BENVENUTI, CHIUNQUE VOI SIATE

Se siete fautori del "politcally correct", se siete convinti che il mondo è davvero quello che vi hanno raccontato, se pensate di avere tutta la verità in tasca, se siete soliti riempirvi la bocca di concetti e categorie "democraticizzanti", sappiate che questo non è luogo adatto a Voi.

Se, invece, siete giunti alla conclusione che questo mondo infame vi prende in giro giorno dopo giorno, se avete finalmente capito che vi hanno riempito la testa di menzogne sin dalla più tenera età, se avete realizzato che il mondo, così come è, è destinato ad un lungo e triste declino, se siete convinti che è giunta l'ora di girare radicalmente pagina , allora siete nel posto giusto.
Troverete documenti,scritti, filmati, foto e quant'altro possa sostenervi in questa santa lotta contro tutti e tutto. Avrete anche la possibilità di scrivere i Vostri commenti, le Vostre impressioni, le Vostre Paure e le Vostre speranze.

Svegliamoci dal torpore perché possa venire una nuova alba, una nuova era!


martedì 25 settembre 2012

SALLUSTI PONE UN PROBLEMA SERIO: VIA I REATI D'OPINIONE!

Sto seguendo con molta attenzione il caso Sallusti e non ho paura di dire che sto dalla parte del giornalista. Non perché io abbia chissà quale affinità di vedute con lui, (perché credo che la distanza ideale e politica che ci separa sia incolmabile); bensì per il semplice fatto che è vittima di un potere forte: la magistratura, in questo caso. Anzi, mi verrebbe da dire del capriccio di un singolo togato, che però trova ampia sponda tra i suoi colleghi. Mi spiace, ma pur essendomi formato nelle aule della facoltà di Giurisprudenza, non riesco a vederla in modo diverso. Un giudice che non accetta delle critiche al suo modo di lavorare e, per giunta, adisce pure le vie legali, non merita di ricoprire quel ruolo.
Per cui dico che Sallusti fa bene a sottolineare un problema, un grosso problema: in Italia devono sparire i reati d'opinione o, almeno, tutti quelli che non offendono la persona altrui. Quei reati, insomma, che proibiscono soltanto di affermare alla luce del sole ciò che concretamente si pensa, in aperto contrasto col principio generale sancito dall'art. 21 della Costituzione. Non ritengo, infatti, che sia tollerabile che un sedicente Stato democratico privi un cittadino della libertà individuale per non aver chiuso la bocca ad un proprio dipendente, (come avvenuto a Sallusti), come non penso si possa accettare che, a fronte di principi fondamentali altisonanti,  un qualsiasi cittadino possa rischiare di entrare nelle patrie galere solo per aver detto in maniera ferma ciò che pensa intimamente, (è il caso di tanti, troppi, neofascisti, colpevoli solo di credere in idee e valori messi fuori legge senza una valida ragione; oppure di tanti, tantissimi ricercatori storici, che hanno osato mettere in dubbio le verità imposte dai vincitori). Non condividere idee e convinzioni è più che legittimo, così come perseguire gli insulti e le aggressioni verbali è addirittura doveroso; ma concepire la privazione o la restrizione della libertà individuale per aver rivelato agli altri un proprio convincimento è una mostruosità tale che neppure il peggiore "Leviatano" o, se preferite, nemmeno il peggior "Stato nazifascista", avrebbe potuto concepire. Ci si attivi, dunque, per colmare questa "lacuna democratica", (si dice così, no?), nel nostro ordinamento. Si introduca una legge che legittimi ciascuno a dire liberamente ciò in cui crede o a guardare nella direzione che più gli sembra giusta. Ovviamente nel rispetto della dignità e della sensibilità altrui, ma senza quell'autentico strumento di tortura che è l'incarcerazione a carattere ideologico. Un vero e proprio privilegio a disposizione di certe caste, non più tollerabile nel 2012.

Roberto Marzola.

P.S. Per chi vuole approfondire la questione: I nuovi reati di opinione dopo la riforma del 2006

venerdì 21 settembre 2012

USCIRE DAL PANTANO POLITICO A COLPI DI IDEALE



La crisi in Italia non è solo economica. Comincia dall’uomo, anzi dagli uomini e, inevitabilmente, va a contagiare la politica la quale, anche etimologicamente, rimanda alla vita pubblica e, quindi, agli uomini, considerati da un punto di vista consociativo. Non ci vuole certo un genio per capire chi e cosa siano gli italiani: un popolo di pecoroni, di ignavi. Dico ignavi perché lo Stivale di questi tempi assomiglia ad un vero e proprio scenario dantesco: un gran frastuono, creato da lamenti di dolore e scatti d’ira; una massa informe di anime perse, nessuna delle quali in grado di prendere una posizione o di fare alcunché per migliorare la propria posizione; una sorta di gran cerimoniere, (nel nostro caso, Monti), intento a reggere una bandiera con su scritto: “spred & austerity”, che tutti devono rincorrere; dei mosconi, delle api e dei vermi di ogni nazionalità  che punzecchiano gli italiani e ne mangiano le lacrime. Insomma, delle creature immonde, che nemmeno l’inferno vuole.
E la politica -come si diceva- non può che adeguarsi a questo clima da antinferno,(già, perché quello vero, secondo me, ancora deve venire!). Abbiamo uno stuolo di banderuole, disposti a cambiar bandiera secondo la convenienza politica, anzi, secondo il possibile conto elettorale: ex neri disposti a scendere a patti con rossi sbiaditi; bianco-rosso-crociati che, come da tradizione, hanno sempre il proverbiale piede in due scarpe; liberali d’ogni sorta incapaci di prendere una decisione, perché l’importante è che “se magna”. Una schiera di spergiuri che non si cura dei destini di quanti sarebbero chiamati a governare, ma che si limita a rincorrere quello stesso cerimoniere, (ancora Monti), portatore di quel vessillo di cui sopra, simbolo di un verbo immondo. Ancora: una frotta di voltagabbana che genera un brusio insopportabile, fatto di interviste e apparizioni TV tanto scialbe quanto fastidiose per l’assoluta inconsistenza dei contenuti.
Insomma, nell’orrenda palude in cui ci troviamo-ripeto: sin troppo simile ad un girone dantesco- è normale che quelle poche anime ancora in grado di salvarsi si trovino disorientate, nauseate e sperdute.  Anzi, sarebbe anormale e preoccupante se così non fosse. Non si disperino, però; una via di fuga per uscire da questo inferno,  per tornare a veder “l’Amor che mòve il sole e le altre stelle”, potrebbe ancora esserci. Si tratta di un sentiero lungo e faticoso, che parte necessariamente dalla riscoperta dell’Uomo come valore assoluto, non come mero fattore produttivo o come singolo contribuente, (vero Marchionne? Vero Monti?), e che porta alla costruzione di un sistema finalizzato non al guadagno, bensì proprio alla realizzazione dell’Uomo. Un recupero, quindi, di tutte quelle Idee che hanno fatto dell’elevazione, fisica e spirituale, dell’Uomo un punto centrale della loro struttura, della loro gnoseologia, della propria “Ragion pratica”. In Europa, nel secolo scorso, ne abbiamo avuto diversi esempi: dalla Germania alla Romania, dall’Italia all’Ungheria. Pagine di storia che raccontano di Stati intenti a nobilitare l’Uomo, nella vita vissuta tutti i giorni e non solo in astruse convenzioni internazionali; che descrivono degli apparati pubblici capaci di assicurare proprio all’Uomo un’esistenza libera e dignitosa. Dei meccanismi sicuramente complessi, ma che sono stati in grado di operare concretamente e che tanta invidia ed insofferenza devono aver provocato, dato che si è dovuta scatenare una sanguinosa guerra planetaria per porre fine al loro agire. Riscopriamo, dunque, le idee ed i principi alla base di quelle esperienze, e quelli soltanto ci si leghi. Alle idee e ai principi, appunto: punti di riferimento eterni ed immutabili, da adattare poi, volta per volta, “alla mutevole complessità del reale”. Perché gli uomini, (specie quelli moderni), passano, scolorano e cambiano bandiera, e di loro è bene -parafrasando-  non curarsi e passare; ma le idee e i principi restano. Essi stanno come marmo nella storia, come punti metallici su una bussola eterna, e conducono chi sa interpretarli a porti sicuri, più che sicuri, anche nel bel mezzo della tempesta.

Roberto Marzola.

lunedì 17 settembre 2012

LA FIAT SALUTA. L'AGRICOLTURA PURE.

"Come volevasi dimostrare". Mi sembra l'esordio migliore per questo articolo, dopo che in quelli precedenti mi dicevo convinto che la fantomatica crescita annunciata da Monti fosse solo una delle tante parole date in pasto al vento e, aggiungerei, al popolino credulone. Dico "come volevasi dimostrare" perché basta leggere due notizie che destano molta preoccupazione.
La prima. La FIAT decide di voler rivedere il contenuto del piano "Fabbrica Italia". In sostanza, da Torino fanno sapere che la situazione a livello economico è parecchio cambiata e, stante il crollo del mercato dell'auto, è praticamente impossibile mantenere gli impegni presi due anni or sono. Ragion per cui i rampolli Elkann e Marchionne stanno pensando di chiudere gli stabilimenti italiani per andare a lavorare all'estero, ove il costo del lavoro è molto minore. Una vera e propria tragedia per l'economia nazionale, dato che verrebbe a mancare forse la maggiore industria del Paese, con la conseguente cancellazione di migliaia di posti di lavoro. Un destino tragico che, tuttavia, era già stato annunciato qualche anno fa, quando il compianto prof. Giacinto Auriti disse che con l'allora istituenda Banca Centrale Europea la FIAT avrebbe abbandonato l'Italia. Cosa c'entra la casa del Lingotto con la BCE? Semplice. Il problema maggiore del marchio torinese -detta in parole povere, anzi poverissime- è la mancanza di soldi, causata da un alto costo del lavoro, (dovuto soprattutto all'accanimento fiscale tipicamente italiano), e ad una contrazione delle vendite, (spiegabile in larga parte con l'impennata dei prodotti petroliferi, spinta  a sua volta dall'aumento delle accise per mano di Monti, e dai costi di manutenzione delle auto stesse, anch'essi aumentati a dismisura). Finché in passato la FIAT ha potuto godere del sindacato di maggioranza del pacchetto azionario della Banca d'Italia, non ha mai avuto problemi di liquidità. Ora che, invece, è uno dei tanti micro-azionisti della Banca Centrale Europea, la liquidità manca e si preparano le valigie per la fuga da Torino e dall'Italia. Coincidenza?
La seconda. Il governo Monti ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale contro un atto della regione Calabria, colpevole di aver approvato una legge atta a favorire la commercializzazione di prodotti locali. Secondo l'esecutivo al soldo delle grandi lobby economiche, (le quali, guarda caso, controllano l'intero processo di produzione agricola grazie ad alcune multinazionali, come ad esempio la Monsanto, che gestiscono da sole lo scambio delle sementi), una simile misura contrasta coi principi europei della libera circolazione delle merci, come se bastasse sul serio una semplice legge regionale per arginare il flusso di prodotti stranieri che, quotidianamente, invadono i nostri mercati. Non so a voi, ma a me la cosa puzza tremendamente di bruciato. L'impressione è che sia in atto l'ennesimo tentativo di preparare il campo alle multinazionali, che saranno così le uniche a poter sfamare i popoli, magari con dei prodotti "aggiustati" in laboratorio, tanto abbondanti ed economicamente vantaggiosi quanto nocivi e di scarsa qualità.
Mi dite come, con certe premesse, Monti possa avere il coraggio di parlare di "ripresa" ? Come si può far ripartire un Paese, se i primi due settori dell'economia vengono a crollare? Chi lavorerà più e, soprattutto, dove lavorerà? Che ne sarà delle nostre eccellenze, agroalimentari, motoristiche e simile? Resteremo solo col nostro immenso patrimonio paesaggistico e artistico, sperando magari che i turisti di passaggio ci lascino le briciole dei loro panini, o a breve inizieremo a svendere pure quelli, come già in parte sta facendo la Grecia? Rispondete voi, se ne siete capaci; io, francamente, mi sento semplicemente preso per il culo e la cosa mi fa tremendamente incazzare.

Roberto Marzola.

giovedì 13 settembre 2012

EUROPA: DEMOCRAZIA IN SALDO (AMMESSO CHE SIA MAI ESISTITA)

L'ho sempre detto e pensato: la democrazia non è quella forma di governo perfetta e giustissima che vorrebbero farci credere, ma una sorta di copertura per grandi lobby di potere, che consente a queste ultime di curare i loro interessi al riparo dall'indignazione di un popolo illuso di essere la mente che tutto muove all'interno dei confini dello Stato. Volendo, si potrebbe pure scomodare un grandissimo del pensiero e della politica del '900, (il cui nome è bene non evocare, al fine di non spaventare gli sparuti lettori), il quale affermò: "regimi democratici possono definirsi quelli nei quali, di tanto in tanto, si dà al popolo l'illusione di essere sovrano".
Come dicevo, io non ne ho mai dubitato; tuttavia, su "Libero" di oggi si trova un articolo molto interessante e, per certi versi, illuminante, ("La democrazia a pagamento sarà la rovina degli Stati", di Giuliano Zulin), che conferma tutti i dubbi fin qui paventati. In pratica, si dice che la situazione di crisi economica non fa che renderci schiavi della grande finanza, dato che le formazioni di governo e parlamento non saranno più scelte dal popolo, (ammesso e non concesso che sia mai stato così!). Più precisamente: "le elezioni avranno un prezzo. Se vorremo scegliere liberamente il premier e i parlamentari, a prescindere dalla legge elettorale, dovremo fare i conti con il fiscal compact, con l'ESM, le condizioni della BCE, la percezione dei mercati, il parere degli altri capi di governo della UE". Dello stesso avviso il Financial Times, il quale - come riportato nello stesso articolo- due giorni fa ammoniva: "salvando l'Euro, il proiettile magico della BCE ha urtato qualcosa di ben più importante: la democrazia in Europa. L'elettorato dalla Germania alla Spagna si rende conto che le decisioni cruciali per la politica economica nazionale vengono prese al di fuori dei banchi di voto". Gli esempi che si potrebbero fare in tal senso sono più di uno: basti pensare a chi guida la Grecia o l'Italia; oppure basti rivolgere l'attenzione a cosa sta accadendo in questi giorni in Germania, ove il popolo tedesco storce il naso contro il fondo salva-stati, mentre i giudici della Corte Costituzionale di Karlsruhe dicono sì e i deputati tedeschi s'apprestano a votare con la pistola puntata alla tempia, vuoi da Draghi, vuoi da Stati Uniti e Cina.
Insomma, il golpe finanziario è bello che servito. Siete contenti adesso? Adesso ci credete che siamo solo un mucchio di manichini nelle mani di pochi signori senza remore? Ora comprendete il vero valore della vostra tanto decantata "democrazia"? Ora capite l'importanza di un governo forte e nazionale? Vi rendente finalmente conto dell'imprescindibilità di un'assoluta sovranità politica, economica e monetaria, priva di qualsivoglia ingerenza straniera? Oppure siete ancora pieni di propaganda e favolette democratiche e politically correct? Oppure bisogna aspettare che vi dicano anche che non c'è più bisogno del vostro voto, perché tanto non gliene frega niente a nessuno? Oppure deve capitare che vi dicano anche come, dove e perché dovete andare al bagno?
Aprite gli occhi, razza di pecoroni, e cominciate a prestar credito a quei poveri pazzi che hanno il coraggio di parlare di uscita dall'Euro, dall' Unione Europea, dalla Nato, dal W.T.O. e da tutto il resto; che invocano a gran voce il ritorno alle monete nazionali, (magari mantenendo l'Euro come moneta unica per le sole operazioni transfrontaliere); che chiedono protezionismo per  l'economia interna e dazi sulle merci straniere; che si spendono per far sì che i consumatori acquistino merce italiana e i datori di lavoro assumano dipendenti italiani; che auspicano la nazionalizzazione delle banche e di alcune attività imprenditoriali nevralgiche nella vita del Paese. A chi, insomma, prospetta ancora una via d'uscita. C'è ancora tempo per un ultimo disperato colpo di coda. Sappiamo farlo; sappiamo trovare l'ardore di riversarci in strada, come hanno fatto oltre un milione e mezzo di persone della Catalogna per chiedere addirittura l'indipendenza della regione dal resto del Paese. Non buttiamo alle ortiche quella realtà quasi mistica che si chiama Vecchio Continente: non permettiamo ad un manipolo di mercanti di imporre i propri uomini e di creare Stati ed influenze a proprio piacimento. Dimostriaci Uomini, almeno una volta tanto.

Roberto Marzola.

martedì 11 settembre 2012

11 SETTEMBRE: QUALE VERITA' ?


Immagini crude, tremende, quelle dell'11 settembre 2001. Fotogrammi indelebili, sia per la loro macabra spettacolarità che per le circostanze: quattro areei di linea dirottati contro obiettivi eclatanti, (Torri Gemelle, Pentagono e Casa Bianca), del paese più militarizzato del blocco occidentale; quasi tremila vittima, quasi tutte civili. Tra queste vorrei ricordare, in particolare, quei vigili del fuoco, circa 340, che non esitarono un secondo a mettere a repentaglio la propria vita per cercare di salvare quella altrui. Un gesto commovente, che sa di un eroismo e di un profondo senso del dovere sicuramente sconosciuti a questi tempi moderni.
Si badi, però, che quello dei civili americani non è stato il solo sangue versato. Come in un raccapricciante gioco di rivoli e di affluenti, al fiume di sangue delle vittime americane dell'11 settembre si è aggiunto quello dei militari e dei civili iracheni e afghani durante la "War on Terror", conseguita proprio agli attentati di quel giorno infausto. Senza voler dimenticare, ovviamente, le vite dei soldati partiti da tutto il mondo per sostenere le operazioni delle truppe americane. Ne sanno qualcosa anche i nostri Ragazzi, purtroppo.
Un fiume di sangue, dunque, che genera non pochi interrogativi su quegli eventi: chi è stato vero il mandante di quelle stragi? Come si giustifica l'operazione americana, dato che le famose armi di distruzione di massa di Saddam non sono mai state trovate e visti i rapporti stretti che c'erano stati in passato tra Osama Bin Laden e lo stesso governo americano? Chi era davvero Osama Bin Laden? Come e perché è morto, senza nemmeno un regolare processo? Nell'ambito della "War on Terror" rientrano pure gli ormai imminenti attacchi alla Siria e all'Iran? Perché, casualmente, in queste operazioni militari vengono colpiti sempre i nemici più risoluti dello stato d'Israele?
Interrogativi a cui si deve poter rispondere, soprattutto a più di 10 anni dall'accaduto; una mente sterminatrice ed una mano assassina che devono poter essere riconosciute da tutti, dato che gli scenari interessati da quegli eventi hanno assunto una portata ormai internazionale. Perché, insomma, tutti sappiano; soprattutto, perché la creatura demoniaca che spezza vite umane come se niente fosse, non possa più trovare ritrovare riparo all'ombra della menzogna, dei depistaggi e dei segreti di stato; perché l'umanità tutta venga riscaldata e rassicurata dalla calda luce della verità.

Roberto Marzola.

sabato 8 settembre 2012

8 SETTEMBRE: GIORNO DI TRADIMENTO E CORAGGIO



Questa non è e non vuole essere una ricostruzione storica degli avvenimenti legati alla giornata dell'8 settembre 1943. Del resto, di quei giorni c'è ben poco da dire: vi fu chi stravolse patti ed alleanze per salire opportunisticamente e vigliaccamente sul carro dei futuri vincitori, (sebbene questi avessero sin da allora interessi tutt'altro che convergenti con quelli nazionali), e chi, piuttosto, scelse di rimanere fedele all'impegno preso e alla parola data, nonostante fossero già percepibili nell'aria foschissimi presagi, malgrado ciò volesse dire trovarsi soli a lottare contro tutto e tutti, senza nemmeno curarsi dell'ineluttabile destino di morte che si profilava all'orizzonte. Chi, insomma, scelse di continuare la battaglia per difendere l'onore, un'idea, un sogno chiamato Patria, per alimentare quel desiderio di poter scegliere il proprio destino, il proprio avvenire. Né il calore degli affetti familiari, né la paura della morte poterono frenare l'ardore e il desiderio di combattere ancora, di gettare il cuore oltre l'ostacolo, mostrati da quei ragazzi e da quelle ragazze. Dirà Pio Filippani Ronconi  in una famosa intervista tv: "in quei giorni c'era il culto della morte, anzi di morire accanto al proprio re; bisognava superare il rito di saper fronteggiare qualsiasi circostanza, persino quella di non essere più vivo".
E allora partirono quei ragazzi, incuranti della propria sorte sciagurata e del proprio destino. Anzi, parafrasando le parole di Mario Castellacci, (autore di una suggestiva e privatissima poesia romanesca dedicata alle prime ore della Repubblica Sociale Italiana), quei ragazzi erano già lì, anche senza di Lui, sebbene la Storia racconti che risposero all’appello di Mussolini e corsero a Salò. Ed erano sulle rive del lago- citando ancora Castellacci- “fi dar tramonto/ de quell’otto settembre. Puntuarmente. /Stavamo tutti là pe’ dì: ‘Presente!’/ Io ce so’, so’ itajano, e pago er conto. / La guerra è persa? E’ disparo er confronto? /E’finita? Nun vojo sapè gnente. / M’interessa l’onore solamente/e si me tocca da morì so pronto”. Parole semplici ma, al tempo stesso, profondissime, che la dicono lunga sull’incomparabile spessore umano, culturale e politico di quei ragazzi e di quelle ragazze di appena vent’anni, tanto giovani eppure così consapevoli del loro ruolo, del valore della loro identità, di quel leggerissimo peso di essere italiani veri, di cosa voglia dire appartenenza, senso del dovere e capacità di sacrificio. Parole poi trasformate in azione, in strenua resistenza, in un beffardo e seducente ghigno alla morte o in gesti estremi, come ad esempio quello del colonnello Rabbi della divisone Ariete  il quale, non volendo combattere contro l’alleato tedesco, si tolse la vita. Parole e gesti che trovarono ammirazione persino tra le linee nemiche, perché sapevano d’onore, di ideale, di un ammirabile e lucente sacrificio contro il cupo cinismo e la tetra codardia mostrata dal Re e dai suoi sodali. Illuminante, in tal senso, il pensiero del generale alleato Eisenhower, che a proposito dell’8 settembre, disse: “La resa dell'Italia fu uno sporco affare. Tutte le nazioni elencano nella loro storia guerre vinte e guerre perse,  ma l'Italia è la sola ad aver perduto questa guerra con disonore, salvato solo in parte dal sacrificio dei combattenti della RSI”. Una sincera ammirazione per quegli avversari che cadevano a cento e a cento sotto il tiro delle mitragliatrici al grido di “Viva l’Italia”; una condanna senza possibilità d’appello, invece, per chi accettò di consegnare il paese nelle mani nemiche, senza nemmeno combattere o, peggio, rifugiandosi sui monti.
A questi ragazzi morti troppo presto e a quelle ragazze divenute donne troppo in fretta rivolgo oggi il mio pensiero. A loro che furono capaci di “trasformare le idee in azioni”; a loro capaci di diventare eterno ed imperituro esempio; a loro che, malgrado l’oblio dei presenti, seppero vincere eroicamente la morte, accettando di donare la vita all’Italia col sorriso sulle labbra.

Roberto Marzola.

venerdì 7 settembre 2012

GOVERNO: SOLO FAVORI ALLE BANCHE. MA SE ARRIVA NICHI…



In questi giorni la proposta, avanzata da Passera, di imporre il bancomat per i pagamenti al di sopra dei 50 euro sta facendo parecchio rumore. La gente, infatti, ha ormai capito che dietro alla scusa, (sempre valida), della lotta all’evasione e alla criminalità, si cela l’ennesimo trattamento di favore reso alle banche, divenute l’unico fine ultimo di questo assurdo governo capitanato Mario Monti e patrocinato Giorgio Napolitano. Inutile dire che una legge che andasse in questa direzione sarebbe un autentico disastro per i cittadini. E’ abbastanza facile prevedere, infatti, solo un aumento di costi per ciascun consumatore, dato che diverrebbe imprescindibile avere un bancomat o una carta di credito e, quindi, inevitabile pagare le spese per questi servizi.  Spese che riguarderebbero anche tutte le categorie professionali, dato che praticamente ogni lavoratore, sia esso idraulico o libero professionista, elettricista o ciabattino, sarà obbligato ad attrezzarsi per ricevere i pagamenti con moneta elettronica. Se volessimo soppesare la proposta da un punto di vista macroeconomico, poi, non si potrebbe che farlo partendo dal cd. “paradosso dell’economia sommersa italiana”, elaborato da Friedman. Ossia: in un’Italia alle prese con la crisi economica, l’evasione più che un problema, è una risorsa dato che è in grado di procurare ricchezza reale nelle casse della famiglia, senza destinarla alla macchina improduttiva dello stato centrale. Tradotto in parole povere: la proposta di Passera rischia di rivelarsi come il colpo di grazia all’economia italiana, specie se si tiene conto di un certo rapporto Eurispes, in base al quale l’evasione “finisce per essere una camera iperbarica per l’Italia”,  poiché i redditi di “una famiglia tipo non sono più sufficienti a far fronte alle spese per avere una vita dignitosa”.
Ma non è tutto, se è vero l’adagio popolare che vuole non esservi mai limite al peggio. E infatti il “peggio” è rappresentato dal lanciatissimo Nichi Vendola, annunciato quale principale protagonista delle elezioni che verranno. Nel suo programma elettorale,  l’improbabile governatore poeta pone ben tre patrimoniali, (due straordinarie ed una ordinaria), che, sommate, dovrebbero portare, (il condizionale è d’obbligo, dato che Nichi ha dimostrato già in Puglia di saperci fare poco coi numeri, specie con quelli della sanità!), ben 212 miliardi di euro nelle casse dello stato.  E poi addizionale Irpef maggiorata, tosate ai lavoratori autonomi indipendentemente dal reddito, tasse sulla casa, sulle auto e, in pratica, pure sull’aria che si respira.
Siamo al delirio fiscalista, all’Inquisizione e alla caccia alle streghe. Aggiungo: siamo alla colpevolizzazione dei lavoratori e dei risparmiatori, dato che a queste categorie si vuole far pagare il conto della crisi, come se fossero stati i poveri cristi a generarla, e non i signori delle lobby economico-finanziarie, così servite e riverite da politicanti da quattro soldi. Come diavolo si faccia a permettere, di questi tempi, ad un Nichi Vendola anche solo di pensare un simile programma o ad un Passera di uscirsene con certe sparate, senza nemmeno uno scatto d’ira, per me resterà sempre un mistero. Ma non preoccupatevi, statevene pur comodi in poltrona a vedere la De Filippi e Cento Vetrine, che tanto l’Ipad è di fianco a voi, l’Ipod a caricare e l’Iphone squilla dimenticato in qualche angolo remoto di casa, mentre il pane, il lavoro, la pensione, la casa e i risparmi di una vita stanno per divenire delle entità astratte. Fessacchiotti!

Roberto Marzola.