rosse, bensì alla solita strategia criminale dello Stato, che cerca di seminare l'odio politico e di innescare l'agitazione sociale nei momenti di maggiore difficoltà economica. Avevo lanciato un campanello d'allarme tempo fa, in occasione del gesto incomprensibile ed inspiegabile compiuto da Casseri, delle accuse di Pacifici contro i gruppi politici estremisti e delle parole di D'Alema pronunciate in qualità di presidente del Copasir. Avevo detto: "qualcuno sta cercando di ricreare quel clima di tensione e di esasperazione per togliere l'attenzione dai suoi loschi affari"; e guardate oggi cosa succede: la storia si ripete, il copione viene di nuovo recitato a memoria. Sbaglierò? Forse. Anzi, lo spero vivamente. Tuttavia, pregherei chi ha vissuto sulla propria pelle quegli anni di darsi da fare, di raccontare alla gente cosa furono e per quali motivi avvennero certi fatti, per non cadere nello stesso errore, per non lasciare il campo agli esaltati, (o forse mercenari?), di turno e a questa regia oscura. Il sangue non deve tornare a macchiare le strade e il germe della violenza non deve tornare ad insinuarsi all'interno del corpo sociale, perché tra di noi non c'è carnefice. Siamo tutti vittime: non della "borghesia imperialista", bensì della democrazia rappresentativa, della partitocrazia, dell'Unione Europea, dell'Euro, del complotto sionista-massonico, delle banche e del signoraggio, dell'immagrazione clandestina ed indiscriminata, della precarizzazione del lavoro, del libero mercato di merci e capitali... Ecco chi sono i veri nemici; ecco chi bisogna combattere! E dobbiamo farlo tutti insieme, remando tutti nella stessa direzione, senza divisioni e fratture sociali. Solo così possiamo scongiurare questa nuova minaccia; solo così potremo trovare un riparo sicuro in mezzo a questa tempesta liberale e liberista. Non facciamo il gioco dell'avversario anche in questo caso. Vi chiedo solo di aprire gli occhi e di ragionare in maniera critica, senza preconcetti di sorta. Non mi pare di chiedervi poi molto, no?

Roberto Marzola.

martedì 8 maggio 2012

ASTENSIONISMO E ANTIPOLITICA: IL TRASFORMISMO NON PAGA

Bisogna pur fare un breve ragionamento a margine delle ultime amministrative, cercando ovviamente di non dare loro più peso di quello che in realtà hanno. Sono state elezioni di basso profilo, dove i pezzi da novanta dei partiti si sono spesi molto meno rispetto al passato. Evidentemente, avevano paura delle uova marce e dei pomodori che la folla poteva riservare loro, proprio come si faceva con quegli attori che rappresentavano un pessimo spettacolo. Ed è fuor di dubbio che praticamente tutti i politici italiani stiano offrendo un'esibizione davvero inguardabile. Non è un caso, dunque, che i veri vincitori di queste elezioni siano l'astensionismo e l'antipolitica, interpretata soprattutto dai grillini. Hanno trionfato più per demerito degli avversari che per merito proprio; per la pochezza della politica ufficiale, più che per aver creato un programma d'azione serio, efficiente e credibile. Si tratta dunque di un voto che, quando è stato espresso, è stato sicuramente di protesta; un mezzo per dire ciò che non si vuole più sopportare, anziché per chiedere ciò che si vorrebbe.

Le cause? Sono presto dette: il vivere in un mondo a parte, distante da quello in cui s'arrabattano per arrivare a fine mese le persone comuni, ormai ridotte con l'acqua alla gola; l'essere schiavi dei proverbiali poteri forti; l'aver sostenuto ed il continuare a sostenere il governo Monti, giustamente percepito come un affamatore di popolo; il continuare imperterriti a non voler rinunciare a nessuno dei privilegi quasi feudali di cui godono, pagati dai contribuenti italiani; il cedere ancora a quel vizietto di fare tutto nell'ombra, (investimenti, restaurazioni di case, lauree dei figli ecc.). Vizi e vezzi che, soprattutto in un momento di congiuntura economica, danno l'idea della politica come di una casta di parassiti, che vive sulle spalle della povera gente. Una casta che in molti non vedono l'ora di far fuori.

Segnali preoccupanti, di insoddisfazione serpeggiante e di odio crescente, che dovrebbero preoccupare molto i signori della politica. Macchè! Questi furbacchioni fanno finta di non vedere e di non sentire. Dicono che Grillo non ha poi fatto questo exploit, (vero Napolitano? Vero Ferrara?); sostengono di aver stravinto e di poter vincere comodamente alle prossime politiche, (vero Bersani?); si limitano ad affermare che, in fondo, hanno solo sbagliato candidati, (vero PDL?). Nicchiano, insomma, sperando che con il tempo l'insoddisfazione cali e la fiducia nella loro politica ritorni.

Eh no, cari signori, temo proprio che stavolta non avrete altre chances. L'avete fatta grossa, troppo grossa. Per troppo tempo ci avete preso tutti in giro, credendo che avreste vissuto per altri 1000 anni alle nostre spalle, pensando che fossimo tutti scemi. La gente ormai ha iniziato a non poterne più di tutto questo e ad aprire gli occhi. Come ho scritto più volte, manca solo quella scintilla in più, quella che porta alla ribellione, ossia la punizione più grande per il vostro menefreghismo, per la vostra incapacità, per la vostra sudditanza. Cercate di darvi una mossa, di riabilitarvi agli occhi della gente, finché siete in tempo. Iniziate a proporre e a far approvare uno straccio di provvedimento concreto per sostenere le famiglie, le imprese, i piccoli professionisti. Smettetela con i trasformismi, con gli inciuci e gli accordi sotto banco. Allora, forse, avrete qualche possibilità di salvare la faccia, (e non solo quella); ma fatelo in fretta, prima che la tensione sociale esploda, prima che tornino le esecuzioni di piazza, i tribunali popolari e le ghigliottine. E' già successo una volta e sappiamo tutti come è andata a finire. Se non ve ne foste accorti, oggi come allora il pane inizia a scarseggiare e la folla presto avrà fame. Occhio!

Roberto Marzola.

lunedì 7 maggio 2012

LE NUOVE ELEZIONI IN EUROPA E IL COMPLOTTO DEI MERCATI

Diciamocelo chiaramente: le elezioni appena tenutesi in Europa hanno bocciato severamente l' Euro, l'Unione Europea e la politica di rigore. In tutto il Vecchio Continente proliferano forze conservatrici e di stampo socialista. Più o meno tutte propongono di rivedere in maniera massiccia le regole del gioco, non solo in materia politica ed economica, ma anche e soprattutto sociale. Già, perché il più grande fallimento dell'Europa delle banche e delle monete è proprio questo: non aver fatto nulla per alleviare le difficoltà quotidiane della gente. Non che potesse essere diversamente, dato che a Bruxelles e dintorni non hanno mai fatto mistero di essere completamente disinteressati al sostegno agli strati più deboli della società e di essere molto più presi dall'andamento dello spread, (per tacere poi della curvatura delle banane!).

Ecco, dunque, la ribellione popolare, purtroppo non ancora trasformatasi in rivolta. Si bocciano i partiti che hanno sostenuto il progetto di un'Europa in mano alle banche e schiava di una moneta unica, e si votano le formazioni più estremiste che, almeno in apparenza, parlano una lingua diversa e cercano di percorrere altre strade. C'è chi chiede il ritorno alla moneta nazionale, (vedi l'estrema-destra greca), e chi, invece, vuole una moneta nazionale che si affianchi all'Euro come moneta unica, (come la signora Le Pen). Ma, comunque, tutti reclamano a gran voce una cosa: più sovranità interna.

La cosa non deve essere piaciuta agli eurocrati capitanati dalla Merkel, fedeli scudieri di quei poteri forti che hanno tutto l'interesse a trasformare l'Europa in un mucchio di macerie. Difatti, la risposta non si è fatta attendere. A cosa mi riferisco? Naturalmente al crollo delle borse che si è verificato dopo la diffusione dei primi risultati elettorali: Atene ha perso l'8%, Parigi l'1,23%, Francoforte l'1,49%, Madrid l'1,19%, Milano lo 0,75%. Gli esperti del settore dicono che la colpa è tutta delle elezioni: i mercati temono che le politiche del rigore possano essere messe in discussione, minando la solidità dei conti dei vari Stati. Francamente, non ci credo nemmeno un po'. Per me il mercato non è affatto quell'entità astratta, cosciente e consapevole che solitamente ci dipingono; al contrario, ritengo sia una sorta di teatrino delle marionette, in cui una mano invisibile agita i fantocci a proprio piacimento; oppure, se preferite, è un' assurda partita a scacchi, in cui uno dei  giocatori non ha volto, è ignoto. E così, proprio come in uno spettacolo di marionette o una partita a scacchi, l'usuraio fa le proprie mosse, ordisce le sue trame, stende il proprio copione, a seconda dei nostri comportamenti: vincono le forze a favore dell'Euro e dell'Unione Europea? Allora le borse salgono, per far vedere che i mercati premiano gli sforzi compiuti dai governi sottomessi nel prelevare quattrini dalle tasche della gente. Monta l'insofferenza per le angherie compiute proprio dalle istituzioni europee e dalla moneta unica? I mercati crollano a comando, come a lanciare un severo monito ai cittadini del Vecchio continente: "non ci provate neanche o facciamo sparire i vostri risparmi".

Saranno solo coincidenze? Starò diventando paranoico? Inizierò a delirare? Tutto può essere. Fatto sta che, ragionando così, tante tessere del mosaico sembrano trovare il loro posto ed iniziano a comporre un'immagine. Vi posso assicurare che si tratta di una figura che definire inquietante è dir poco. Provateci anche voi, ve lo consiglio. Visto mai che lo spavento produca finalmente quello scatto d'orgoglio che innesca la voglia di ribellione,  che alimenta il desiderio di una vera, autentica e genuina libertà? "Spes ultima dea". Come sempre.

Roberto Marzola.

sabato 5 maggio 2012

"SYMPATHY FOR THE DEVIL": GLI ITALIANI COL SEQUESTRATORE DI BERGAMO


Otto anni di carcere: ecco cosa sta rischiando Luigi Martinelli, il sequestratore di Bergamo. Questo è il prezzo della sua disperazione. Doveva pagare una cartella esattoriale di circa 1000 €. Una piccola somma, se vogliamo; evidentemente non sono più i soldi il problema. Il problema sembra essere la situazione in generale o, astraendo, la percezione della realtà. I cittadini vedono ormai nello Stato un estraneo, anzi un nemico. Non si sentono più rappresentati, ma vedono in esso una minaccia per il loro presente e per il loro avvenire. Non sono più disposti a pagare niente, nemmeno un centesimo di tasse, perché tanto ormai regna in essi la convinzione che quei soldi non torneranno agli italiani sotto forma di servizi.
Allora, si schierano dalla parte del sequestratore di Bergamo. Provano simpatia ed un sentimento di profonda compassione e comprensione verso quell'uomo che è stato in grado di dire "basta", compiendo un gesto folle sì, ma che sa di angoscia, di fragilità, di umano. Si rivedono in lui, nell'uomo mite, padre di famiglia, titolare di una piccola impresa, che ormai ha imparato a memoria il numero e l'indirizzo dell'Agenzia delle Entrate, quest'organo dello Stato con cui ultimamente ha avuto sempre più a che fare; questa specie di mostro dalle mille teste e dai mille tentacoli, (vedi Equitalia), che con fare inquisitorio passa in rassegna i tuoi conti alla ricerca di somme dovute e non pagate, di quella parte del tuo sudore di cui è proprietario lo Stato. Inutile dire che ti senti sotto osservazione, minacciato da degli impiegati che ti guardano come per dire: "evasore che altro non sei, tira fuori la grana!".
Se così è, come si fa a dar torto a quegli italiani così solidali con il sequestratore? Come si può non giustificare umanamente il gesto di Luigi Martinelli, di quell'uomo che ha scelto di sfidare la legge penale per chiedere che qualcuno ascoltasse il suo grido di rabbia e disperazione? 
La verità è che siamo tutti stanchi e che tutti ci sentiamo presi in giro. Non se ne può più delle solite parole e delle consuete promesse, che davvero non danno alcun sollievo a chi, quotidianamente, si spacca la schiena per mettere insieme il pranzo e la cena; per chi ogni singolo giorno va alla pompa di benzina, al supermercato e in farmacia, e vede che il suo lavoro, i suoi sforzi e suoi sacrifici valgono sempre meno, non bastano più per assicurare a sé e alla famiglia un oggi dignitoso. Quindi, se i lorsignori non sono in grado di darci una mano per sbarcare il lunario e non intendono alzare il culo dalla poltrona, almeno abbiano il buon gusto e la decenza di tapparsi la bocca. E questo vale tanto per i signori politicanti, quanto per il Ferrara di turno, i quali vengono a dirci che non siamo poi così messi male e che le tasse sono "uno strumento bellissimo", avendo tasca e pancia piene dei nostri soldi. Che facce toste!

Roberto Marzola.

giovedì 3 maggio 2012

BARRICATO DENTRO LA SEDE DI EQUITALIA CON OSTAGGI


Notizia dell'ultima ora: a Bergamo un uomo di mezza età si è barricato negli uffici di Equitalia, tenendo con sé una dozzina di ostaggi sotto la minaccia di un fucile (fonte). Ha fatto sapere di avere grossissime difficoltà economiche e di essere pronto a togliersi la vita. Chiede di poter parlare prima con la stampa, forse per denunciare la sua condizione.
Per ora non si sa molto più. Si sa solo che il piazzale antistante gli uffici è presidiato da Carabinieri e Guardia di Finanza, entrambi pronti ad intervenire laddove ce ne fosse bisogno.

Francamente, non mi sento di dire molto su questa vicenda: ancora troppo pochi gli elementi a disposizione per poter giudicare. Dico solo una cosa: la situazione sta diventando grave, anzi gravissima. La gente ormai è al limite della sopportazione. Non si può più tollerare di vivere senza un lavoro, con tasse su tutto e con il carrello della spesa che diventa sempre più caro. Ormai, quella che fino a pochi anni fa era una vita normale, (perché fatta di un tetto sopra la testa, una famiglia, un lavoro, due pasti al giorno e una pensione), oggi sembra un miraggio. E nessuno fa niente. Soprattutto a Roma, dove sono ancora alle prese col dubbio se alzare l'IVA al 23% oppure no.

Quanto ancora si può andare avanti così? Quanto tempo dovrà passare prima che incominci un'opera di sostegno alle famiglie, ai lavoratori, agli imprenditori, agli artigiani, ai piccoli professionisti? Quanti altri atti di disperazione dovranno essere compiuti per chiedere un minimo di comprensione, una parvenza d'aiuto, un abbozzo di umanità? aSe gli eventi e le scelte dell'esecutivo andranno ancora in questa direzione, stavolta la rivoluzione scoppierà sul serio. E sarà violenta, perché scatenata da una massa afflitta da angosce, paura e stenti. Travolgerà tutto e tutti, senza distinguere tra fiore e stelo d'erba, proprio come la falce fienaia della signora scura.
Si dimettano Lorsignori, dunque, finché sono in tempo; facciano i bagagli e si ritirino a vita privata, senza super-pensioni e vitalizi; lascino il campo a chi sa cosa fare e per chi farlo. Questo è più di un avvertimento. L'ora dei conti sta finalmente arrivando. Attenti!

Roberto Marzola.

mercoledì 2 maggio 2012

1 MAGGIO: RIVOLUZIONARI COI SOLDI PUBBLICI

Anche per quest'anno il 1° maggio è venuto e se ne è andato, lasciandoci negli occhi e nelle orecchie gli echi dell'ormai consueto "concertone". Il tempo passa, ma nulla sembra davvero cambiare: c'erano i menestrelli di corte, la solita fiumana di gente, gli slogan antifascisti, l'abuso del termine "lavoratori", (come se tutti quelli non presenti al concerto fossero dei parassiti!), la benedizione dei sindacati e le solite bandiere rosse. Stavolta, forse, è cambiato il ritornello: Berlusconi non è più il nemico numero 1, rimpiazzato sulla gogna da Monti e dalla Fornero. Gira e rigira, certi signori ce l'hanno sempre col governo di turno, specie se di centro-destra o percepito come tale. Mai, però, che se la prendano con chi potrebbe fare qualcosa di concreto ma non fa nulla per becera convenienza politica. Il riferimento, ovviamente, è ai sindacati italiani, che dal secondo dopoguerra ad oggi hanno sempre e solo banchettato, (neanche troppo di nascosto!), al tavolo del "capitale" italiano, lasciando che le campagne si svuotassero e che l'industria congestionasse, fregandosene del privato e spendendosi oltre misura per un pubblico che porta voti, e tollerando che il lavoro fosse sempre meno, più precario e per pochi fortunati. Una circostanza che già mi fa davvero ridere come un matto!
Tuttavia, ciò che mi fa più scompisciare, (per non dire di peggio!), è che questi signori, questi rivoluzionari dagli alti ideali e dalla retorica facile, pretandano fior di quattrini pubblici per organizzare i loro eventi di spicco. Non è un mistero che ogni anno, a cominciare dal 1991, il Comune di Roma destina circa 240.000 € per permettere alla sinistra più estrema, ai centri sociali e ai sindacati di colore rosso sbiadito, di organizzare la festicciola primaverile. Cifra a cui vanno sommati gli emolumenti spettanti ai 1000 agenti di polizia per il servizio d'ordine, i quali solo quest'anno hanno arrestato 60 persone, (52 per spaccio), e denunciate altre 20. A me, francamente, pare un po' troppo comodo e anche molto ipocrita lanciare accuse al sistema, al "padrone", e poi accertarne, anzi pretenderne, i quattrini, manco fossero dovuti; mi sembra un bel controsenso lamentarsi per la carenza di risorse per  il lavoro e poi sperperare somme così elevate di soldi pubblici. Ma, forse, è ancora più assurdo che le entrate del concertone del 1 maggio non vengano corrisposte al Comune. Nossignore: i denari provenienti dagli sponsor e dai diritti TV versati dalla RAI, (altra azienda pubblica!), vanno dritti dritti nelle casse dei sindacati, alla faccia dei lavoratori e della collettività che -come detto poc'anzi- da un ventennio paga di tasca propria la gita fuori porta a questi signorini.

Mi domando e dico: non sarebbe ora di finirla con questa pagliacciata? Non sarebbe preferibile rinunciare a sperperare risorse pubbliche e finanziare il concerto autonomamente, se proprio si vuole continuare a scadere nel ridicolo? Non converrebbe, piuttosto, essere seri ed affrontare per davvero i problemi dei lavoratori, (di tutti i lavoratori), anziché bisbocciare a suon di canzoncine e spinelli? Evidentemente no: all'ideologia va sempre tributato il "giusto" riconoscimento, costi quel che costi. I soliti "kompagni": fuori dal mondo e fuori di testa. Ancora oggi. Contenti loro!

Roberto Marzola.