BENVENUTI, CHIUNQUE VOI SIATE

Se siete fautori del "politcally correct", se siete convinti che il mondo è davvero quello che vi hanno raccontato, se pensate di avere tutta la verità in tasca, se siete soliti riempirvi la bocca di concetti e categorie "democraticizzanti", sappiate che questo non è luogo adatto a Voi.

Se, invece, siete giunti alla conclusione che questo mondo infame vi prende in giro giorno dopo giorno, se avete finalmente capito che vi hanno riempito la testa di menzogne sin dalla più tenera età, se avete realizzato che il mondo, così come è, è destinato ad un lungo e triste declino, se siete convinti che è giunta l'ora di girare radicalmente pagina , allora siete nel posto giusto.
Troverete documenti,scritti, filmati, foto e quant'altro possa sostenervi in questa santa lotta contro tutti e tutto. Avrete anche la possibilità di scrivere i Vostri commenti, le Vostre impressioni, le Vostre Paure e le Vostre speranze.

Svegliamoci dal torpore perché possa venire una nuova alba, una nuova era!


lunedì 23 luglio 2012

PURE MAGDI ALLAM SE NE E' ACCORTO: IL VERO PROBLEMA SONO LE BANCHE

Oggi è successo un fatto che ha quasi dello straordinario. E' la prima volta, infatti, che mi capita di leggere sulle pagine di un quotidiano nazionale un giornalista di fama che parla di signoraggio e che punta il dito contro il sistema bancario. Oggi è avvenuto su "Il Giornale", in un pezzo a firma di Cristiano Magdi Allam, intitolato: "BCE, la fabbrica del debito che sta rovinando l'Europa" (qui).
Davvero un bel pezzo, non c'è che dire, che ha due meriti: da un lato, informare e, dall'altro, descrivere malattia e terapia in termini semplici e tutt'altro che traumatici per il lettore. Così, con questo tono molto pacato, Magdi Allam ci dice che "oggi la Bce stampa la banconota da 100 euro al costo di 3 centesimi e la vende alle banche commerciali a 100 euro, più l'1% di interesse, in cambio di titoli di garanzia. Le banche rivendono la banconota allo Stato a un tasso superiore in cambio di buoni del Tesoro che sono titoli di debito. Lo Stato ripaga questi interessi facendoli gravare sulle tasse imposte ai cittadini. Quindi tutto il denaro in circolazione è gravato da interessi percepiti dalle banche e da tasse che gravano sulle nostre spalle. È così che noi siamo indebitati dal momento in cui nasciamo". Bravo!  Addirittura, individua poi il colpevole di tutto questo, ossia la BCE, descritta come "un'istituzione che svolge una funzione pubblica ma è di proprietà privata, detenuta da banche private, comprese quelle dei Paesi europei che non aderiscono all'euro. Ha la struttura di una società per azione e gode di autonomia assoluta dalla politica pur condizionando pesantemente la politica". Bravissimo! Infine -udite udite- prospetta anche una soluzione interessante: "una nuova valuta nazionale emessa direttamente dallo Stato, che ci affranchi dalla schiavitù del signoraggio e scardini dalle fondamenta la «fabbrica del debito», emessa a parità di cambio con l'euro per prevenire fenomeni speculativi e inflazionistici". Chapeau!

Sono quasi senza parole. Addirittura, rischio che mi scenda una lacrimuccia sul viso. Finalmente un messaggio chiaro, forte e veritiero che giunge al grande pubblico e, per ironia della sorte, dalle pagine di uno dei giornali più liberali in circolazione. Una messa cantata proprio per chi ha più bisogno di ascoltarla! Speriamo che non sia solo un evento sporadico; speriamo che non sia soltanto il disperato tentativo, da parte di un giornalista a corto di idee, di far parlare di sè; speriamo, insomma, che di questi argomenti si parli sempre più spesso, perché la gente finalmente sappia di cosa sta morendo e di cosa moriranno i loro figli, malgrado questa Italia, come dice lo stesso Magdi Allam, abbia "tutti i requisiti di credibilità e solidità per andare avanti a testa alta e con la schiena dritta".

Roberto Marzola. 

martedì 17 luglio 2012

MONTEGRANARO: STORIA DI UN PAESE CHE SCOMPARE. GRAZIE GLOBALIZZAZIONE. GRAZIE DEMOCRAZIA


Vi annoio con la storia, passata e presente, del mio paesello, Montegranaro:  13.000 anime affacciate sull’Adriatico, con le spalle protette dai Sibillini e i piedi bagnati dal Chienti. Lo faccio perché potrebbe essere il simbolo di una realtà umana, economica e sociale di un’Italia destinata a scomparire.
Una volta era una cittadina di eccellenze, in particolar modo calzaturiere. Una storia di artigiani ed imprenditori che risale addirittura al 1800, allorché un certo Granatelli prese a lavorare in paese le prime “chiochierette”, apprezzate sin da subito fino a Roma. Da quel momento in poi, la fama di quella che una volta fu la Veregra romana crebbe di anno in anno, specie sotto il Ventennio, (allorquando giunsero in paese i primi macchinari), e durante gli anni del boom economico del 1950-60. Montegranaro diviene in poco tempo la capitale italiana del settore calzaturiero, con imprese, botteghe e laboratori sparsi in ogni angolo della città. La sua fama, intanto, valica i confini nazionali ed i suo prodotti vengono apprezzati in tutto il mondo. Il benessere portato dall’industria è grande. Nei paesi del circondario, addirittura, si favoleggia che più di una famiglia a Montegranaro abbia maniglie d’oro in casa e la Ferrari in garage. Suggestioni e dicerie popolari, certo, ma che descrivono bene lo stato di agio conosciuto da queste parti.
Poi però tutto si è interrotto. I vari periodi di congiuntura economica hanno messo a dura prova la capacità produttiva e imprenditoriali dei calzaturieri di Montegranaro. In tanti, troppi, hanno esportato l’attività all’estero, nei Paesi emergenti; in tanti, troppi, hanno addirittura insegnato tecnologia e metodi di produzione in Paesi sottosviluppati. Numerose imprese hanno chiuso i battenti; i laboratori e gli opifici industriali ormai sono solo un ricordo, buono al massimo per una cartolina. Iniziano a vedersi scene raccapriccianti pure nel sociale, anche per colpa -spiace dirlo- di un’amministrazione troppo impegnata a prepararsi per l’imminente arrivo dei marziani, (vera fissa dello storico sindaco di Montegranaro!), per occuparsi dei problemi locali. Il centro storico cade a pezzi. Né il Comune, né i privati fanno nulla; solo qualche associazione prova - taluna spesso con fare demagogico ed interessato- a rimboccarsi le maniche. Con l’unico risultato che al posto del luogo della memoria di un paese di collina abbiamo un’autentica casbah, popolata da immigrati per lo più di religione musulmana. Così,  il dialetto montegranarese è stato soppiantato dall’arabo; invece degli Svampa e dei Luciani troviamo gli Abdul e i Mohamed; dove una volta c’erano le signore con il grembiule a lavorare le scarpe nel garage sotto casa, adesso troviamo le donne intabarrate nei loro veli. Una grave perdita d’identità, anzi un delitto contro di essa, che rischia di essere devastante per il futuro.
Ma c’è di più. Nel corso degli anni sono nate vere e proprie gang di marocchini e albanesi, che terrorizzano i loro coetanei con atti di bullismo e furti di lieve entità. Furti che in certi episodi hanno riguardato anche macchine e appartamenti, rimasti spesso impuniti, dato che chi li aveva commessi è ancora minorenne ed è libero di starsene notte e giorno al bar in piazza, (ogni riferimento a fatti e persone è puramente voluto).  Dalle ruberie siamo poi arrivati alle risse tra albanesi e marocchini nei vicoli di paese e al “presidio”, da parte di queste bandarelle di piccoli criminali, di alcune zone poco illuminate del paese. Dulcis in fundo, sono state avvistate anche le prime prostitute, forse ghanesi o nigeriane, che offrono le proprie prestazioni ai passanti increduli, perché le lucciole di strada da queste parti non s’erano mai viste. Tutto ciò nel giro di pochi mesi; tutto mentre, anche semplicemente passeggiando per le vie del paese, si può notare un numero sempre crescente di allogeni di qualsiasi razza, attratti non si sa bene da cosa, dato che il lavoro non è propriamente abbondante. Fatti, persone e circostanze che mi portano ad una conclusione semplice: questo maledetto sistema liberal-capitalistico su base pseudo-democratica è una autentica iattura. Da un lato, infatti, l’economia del libero mercato e del profitto sopra ogni cosa sta mortificando la professionalità di artigiani e piccoli imprenditori, costretti a fare i conti con la concorrenza sleale e a basso costo; dall’altro, la globalità dei flussi migratori e l’idiozia di chi vorrebbe l’integrazione forzata stanno facendo regredire la nostra società all’età della pietra, al bellum omnium contra omnes. Un imbarbarimento degli usi e costumi che rischia di sfociare, (come in parte è già avvenuto), in episodi di violenza sempre più gravi. Traiamo, dunque, un profondo insegnamento da tali indici micro e macro economici, che ci dicono che su questa strada non si può andare avanti, nonché da tutti questi immigrati, (spesso di seconda o terza generazione), che stanno diventando un grosso problema, anziché una “risorsa”, come qualcuno si ostina ancora a sostenere. Facciamolo finché siamo ancora in tempo, finché ci saranno ancora un centro storico da salvare, un dialetto da tutelare, una professionalità da esportare, valori da insegnare ed una comunità umana da valorizzare. Facciamolo, insomma, prima che di tutto questo restino solo rovine; prima che Montegranaro sia solo un dolce e triste ricordo di una fiorente cittadina marchigiana.

Roberto Marzola.


giovedì 12 luglio 2012

FREDA GIORNALISTA: E' SCANDALO. PERCHE' ?

"L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva" . Questo è quanto dice la costituzione repubblicana al suo articolo 27. Un principio che non dovrebbe fare eccezioni per nessuno. Invece, capita sempre più spesso che taluno invochi delle eccezioni al principio di non colpevolezza. Mi riferiscono alle lobby che contano: quelle di "La Repubblica", quelle di De Benedetti, quelle dei sindacati, quelle de "Il Fatto Quotidiano", quelle dalla comunità ebraica e via discorrendo, sempre pronte a chiedere deroghe ed eccezioni nei confronti di personaggi che considerano nemici. E' successo ieri per Silvio Berlusconi, ( ex Presidente del Consiglio dei Ministri, uscito ormai indenne a 30 attacchi della magistratura e non credo sia solo per le famose "leggi ad personam"); accade oggi a Franco Freda. Ve lo ricorderete tutti: attivista neofascista, fondatore del "Gruppo di AR", indagato per la strage di Piazza Fontana. Da questa accusa venne assolto per mancanza di prove dalle corti di appello di Bari e Catanzaro e in via definitiva dalla corte di Cassazione di Roma nel 1987. L’unica condanna che risulti a suo carico riguarda un’ipotesi di “ricostituzione del disciolto Partito Fascista”, (legge Scelba), per aver dato vita al Fronte Nazionale, ipotesi di reato poi modificata in “propaganda all’odio razziale” (legge Mancino).
Stiamo parlando di un uomo che ha pagato il suo debito con la giustizia, (ammesso che ne avesse uno). Dunque, per quale motivo non può scrivere su un quotidiano nazionale? Per quale motivo e con quale coraggio il “Fatto Quotidiano” parla di “novità vergognosa” e di un Paese che “ha toccato il fondo” ? Si sono dimenticati che tra le loro pagine scrive un certo Marco Travaglio, uno che è stato graziato dall’accusa di diffamazione aggravata a mezzo stampa per remissione della querela e, in un altro caso ma per lo stesso reato, ha beneficiato della prescrizione? Si sono dimenticati che questo signore, in tempi non sospetti, se ne andava in vacanza con Giuseppe Ciuro, detto Pippo, condannato in via definitiva a 4 anni e 8 mesi per essere stato riconosciuto quale talpa all’interno della DDA di Palermo?
Insomma, siamo alle solite. Certa gente si permette di ficcare il naso in casa d’altri, in cerca della proverbiale pagliuzza nell’occhio altrui e senza notare l’altrettanto proverbiale trave nei propri. Niente sembra poterla trattenere dall’intento di colpire l’avversario ad ogni costo: né principi morali, né giuridici, tantomeno il buon senso. Una vergogna per un Paese che osa definirsi “democratico”; una macchia indelebile per gente da sempre pulita fuori, ma marcia dentro. Speriamo solo che gli italiani se ne accorgano, prima o poi, e rispediscano i vari bacchettoni alla Travaglio e alla Bolognesi nell’anonimato in cui meritano di stare. La miglior pena per le loro brutte facce.
Roberto Marzola.



martedì 3 luglio 2012

MONTI: TE LI SUGGERISCO IO DUE TAGLI!


Il Gran Maestro Mario Monti è stato chiaro: “servono 4,2 miliardi di euro per evitare l’aumento dell’Iva dal primo ottobre”.  Inevitabili le reazioni esagitate degli interpreti politici e l’ansia degli italiani, spaventati dalla possibilità di ulteriori prelievi dalle loro tasche, vuoi sotto forma di IVA al 23%, vuoi sotto forma di patrimoniale, (come proposto da quella “scienziata” della Camusso, che vorrebbe colpire ancora una volta il ceto medio, vera spina dorsale del sistema economico italiano!).
Ho sentito parlare di tutto e il contrario di tutto: taglio dei microtribunali, sforbiciate alla sanità, riduzione del personale e via discorrendo. Di alcune cose, però, non sento affatto parlare: tagli al superfluo e ai privilegi. Perché il professore non comincia ad alzare un pochino lo sguardo verso l’alto, giusto per distoglierlo un attimo dal popolino? Un primo passo potrebbe essere sicuramente quello di snellire i costi della politica, laddove -si badi bene- per “politica” intendo non solo le due Camere, ma il sistema complessivamente inteso, comprensivo degli organismi di governo locale.  A tal proposito, uno studio della Confcommercio del settembre 2011, (disponibile qui), stimava in oltre 9,1 miliardi di euro il costo della rappresentanza politica e ipotizzava quanto segue: “Il costo complessivo vale in termini medi poco più di 59mila euro per ciascun rappresentante eletto su base nazionale e locale (cioè 9.148,6 miliardi di euro diviso per gli oltre 154mila membri di organi collegiali). Stimando una proporzione di riduzione di eletti a qualsiasi livello pari a circa il 36,5%, valore che proviene dalla spesso ipotizzata operazione di passaggio dagli attuali 945 parlamentari a 600 rappresentanti, suddivisi in 400 deputali alla Camera e 200 senatori presso il costituendo senato federale, si otterrebbe a regime un risparmio di oltre 3,3 miliardi di euro all’anno”. Prosegue l’organismo di rappresentanza delle imprese: “Per dare un senso a queste cifre, si può ricordare che quei circa 3,3 miliardi di risparmi consentirebbero una riduzione permanente di circa 7-8 decimi di punto della prima aliquota dell’Irpef (quella al 23%), con un beneficio generalizzato per circa 31 milioni di contribuenti  capienti. In alternativa, per esempio, si disporrebbe di risorse pari a oltre 2.900 euro all’anno per ciascuna famiglia che in Italia versa in condizioni di povertà assoluta (un milione e 156mila famiglie nell’anno 2010, secondo l’ultima indagine Istat). Probabilmente la più grande, efficace e trasparente operazione di redistribuzione mirata mai effettuata in Italia. ma quasi certamente priva, ad oggi, di condizioni politiche per essere effettuata”. In pratica, avvicinandoci alle indicazioni fornite dalla Confcommercio, sarebbe possibile ottenere già 3,3 dei 4,5 miliardi rincorsi da Monti, il tutto senza mettere assolutamente le mani dei contribuenti italiani.
Ma c’è di più. Un altro scandalo tutto italiano, infatti, sono i sindacati. Per chi non lo sapesse, i sindacati italiani sono una vera e propria “ casta iperburocratizzata e autoreferenziale, con organici e fatturati enormi, grandi patrimoni immobiliari (esenti da Imu) e bilanci segreti contro ogni logica di trasparenza” (fonte). Come se non bastasse, hanno finanziamenti enormi, sia privati (i cd. “finanziamenti diretti”, acquisiti tramite le ritenute salariali), sia pubblici, (i cd. “finanziamenti indiretti”, tramite l'attività dei c.d. enti parasindacali, quali patronati, CAF ed enti bilaterali). Ad oggi non è dato sapere a quanto ammontino tali somme di capitale. Tuttavia, stando a quanto scrive Stefano Liviadotti, (“L’altra casta. Privilegi. Carriere. Misfatti e fatturati da multinazionale. L’inchiesta sul sindacato”), si può parlare di uno strapotere sindacale che “sacrifica il bene collettivo, mettendosi ostinatamente di traverso a qualunque riforma rischi di intaccarne uno status quo fatto di privilegi, di Caf che assicurano una montagna di soldi esentasse, di patronati diventati vere e proprie riserve di caccia con un giro di affari annuo - ancora una volta esentasse - di diversi milioni di euro”. In un articolo pubblicato su “Il Giornale” (“Sotto le bandiere rosse una valanga di privilegi: la "casta" del sindacato”), si prova a dar conto di queste cifre. Riguardo ai “mitici CAF”, ad esempio, si calcola che per la mole di prestazioni svolte sì dal sindacato, ma pagate dallo Stato, dalle casse pubbliche fuoriescano mediamente ben 300 milioni di euro l'anno. Stesso discorso per i patronati: “Lo Stato assegna ai patronati lo 0,226 dei contributi obbligatori incassati dall’Inps, dall’Inpdap e dall’Inail. Altri 300 e passa milioni che servono per far cassa”.  A ciò si aggiunga anche l’immenso patrimonio immobiliare che i sindacati vantano: la Cisl ha 5.000 sedi, la CIGL 3.000, mentre la UIL ha un capitale reale per un ammontare complessivo di 35 milioni di euro. Su tutto questo ben di Dio, i “tre dell’Ave Maria” non versano nemmeno un centesimo di tasse in quanto, grazie ad una scelta legislativa del tutto arbitraria, (vedasi la L. 504/1992), sono di fatto equiparati a delle ONLUS. Insomma, a corti discorsi, sarebbe lecito aspettarsi di ricavare almeno un miliardo di euro da una regolare tassazione e da una revisione del funzionamento dei sindacati, anche qui senza alcuna conseguenza per gli italiani.
Restano almeno altri due argomenti da trattare, (e non sono certo una novità!), vale a dire: i finanziamenti pubblici ai partiti e ai giornali.
Riguardo ai finanziamenti pubblici ai partiti ci sarebbe tanto da dire. Introdotti dalla legge Piccoli, modificati negli anni ’80 e poi ancora nel 1993, nel 1997, nel 2002 e nel 2006, siamo arrivati al punto che ogni singolo partito che ottenga l’1% del quorum ha il diritto di ottenere il rimborso per tutti e cinque gli anni di legislatura, indipendentemente dalla sua durata effettiva. Il vero scandalo è che, allo stato attuale, grazie alla caduta del governo Berlusconi, i partiti incassano i rimborsi sia per la fine della XV legislatura, (targata appunto Berlusconi), che per l’inizio della XVI, (a firma Mario Monti), per giunta in tempi di profonda crisi economica. I dati disponibili e relativi all’ultima tornata elettorale, quella del 2008, dicono che verranno versati ai partiti, nel corso dei 5 anni di legislatura, ben 501.618.770 euro (fonte). Ben mezzo miliardo di euro di soldi pubblici, che finiranno nelle casse di contenitori politici svuotati di qualsiasi significato, lontani anni luce dalle istanze popolari e buoni solo per prendere ordini dalla Merkel e dai suoi compagni di merende.
Infine, veniamo ai finanziamenti pubblici ai giornali. Le stime parlano di ben 850 milioni di euro (fonte) che ogni anno finiscono nelle casse della carta stampata, (e spesso alle testate più impensate ed impensabili, guardate qui!). Un’anomalia sicuramente tutta italiana, (dato che all’estero non mi risulta siano ipotizzabili finanziamenti pubblici per l’editoria privata), che ho sempre ritenuto un'assurdità, dato che, fino a prova contraria, si è “scelto” di far parte di un mercato di libera concorrenza. Da questa semplice considerazione scaturisce la mia ferma convinzione che ogni testata debba reggersi da sola sul mercato stesso, ingegnandosi nell’aumentare le vendite, nel trovare finanziatori, nell’ospitare pubblicità, annunci e quant’altro. Una sorta di bagno di umiltà per gli scribani di casa nostra, che porterebbe anche ad un prevedibile miglioramento del servizio d’informazione, nonché la riduzione degli stipendi di autentici tromboni e sputasentenze che avvelenano letteralmente il clima politico del Paese.
Insomma, tirando le conclusioni a queste righe e a queste cifre, un governo degno di tal nome e dotato di un minimo di forza politica potrebbe, se solo volesse, trovare ben oltre i 4,5 miliardi di euro senza chiedere un centesimo agli italiani, semplicemente applicando queste semplici misure. Il problema, tuttavia, è proprio quello: parliamo di un governo tecnico, non politico, e come tale destinato a servire interessi che, per definizione, non sono popolari. Basti pensare semplicemente a come si è insidiato questo governo, ossia grazie a quella creatura misteriosa che risponde al nome di "spread".
Occorre quindi ricominciare a pensare la politica, sin dal principio. Basta partiti, basta fazioni, basta segreterie, basta ordini di scuderia.Si torni ad essere protagonisti in politica, nell'economia, nel sociale, in tutto, per essere -parafrasando l'Alfieri- "schiavi sì; ma schiavi almen frementi".

Roberto Marzola.